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  • SALVIAMO L’ AUTOGRILL PIU’ BUONO D’ ITALIA

    10 settembre 2020 • COSE NOSTRE • 3131

    autobar-area-di-servizio

    Da metà settembre  l’ autobar Marenco di Carcare, sull’ autostrada Savona-Torino, sarà costretto a chiudere la propria attività. Non è una scelta dei proprietari, ma l’ ordine di un giudice in ottemperanza a un provvedimento del 2016 che razionalizza il numero di stazioni di servizio sull’ intera rete autostradale italiana.

    Pochi non conoscono e non si sono mai fermati, almeno una volta, in quell’ angolo di paradiso al confine fra Liguria e Piemonte. Se lo lasciamo chiudere,  addio ai panini con la salsiccia cruda di Bra, con l’ uovo fritto e tartufo, con la frittata fatta in casa. Ma anche ai prodotti del territorio venduti nello shop, alle oasi per gli animali e alle opere d’ arte ospitate nel giardino. Tutte componenti che lo hanno reso l’ autogrill più bello e più buono d’ Italia.

    Razionalizzare cosa? Diciamolo chiaro, l’ autobar Marenco dà fastidio a molti: sempre pieno, con lughe code di auto e clienti: un appuntamento fisso per il rientro dal mare mentre le altre stazioni di servizio con i “panini di plastica” restano inesorabilmente vuote.

    Ma io non ci sto. E come me, sono sicuro migliaia e migliaia di affezionati clienti. Raccogliamo firme, chiediamo l’ intervento dei parlamentari piemontesi e liguri (vediamo chi è davvero interessato al territorio), incateniamoci…. ma non possiamo subire passivamente questa chiusura. La famiglia Marenco, che gestisce l’ autobar da oltre 50 anni, sta cercando un’ altra location, ma cui vorrà del tempo. E noi non possiamo aspettare.

    La rete autostradale italiana ha mille lacune, lasciateci almeno quest’ oasi di bontà, accoglienza e buon gusto.

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  • SI’ ALL’ AUMENTO DELL’ INDENNITA’ DEI SINDACI

    3 settembre 2020 • COSE NOSTRE • 2821

    MUNICIPIO

    Augusto Peitavino è sindaco di Isolabona, paesino di 700 anime, sulle colline sopra Imperia. Percepisce 894,76 euro netti al mese e il suo incarico di primo cittadino lo impegna (soprattutto in questo periodo di emergenza Covid) almeno 8-9 ore al giorno.

    Roberto Bodrito, guida la comunità di Cortemilia, quasi 2500 abitanti in provincia di Cuneo, ha rinunciato all’ indennità prevista dal Ministero: sia nei precedenti anni di vicesindaco, sia in questi ultimi che è sindaco. Il vicesindaco di Calosso, 1300 abitanti nell’ Astigiano, Angelo Grasso riceve 260 euro al mese per un impegno quasi quotidiano, ma insieme al sindaco e alla giunta hanno deciso di lasciare tutte le indennità a favore della comunità.

    Un sindaco di un comune del Canavese, in provincia di Torino, riceve 1700 euro al mese e – visto che la sua cittadina conta circa 10mila abitanti – è reperibile praticamente 24 ore su 24, domeniche e festivi compresi. L’ indennità per la sindaca di Torino Chiara Appendino è di circa 8mila euro.

    In sostanza il guadagno di un primo cittadino, per la legge Bassanini del 2000, varia in base al numero di abitanti: sotto i mille euro se si amministra un comune con meno di 1000 abitanti, circa 1500 euro fino a 3mila abitanti. 2100 euro al mese fino a 5mila abitanti e così via fino ai 7800 euro per le città con più di mezzo milione di persone.

    Se un sindaco non si mette in aspettativa dal precedente lavoro, l’ indennità verrà decurtata. Poi ci sono i rimborsi. Ma anche le spese sostenute di tasca propria: “la settimana scorsa qualcuno ha rotto i giochi per i bambini in un giardino comunale – mi confida un sindaco del Torinese – li ho ricomprati a mie spese perché se aspettavo la burocrazia arrivavano fra due anni”. Certamente non un caso isolato.

    Perché queste cifre? Perché è appena stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’ Interno per l’ aumento delle indennità di funzione per i sindaci dei piccoli comuni:  nelle realtà fino a mille abitanti l’ incremento è di circa 500 euro; 350 euro per quelle fino a 3mila abitanti.

    Sono assolutamente d’ accordo con l’Anci e Uncem (associazioni di comuni e comunità montane) che hanno caldeggiato questo provvedimento. E lo dico proprio mentre imperversa la polemica sui furbetti del bonus Covid. Chi amministra le nostre città, deve essere messo nelle condizioni di farlo in assoluta tranquillità, anche economica. E non è giusto che possano fare politica soltanto i benestanti, quelli che possono stare 5 anni anche senza un lavoro e un reddito.

    Se ci saranno amministratori disonesti, fannulloni, mai presenti, che fanno i propri interessi, li puniremo nelle urne e – magari – ci penserà la magistratura. Ma chi è stato eletto per guidare una comunità, deve poterlo fare nelle migliori condizioni. E’ questione di democrazia.

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  • LO SCAFFALE: PER IL RESTO DEL VIAGGIO… DI FABIO GEDA

    28 agosto 2020 • LUOGHI E LIBRI • 2549

    FabioGeda

    Il successo lo ha ottenuto con “Nel mare ci sono i coccodrilli” nel 2010, ma qui ci piace ricordare il romanzo d’ esordio di Fabio Geda con quel titolo lunghissimo “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani”.

    Torinese, classe 1972, per anni si è occupato di disagio giovanile, lavorando come educatore in una comunità per minori. E il protagonista di questa storia è proprio un tredicenne rumeno, Emil Costantin, che dopo aver perso la madre, è entrato clandestino in Italia con un trasporto di riso. Insomma, tutti i presupposti per l’ intrecciarsi di vicende che avranno il disagio minorile come elemento centrale della narrazione.

    C’ è la figura di Emil, ma c’ è anche quella ambigua dell’ architetto che lo accoglie in casa, a Torino,  e quelle di tante persone che il ragazzino incontra, viaggiando per l’ Europa alla ricerca del padre e del nonno. E, infine, quella di Tex Willer, che fa da contrappunto in queste storie che somigliano tanto al mitico far-west. Perché l’ esistenza ha diverse facce: “C’è chi ha una vita come il Mississippi, liquida, lenta, fertile, e chi, come Tex, rischia ogni giorno di morire di sete o nel deserto del sale, di sfracellarsi giù da una scarpata o di congelare sotto una tormenta”.

    Emil è un ragazzino irresistibile a cui non si può dire no. E la sua avventura, seppur pericolosa, è felice perché, alla fine, quello in cui viviamo è un mondo accogliente. Questo almeno, sostiene Fabio Geda che, continuando a lavorare come educatore, cercherà Emil in ogni ragazzo che incontrerà di volta in volta.

    FABIO GEDA

    PER IL RESTO DEL VIAGGIO HO SPARATO AGLI INDIANI

    INSTAR LIBRI

    13,50 EURO

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  • UNA TELEFONATA, UN PUGNO NELLO STOMACO

    27 agosto 2020 • COSE NOSTRE • 3110

    OSPEDALE

    Nei giorni scorsi ho ricevuto la telefonata di Alberto, un caro amico. Due giorni prima era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Per fortuna, perfettamente riuscito.

    Quella telefonata mi è arrivata come un pugno nello stomaco. Alberto era solo in corsia, aveva bisogno di parlare con qualcuno.

    E’ una delle tante conseguenze dell’ emergenza Covid-19. Le visite ai pazienti ricoverati in ospedale sono tuttora vietate. Giustamente. Per ragioni di sicurezza e per evitare pericolosi contagi. Ma pensate alla desolazione, alla solitudine di lunghe giornate trascorse in un letto, senza nemmeno il conforto di un po’ di compagnia di amici e parenti.

    La moglie di Alberto ogni giorno va ospedale, fino all’ ingresso dove lascia la borsa con effetti personali, giornali e poi se ne torna a casa. Gli tiene compagnia con lunghissime videochiamate.

    La stessa cosa accade per i nostri cari anziani, ricoverati in Rsa. Ho raccolto testimonianze di figli che non vedono i loro genitori da mesi. Magari riescono a salutarli dal giardino mentre papà o mamma stanno dietro le finestre delle loro camerette. E i bambini ricoverati negli ospedali infantili? Stessa sorte. Per loro oltre il dramma della malattia, debbono affrontare la solitudine e la mancanza di affetti e di abbracci da parte di papà, mamma, fratellini o sorelline. Quanti nonni non vedono i nipotini da mesi.

    Nessuna polemica. E’ giusto che sia così. La prevenzione di eventuali nuovi contagi è importante, decisiva specie per le fasce più deboli. Fa male però vedere tanto lassismo fuori, sulle spiagge, per strada, nei locali e la rigidità per chi è costretto in un letto.

    In questi giorni che trascorriamo al mare, in montagna, in vacanza un pensiero vada anche a loro. Magari una telefonata, una videochiamata, può regalare un po’ di compagnia a chi deve aggiungere alla sofferenza della malattia anche il vuoto della solitudine.

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  • SE AGRICOLTURA, INDUSTRIA E TURISMO VANNO D’ ACCORDO

    20 agosto 2020 • COSE NOSTRE • 3162

    merenda sinoira

    C’è stato un tempo, nemmeno troppi anni fa, in cui il mondo dei campi vedeva come fumo negli occhi il turismo e l’ industria. Qualsiasi prodotto fosse realizzato dalle imprese alimentari e della trasformazione, veniva considerato artefatto. Soltanto i prodotti dell’ agricoltura erano genuini, anche se il gusto non era ottimale, spesso grezzo. Mio zio, produttore in Alta Langa, era solito dirmi: “Chissà che vino bevi in giro, assaggia questo: pura uva e di estraneo ha visto soltanto i miei piedi per la pigiatura…”. Beh, il risultato era…. discutibile.

    Per non parlare dei turisti. Tutti perdigiorno, fannulloni: gente che dava solo fastidio a chi passava le giornate a sudare nei campi.

    Per fortuna qualcosa sta cambiando, anzi è già cambiato.

    La Coldiretti ha recentemente stipulato un accordo con una storica industria di salumi di Scalenghe, in provincia di Torino. I Prosciutti Cotti Alta Qualità a marchio Raspini e Rosa saranno firmati dagli Agricoltori Italiani perché, come ha detto il presidente di Coldiretti Piemonte Roberto Moncalvo: “è la testimonianza di chi crede nel territorio e si è impegnato a valorizzare ulteriormente i suini locali”. Un riconoscimento a quel lavoro di filiera “che conferma il percorso che la nostra azienda da sempre sta portando avanti”, il commento di Umberto Raspini.

    Inalpi, storica e importante industria di latte e formaggi, che raccoglie il prodotto dagli allevatori delle province di Cuneo e Torino, appartenenti a una filiera corta e certificata, da sempre collabora con Coldiretti. Accordi sul prezzo del latte ai conferitori, sul benessere del bestiame allevato, sull’ aumento della produzione e del consumo di latte in polvere, realizzazione di diari da distribuire ai ragazzi nelle scuole, sono soltanto alcuni degli esempi di questa partnership che dura ormai da anni e che sta dando importanti frutti nell’ educazione alimentare e nel miglioramento dell’ offerta di prodotti ai consumatori.

    Confagricoltura nel 2015 ha ideato il premio “Spighe Verdi” che quest’ anno è stato assegnato a 5 comuni in Piemonte: Pralormo (Torino), Monforte d’Alba e Santo Stefano Belbo (Cuneo), Canelli (Asti) e Volpedo (Alessandria). Si tratta di realtà territoriali che si sono impegnate per creare occupazione, che hanno assicurato la salvaguardia del territorio, che forniscono all’ Italia intera prodotti agroalimentari di qualità. Insomma, luoghi da conoscere e visitare. 13 le regioni italiane premiate per un centinaio di comuni: l’ elenco delle Spighe Verdi 2020 lo si trova sul sito di Confagricoltura. Sono realtà che val la pena di visitare in questa estate dove le vacanze saranno trascorse principalmente in Italia.

    Così si fa. Le invidie e le guerre di quartiere non portano da nessuna parte. Solo la collaborazione vince.

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  • LO SCAFFALE: 4 A 3 DI MAURIZIO CROSETTI

    14 agosto 2020 • LUOGHI E LIBRI • 2660

    4 a 3

    Ci sono argomenti sui quali si è detto e scritto di tutto. come, ad esempio la semifinale di Italia-Germania vinta dagli azzurri per 4 a 3, dopo i tempi supplementari, ai Campionati del Mondo di Messico ’70.

    Sono trascorsi 50 anni e quei 120 minuti  sono ancora vivi nella nostra mente. Difficile quindi individuare una diversa chiave di lettura e scrivere qualcosa di nuovo su quella che – in fondo – è stata soltanto una partita di calcio. Non è vero.

    Italia-Germania 4 a 3 fu molto di più di una semifinale. Proprio per questo è rimasta nell’immaginario collettivo di milioni di italiani. Maurizio Crosetti, inviato speciale di Repubblica, è riuscito nell’impresa di narrare qualcosa di innovativo e coinvolgente su quell’avvenimento. Prendendo spunto dalle biografie e dalle caratteristiche calcistiche di 21 protagonisti di quella sfida, è riuscito nell’impresa di descrivere la vita e le emozioni di chi, in quel 1970, era un bambino o un ragazzino.

    E così leggendo delle prodezze di Gigi Riva o di Gerd Muller, di Boninsegna o Beckenbauer, di Rosato o Schnellinger ritroviamo il formaggino nella minestrina, la scatola delle iniezioni in metallo scaldate sul gas per sterilizzarla, le partite al pallone nel cortile di casa, la compagna di classe che faceva innamorare tutti…e potremmo continuare all’infinito. Insomma, la nostra infanzia.

    C’ è Torino, e soprattutto Settimo Torinese (città dell’ adolescenza di Crosetti), negli Anni Settanta, i quartieri di periferia esplosi come funghi nel boom demografico e economico. La tivù in bianconero, con le immagini un po’ sfuocate di quella gara giocata ai duemila metri di altitudine dello stadio Atzeca di Città del Messico, è quella di tutti noi che nel 1970 avevamo attorno ai 10 anni: quella di Giocagiò, dello Zecchino d’ oro, del Mago Zurlì, della Tivù dei Ragazzi. E la partita la vedevamo in casa con papà: quello di Crosetti faceva il proto alla Gazzetta del Popolo, il mio il bidello in una scuola media.

    Ed allora è facile immedesimarsi nel racconto di Crosetti, far riemergere le stesse emozioni con un senso di struggente nostalgia. Perchè eravamo piccoli e con il mondo davanti e la vittoria sulla Germania fu la vittoria di tutti noi.

    Autore: Maurizio Crosetti

    Titolo: 4 a 3

    Editore: HarperCollins e Repubblica

    prezzo:12,90

     

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  • RIUTILIZZARE E RICICLARE VUOL DIRE AMARE

    13 agosto 2020 • COSE NOSTRE • 2598

    mercatino-usato

    Il primo ricordo di mia nonna: la vedo seduta accanto alla stufa con i ferri da calza sempre in mano a confezionare golfini per figli e nipoti. Ricordo ancora l’uovo di legno che le serviva per rammendare i calzini. Era sempre affaccendata per rimediare a uno strappo, a un buco, all’inesorabile rovinarsi delle cose. Ha attraversato a testa alta gli anni della miseria e della malora,  ma anche gli anni del cosiddetto boom senza stravolgere il proprio tran tran. Quando poteva permettersi un cappotto nuovo, si è comprava una Singer e la casa è andata al ritmo della macchina per cucire.

    I miei genitori sono ancora cresciuti all’ insegna del “non si butta via niente”. Oggi che tanto si parla di crisi, un po’ di quella cultura sta tornando di moda. Io ho imparato a cercare chi sa riparare e aggiustare le cose, a non buttare via il bel maglione soltanto perché la tarma ci ha fatto un buchino. Ho conosciuto un magnifico ciabattino: la fresa per i tacchi, la macchina per le scarpe strette. E in quella bottega ho incrociato il commercialista che faceva risuolare, per la terza volta, le sue Church’s. Frequento i “mercatini dell’ usato” per vendere e acquistare abiti, mobili, oggettistica varia.

    Secondo le statistiche io faccio parte di quei 35 milioni di italiani che hanno fatto retromarcia sullo sperpero facendo la fortuna del calzolaio, ma anche del falegname e dell’elettricista. Abbiamo scoperto che una lavatrice ha sette vite e che la si può anche far riparare se perde acqua. Non ci scandalizziamo davanti alla gastronomia che salda i piatti pronti (invenduti a pranzo) a prezzi stracciati, per cena. Sono uno di quei due italiani su tre per i quali lo shopping sfrenato è solo un ricordo.

    E se la crisi avrà insegnato che le cose hanno un valore e posso essere riparate e riutilizzate…allora, ben venga la crisi.

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  • AIUTO! AIUTO! PERICOLO MONOPATTINO

    6 agosto 2020 • COSE NOSTRE • 2576

    MONOPATTINO

    Li guidano senza casco, non hanno assicurazione e nemmeno targa, sfrecciano sui marciapiede, in strada, spesso anche contromano. Io non ce l’ ho con i monopattini ma – purtroppo – sono diventati il segno dell’ inciviltà che regna nelle nostre città. Un pericolo per la circolazione normale. Ripeto: non è colpa dei monopattini, e nemmeno delle tante persone che li usano con giudizio,  ma della totale assenza di legislazione e regolamentazione. Lo stesso dicasi per la bicilette con pedalata assistita o quelle elettriche.

    Nel dopo lockdown, anche per evitare sovraffollamenti sui mezzi pubblici, è stato propagandato l’ uso di questi mezzi di trasporto alternativi, ma non è stata fatta chiarezza su un aspetto semplice quanto lapalissiano: si tratta di mezzi a motore oppure no?  Se sono mezzi a motore diventa obbligatoria la targa, l’ uso del casco e il rispetto del codice della strada. Quindi se vengono abbandonati in strada, in piazza o di fronte ai passi carrai scatta la multa. Altrettanto se chi li guida invade corsie riservate alle auto o ai mezzi pubblici. L’ obbligo di assicurazione copre la sicurezza di chi ne fa uso e può raggiungere anche velocità di 25-30 km orari.

    Sono prolificati un po’ ovunque, grazie anche alle tante imprese di sharing che fanno soldi con il noleggio di monopattini e bici elettriche. Nemmeno i dirigenti di Polizia Urbana e i vigili sanno come affrontare il problema,  perché manca la regolamentazione.

    Gli incidenti con monopattini e bici elettriche sono ormai all’ ordine del giorno: la velocità, la silenziosità, insieme alla spericolatezza con la quale vengono condotti, sono all’ origine di queste disgrazie. Unitamente all’ inciviltà di tanti che li usano: addirittura sono stati visti in autostrada, sulle tangenziali e sulle statali. Capita, sempre più spesso, così in Italia: si pubblicizza e si invoglia l’ uso di un nuovo mezzo (certamente più ecologico e salutare) senza però abbinare strumenti e regolamenti adeguati. Le piste pedonali sono ancora pochissime, le norme attuative dimenticate e quindi prevale il totale qualunquismo e il fai da te. Chi ha buon senso usa monopattini e bici elettriche cum grano salis,gli idioti – che non mancano mai – da incivili con serio pericolo per sé e per gli altri

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  • LO SCAFFALE..RABBIA SENZA VOLTO DI MAURIZIO BLINI

    31 luglio 2020 • LUOGHI E LIBRI • 2729

    Rabbia senza volto

    Recentemente ha pubblicato altri gialli come “La strategia del coniglio” e “La ragazza di Lucento” ma a noi piace parlare di questo Noir che ancora trovate in libreria.

    Parco del Valentino a Torino. La Questura di corso Vinzaglio. L’ ospedale delle Molinette. Il Mirafiori Motor Village di corso Orbassano.

    Sono soltanto alcuni dei luoghi di questo giallo, intrigante quanto sconvolgente, scritto nel 2016 da Maurizio Blini. Cadaveri sbranati ritrovati in riva al fiume Po, indagini complicate e difficili, il sospetto che sfiora l’ alta società torinese… tanti i filoni che tengono il lettore attaccato alle pagine di questo noir. Ma a noi piace sottolineare il profilo degli investigatori. Da ex poliziotto (ma Blini, anche se in pensione, resterà in divisa fino all’ ultimo dei suoi giorni) l’ autore ci descrive, in maniera davvero coinvolgente e precisa, la vita in Questura, le notti passate sulle Volanti, le rivalità e le complicità fra agenti, i caffè bevuti alle ore più impensabili con altri uomini delle Forze dell’ Ordine.

    E così mentre gli assassinii proseguono e mettono paura alla città di Torino, il lettore è quasi più coinvolto dallo scambio di mail fra Alessandro Meucci, capo della sezione omicidi, e Maurizio Vivaldi, ex poliziotto e ora investigatore privato. Quando, ad un certo punto, muore un poliziotto, durante uno scontro a fuoco, la rabbia, il pianto, il dolore,lo sconforto, la disperazione dei colleghi è quella che solo Maurizi Blini sa descrivere: perchè quei sentimenti li ha vissuti sulla propria pelle.

    RABBIA SENZA VOLTO

    autore: Maurizio Blini

    editore: Golem Edizioni

    prezzo: 14 euro

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  • GODIAMOCI L’ ESTATE, L’ AUTUNNO SARA’ CALDO

    30 luglio 2020 • COSE NOSTRE • 2314

    FABBRICA

     

    Non sono un virologo e nemmeno ne ho l’ambizione, quindi non so se, in autunno, ci sarà una recrudescenza del virus.

    E neppure sono una Cassandra, e non intendo e ambisco a diventare un portasfiga. Però basta parlare con la gente, con i negozianti, con le famiglie, per convincersi che l’autunno sarà caldo, molto caldo. Forse non vogliono capirlo i politici, gli amministratori o i pezzi grossi delle banche. E proprio a loro vorrei dire che, se spariranno i risparmiatori, messi in difficoltà da questa pandemia, a cosa serviranno le battaglie che stanno conducendo per acquisire questo o quell’ istituto di credito? Mah, domande troppo complicate per le mie scarse conoscenze…

    Comunque, tutti sono convinti che, bene o male, questi mesi estivi riusciremo a superarli magari con qualche sacrificio e qualche debituccio. L’immediato dopo-lockdown sta avendo qualche piccolo effetto benefico, anche sulla nostra economia: le aziende ricevono ordini sospesi durante il top della pandemia, qualche spesa arretrata siamo tutti costretti a farla: un paio di sandali o t-shirt per l’estate.

    Però tutti gli esperti sono concordi nel dire che, a settembre e ottobre, tanti nodi verranno al pettine. Crisi occupazionali, mancanza di liquidità e spese per mandare i figli a scuola, si faranno sentire sui bilanci delle famiglie e le difficoltà cresceranno a dismisura. Sono convinto che l’informazione debba smetterla di mandare messaggi negativi, che parlare sempre di crisi, crisi, crisi.. sia controproducente. Ma allo stesso tempo è errato mettere la testa sotto la sabbia come fa lo struzzo.

    Nessun consiglio, ma l’invito a godersi qualche giorno di vacanza, di relax in questa estate. Vicino a casa (meglio in Piemonte per aiutare la nostra economia e il nostro turismo), anche soltanto una settimana (in base alle possibilità delle nostre tasche) ma conviene staccare e rilassarsi. Rimandiamo i pensieri e le preoccupazioni ai mesi a venire: fasciarci la testa adesso, non serve a migliorare la situazione o a evitare il peggio.

    Tanto le banche e i politici continueranno a farsi la guerra fra loro. Non aspettiamo aiuti da cielo. In autunno toccherà ancora una volta a noi – cittadini, pensionati, lavoratori, consumatori, risparmiatori, utenti – tirarci su le maniche per trascinare avanti la baracca.

     

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