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  • 10 luglio 2025 | LA FRUSTA DEL CARDINALE
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  • 4 luglio 2025 | GIROVAGANDO: SAN FIORENZO A BASTIA MONDOVI’
  • 3 luglio 2025 | LE STRADE PER LE VACANZE
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  • 27 giugno 2025 | SCAFFALE: DEL SANTO E MARINARI CON LE LORO ARCHITETTURE MODERNE
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  • SCAFFALE: FILIPPA D’ AGATA E I SUOI RACCONTI

    11 luglio 2025 • LUOGHI E LIBRI • 31

    filippa

    “Grazie agli uomini e alle donne che ho incontrato nella mia vita e che mi hanno ispirato nelle storie che ho loro attribuito ma che, ovviamente, sono tutte inventate”. Scrive così Filippa D’ Agata nella chiusa del suo volumetto di racconti “La donna che aggiustava le bambole e altre storie”, appena pubblicato per i tipi di Echos Edizioni. Ed è tutto chiaro, a quel punto. Si tratta di storie vere. Come avevamo sospettato fin dall’ inizio. Altro che inventate.

    Certo un po’ romanzate, abbellite e contornate con parecchia fantasia, ma appartengono a quel vissuto giovanile di Filippa, in terra etnea.

    La formula del racconto breve sta prendendo sempre più piede, anche nella scrittura moderna. Abituati come siamo alla velocità dei social, facciamo fatica a reggere la lettura di tomi voluminosi, di storie complesse e complicate, spesso perdiamo il filo. Il racconto – se è bello e ben scritto – invece lo divoriamo in un battibaleno. E la D’Agata ce ne regala dieci da leggere tutti d’ un fiato perchè – come scrive Massimo Tallone nella prefazione – “hanno quel suono intonato e senza sbavature, quella lucentezza priva di impurezze, che quest’ arte richiede”.

    Sono soprattutto storie di donne, ma non solo. Donne sofferenti ma che hanno lottato per essere autentiche. Ma soprattutto sono donne di Sicilia e per tutte le 80 pagine del libro si respira quell’ aria, densa di profumi e di misteri, che soltanto quell’ isola sa offrire. E che la D’Agata ci regala quasi in ogni racconto.

    FILIPPA D’ AGATA

    LA DONNA CHE AGGIUSTAVA LA BAMBOLE E ALTRE STORIE

    ECHOS EDIZIONI

    13 euro

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  • LA FRUSTA DEL CARDINALE

    10 luglio 2025 • COSE NOSTRE • 85

    Repole-Mons.-Roberto

    Una vera e propria fustigazione di Torino e del Piemonte.

    Monsignor Roberto Repole, cardinale di Torino, in occasione di San Giovanni patrono della città, non ha usato mezze parole: viviamo in una società chiusa, egoistica, con poche e limitate prospettive future.

    Torino e il Piemonte sono un territorio dove i possessori di grandi capitali preferiscono tenere i soldi in banca, anziché investirli nel circuito delle imprese e nello sviluppo dell’economia reale. Una società, la nostra, che sta invecchiando sempre di più e dove i giovani non fanno più figli.

    Repole non ha negato la libertà di chi ha ampi patrimoni di cercare redditività maggiori in giro per il mondo, ma ha anche invitato a credere e aiutare il proprio Paese.

    Il cardinale ha riproposto dunque, se volete, una versione aggiornata della parabola dei talenti del Vangelo di Matteo.

    Nell’omelia di San Giovanni si è scagliato – verbo evangelicamente corretto – contro l’immobilità dei capitali tipica di una società anziana o, più correttamente, contro la scarsa propensione a investire nel proprio Paese, cercando di capitalizzare il più possibile, tenendo i soldi in banca. L’ultimo rapporto Ubs sulla ricchezza mondiale, vede crescere a 1,3 milioni i milionari italiani.

    Quanti di questi vivono in Piemonte? Quanti investono sul territorio?

    Gli esempi virtuosi certamente non mancano, ma è auspicabile che qualche esame di coscienza, sorga spontaneo nel cuore di tanti ricconi piemontesi.

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  • I TORCETTI SONO SOLO PIEMONTESI

    5 luglio 2025 • CINQUE SENSI • 2497

    torcetti

    Sono ottimi al naturale, ma i veri golosi spesso li tuffano nella panna montata, nella cioccolata e persino nello zabaione..

    Una cosa è certa, i torcetti sono come le ciliegie, uno tira l’altro e, fino a quando non si arriva all’ultimo, è difficile smettere di gustarli.

    Non esistono dubbi neppure sulle loro origini, sono piemontesi. Fin dal 1700 vengono citati come torchietti, ma anche come torcét, nei testi culinari. Nati dalla pasta di pane allungata, tagliata, piegata in forma ovale e passati nello zucchero che si caramella lentamente nel calore del forno, devono il loro nome alla torsione che si pratica per unire le punte del bastoncino di pasta, per donare loro il tipico aspetto a goccia.

    Di fatto sono la versione dolce del grissino, un biscotto comune quindi, che serviva per allietare le tavole dei poveri spesso prive di altri tipi di golosità.

    In origine il torcetto era di sicuro più grande, la riduzione delle dimensioni e la pasta più leggera e raffinata, lo fecero uscire dalle case dei contadini e lo resero un prodotto adatto alla pasticceria e ai palat fini, infatti divenne in breve tempo il dolcetto della domenica.

    I torcetti, allineati in modo ordinato sui cabaret, allietavano il fine pasto, era uso gustarli intinti nella panna spolverata con caffè d’orzo, una vera delizia.

    Ma in quale luogo del Piemonte i torcetti divennero pasticcini? Esistono due versioni e sono giudicate ambedue attendibili, poiché è possibile che lo stesso dolce fosse conosciuto in diverse zone della regione: quella storica, e più accreditata, ne identifica l’origine a Lanzo Torinese, come citano alcuni dizionari di gastronomia piemontese: i torcetti di Lanzo hanno la caratteristica peculiare di avere la superficie lucida e granulata, ottenuta con una spennellatura d’acqua e successiva spolverata di zucchero semolato.

    La seconda tradizione risale invece a tempi più recenti: nei primi del ‘900, il pasticciere Pana di Agliè, utilizzando degli avanzi di pasta usata per confezionare un dolce, fece dei biscotti a forma di tarallo e li spolverizzò con zucchero che si caramellò durante la cottura in forno. L’esperimento ebbe un tale successo  che i torcetti divennero parte della produzione quotidiana del forno, e arrivarono fino alla tavola della famiglia Reale. Furono così apprezzati che 1939 , la principessa Bona di Baviera, figlia del Duca di Genova, conferì una patente di merito a Pana Francesco panettiere in Agliè, e lo nominò suo fornitore ufficiale.

    Nei giorni nostri la produzione del torcetto è diffusa nel Canavese e nel Biellese, con qualche variante nella forma e nel colore, a seconda delle percentuali degli ingredienti usati. Al fine di tutelarne l’originalità è stato elaborato un disciplinare di produzione che prevede che venga usata farina di grano 00, con aggiunta di acqua, burro, lievito, malto e sale, che la pasta sia tagliata in pezzetti lunghi 5 centimetri, arrotolata in bastoncini che raggiungano lunghezza di 10 centimetri, chiusi poi ad anello ovale e infine cosparsi di zucchero. Devono quindi essere lasciati lievitare per un paio d’ore e messi a cuocere in forno per circa mezz’ora. I torcetti sono stati persino inseriti nell’elenco dei Prodotti agroalimentari  tradizionali della Regione Piemonte.

    Un biscotto tutelato quindi, ma la tutela non lo salva dalla golosità dei piemontesi che da sempre lo apprezzano.

    Patrizia Durante

     

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  • GIROVAGANDO: SAN FIORENZO A BASTIA MONDOVI’

    4 luglio 2025 • LUOGHI E LIBRI • 2241

    San-Fiorenzo-BASTIA

    Il ciclo di pitture murali all’ interno della chiesa di San Fiorenzo, nei pressi di Bastia Mondovì, in provincia di Cuneo, è tra i più importanti e vasti del Piemonte. Gli affreschi ricoprono una superficie di 326 metri quadrati e risalgono al 1472, ma le tracce che affiorano in alcuni punti indicano che le pitture originali risalgono al 1300.

    Ammirandoi dipinti perfettamente conservate si può ripercorrere il messaggio biblico ed evangelico, le storie dei Santi, la vita feudale del Monregalese.

    Quando si entra per la prima volta in San Fiorenzo, appena varcata la soglia, superata l’ iniziale penombra si resta affascinati dalla luce viva che filtra dagli occhi e dalle fiamme del drago di San Giorgio, dai manti di porpora degli Evangelisti, dall’ azzurro dei cieli e dal luccichio delle stelle. Scene di vita contadina medioevale e rimandi alla Bibbia in un continuo di catechesi. Quegli affreschi servivano infatti a spiegare il Vangelo ai fedeli ignoranti. E come spiegare il Giudizio Universale se non mostrando le pene dell’ Inferno o la gloria del Paradiso attraverso pitture semplici ed efficaci come un fumetto?

    Arte popolare, rude a volte, priva di orpelli, ma densa di spirito religioso e mistico rapimento. Sui muri è stata tradotta con il colore la preghiera degli umili e dei potenti: invocazioni di aiuti di fronte ai flagelli della peste e della guerra, ma anche voti di ringraziamento per la pace o per l’ abbondanza dei raccolti.

    Insomma, una succursale della cappella degli Scrovegni di Padova in terra piemontese, su quelle Alpi Marittime dove si sente, nell’ aria, già profumo di mare.

    La chiesa è aperta al pubblico per visite gratuite ogni domenica da aprile ad ottobre dalle ore 15:00 alle 19:00, previo appuntamento ai seguenti recapiti: 338 4395585 Sig. Aldo – +39 0174 60233 Sig. Lino.

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  • LE STRADE PER LE VACANZE

    3 luglio 2025 • COSE NOSTRE • 122

    AUTOSTRADAPEDAGGI

    Dove andiamo in ferie?

    In Liguria? Riviera di Ponente? Mamma mia, la Torino-Savona è un cantiere ininterrotto. Riviera di Levante? Si rischia di passare l’ intera estate fermi fra Ovada e Masone.

    In montagna? Sulla Torino-Bardonecchia si rischia di camminare sempre e solo incolonnati su una sola corsia. Per raggiungere altre valli alpine le strade ci sono da affrontare veri e propri calvari, fra autovelox, strettoie, lavori infiniti: ad esempio, la Galleria di Lanzo è chiusa da due anni e forse questa estate riaprirà, ma solo a senso unico alternato.

    Vabbe’,  prendiamo l’ aereo? Per raggiungere Caselle l’ anno scorso fu inaugurato il collegamento ferroviario diretto. Nemmeno un anno dopo e per tre mesi, dal 16 giugno al 7 settembre, non circoleranno i treni su quella ferrovia: occorre eseguire lavori sui binari.

    E allora, optiamo per il treno. Per tutta l’ estate i collegamenti per i laghi, per Domodossola e per la Svizzera sono interrotti a causa di lavori di ammodernamento della linea del Sempione. Limitate le corse della Cuneo – Saluzzo – Savigliano: con l’orario estivo si riducono di un terzo fino al 31 agosto. Sulla linea Torino-Ventimiglia sono previste modifiche alla circolazione per lavori di manutenzione infrastrutturale. I treni regionali Torino-Savona e Fossano-San Giuseppe di Cairo saranno cancellati tra le stazioni di Ceva e San Giuseppe di Cairo, sostituiti da navette. L’ Alta Velocità continua a non fare fermate a Bardonecchia.

    Insomma, armiamoci di tanta, tanta pazienza. Ma anche autocommiseriamoci: avete sentito qualche levata di scudi dai nostri politici e dai nostri amministratori locali? Silenzio totale. Ma siamo noi ad averli scelti, votati e eletti.  Quindi, mea culpa.

     

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  • TARTUFO REGALE, MOLTO PIU’ CHE UN CIOCCOLATINO

    28 giugno 2025 • CINQUE SENSI • 157

    tartuforegale

    È necessario fare un piccolo passo indietro, dobbiamo tornare al 2018, quando Emmanuele Guido inizia la sua esperienza presso Guido Ristorante – storica realtà della cucina gourmet – di proprietà della famiglia Alciati – che ha preso il via nel 1961 a Costigliole d’Asti e prosegue oggi nelle sontuose sale della tenuta reale di Fontanafredda di Serralunga d’Alba. Proprio nel 2021 Ugo Alciati ed Emmanuele Guido mettono le basi di un percorso, il cui obiettivo è quello di creare qualcosa di unico, di innovativo, una perla rara del settore del cioccolato: nasce così il TARTUFO REGALE, che non è un tartufo di cioccolato.

    Ci troviamo di fronte al TARTUFO REGALE: riproduzione perfettamente identica e fedele, per forma e colore, a un vero tartufo, tanto da poter ingannare anche gli esperti “Trifulau”, i professionisti della ricerca dei tartufi. Il progetto è certamente ambizioso e innovativo e richiede lunghi studi, molteplici prove per raggiungere la perfezione della forma, attraverso la messa a punto di calchi che riproducono fedelmente forme e pieghe del tartufo, come cresce in natura.

    Ma lunga è anche la sperimentazione per raggiungere l’equilibrio dei sapori tra le due materie prime principali che compongono il TARTUFO REGALE: il cioccolato e la nocciola. L’obiettivo non è creare un cioccolatino che assomiglia a un tartufo, ma creare un vero e proprio tartufo d’Alba. www.tartuforegale.it Tartufo Regale un gioiello 100% italiano fatto a mano La sperimentazione ha avuto un peso fondamentale nella realizzazione del progetto che è diventato realtà anche grazie alla ricerca e poi all’utilizzo di materie prime uniche e di pregio: per la produzione del TARTUFO REGALE viene infatti impiegato il Criollo del Venezuela, il cacao più raro del mondo che ne rappresenta lo 0,01% della produzione globale e la nocciola Tonda Gentile IGP Piemonte lavorata con una particolare tecnica, che ne consente la riduzione in scaglie (che concorre alla formazione delle venature interne tipiche del tartufo d’Alba).

    La lavorazione avviene esclusivamente a mano, attraverso oltre 30 passaggi, utilizzando ingredienti 100% naturali da cui nasce un gioiello 100% Made in Italy. Il TARTUFO REGALE è quindi una fedele riproduzione dei migliori tartufi d’Alba, per forma e colore, che può essere lamellato per impreziosire dessert o degustato con i distillati e, come sottolinea chef Alciati: “il Tartufo Regale è un dono, è un omaggio prezioso, per vivere un’esperienza unica”.

    Nel 2024 il TARTUFO REGALE viene presentato al mercato, brevettato in Europa e registrato come Idea a livello mondiale. L’occasione per il primo debutto in pubblico è di quelle importanti: la 94° Fiera internazionale del Tartufo d’Alba. Un momento che sancisce e ufficializza anche una partnership nata nel tempo con GLP – holding che fa capo al GRUPPO TCN – presieduta da Giuseppe Bernocco e Sebastiano Astegiano – a cui appartengono tutte le aziende del comparto Food (Galup con il brand Streglio, Mandrile Melis, Pasticceria Cuneo e Golosi – il laboratorio del gusto a Monticello d’Alba.). Una collaborazione importante nel percorso di crescita del progetto, che vedrà – entro il 2025 – l’avvio di un nuovo polo del food ad Alba per le produzioni di Streglio e Golosi ed anche del TARTUFO REGALE.

    Un grande passo per il TARTUFO e per GLP nel segno di una crescita che ha caratterizzato gli ultimi anni.

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  • SCAFFALE: DEL SANTO E MARINARI CON LE LORO ARCHITETTURE MODERNE

    27 giugno 2025 • LUOGHI E LIBRI • 186

    architettura

    170 pagine, sette capitoli per identificare altrettante aree urbane e suburbane di Torino: dalla GAM al MAUTO, alla Nuvola Lavazza a Casa Aurora, dal Nuovo Regio al Palazzo del Lavoro, dalla Chiesa del Santo Volto alle Fonderie Limone…  una proposta di esplorazione fuori dai canoni per il visitatore che arriva a Torino, ma forse soprattutto per chi la abita, pensa di non conoscerla mai abbastanza e vuole scoprire i risvolti originali e profondi della sua essenza, quelli fuori dai percorsi classici, che fanno da ponte fra passato e futuro.

    88 opere architettoniche realizzate a Torino e dintorni fra il secondo Novecento e i nostri giorni, palazzi, fabbriche, musei residenze e monumenti da scoprire per comprendere l’anima innovativa e sempre in movimento della città.

    Elena Del Santo, giornalista e appassionata di architettura moderna, e Claudio Marinari, architetto con qualche sprazzo di eccentricità, hanno realizzato, pertanto, una guida per scoprire e per capire l’evoluzione della città e le sue trasformazioni storiche, economiche e sociali, dove le architetture scelte, oltre ad essere interessanti sia dal punto di vista estetico che culturale, rappresentano tappe fondamentali del cambiamento e della resilienza di una città che non si ferma mai e ne suggeriscono anche gli sviluppi futuri. Elena e Claudio sono sposati, con due figli, e da sempre viaggiano alla ricerca di architetture più audaci, talvolta nascoste, di città e regioni d’ Italia e anche d’ Europa.

    Una guida, quindi, di Torino scritta e analizzata con gli occhi di chi ha visitato e visto parecchio, in giro per il mondo.

    ELENA MARIA DEL SANTO – CLAUDIO MARINARI

    ARCHITETTURE MODERNE A TORINO

    NEO EDIZIONI

    20 euro

     

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  • IL PALLONE SI È SGONFIATO

    26 giugno 2025 • COSE NOSTRE • 170

    pallonesgonfio

    Il nostro calcio è finito. E’ morto.

    Ben prima della figuraccia con la Norvegia, dell’ esonero di Spalletti e di tutte le vicende degli ultimi giorni. Per decenni il calcio è stato la punta di diamante del nostro sport, oggi è dietro a tennis, atletica, nuoto, volley, scherma, pallanuoto, vela, sci: Federazioni che hanno lavorato meglio con allenatori che hanno insegnato la tecnica e la mentalità prima della tattica ai loro campioni del futuro.

    Eravamo tra i più forti del mondo, oggi siamo un caso da studiare.

     Stadi vecchi, inefficienti e quasi nessuno di proprietà; da anni le squadre di club non vincono nelle competizioni europee; dai tempi di Totti e Del Piero non sforniamo giocatori di classe e di livello; partite inguardabili, noiose, senza una giocata, un guizzo;  vivai calcistici valorizzati a parole, ma abbandonati nella realtà; società calcistiche professionistiche in mano a fondi stranieri con proprietà assai incerte… E potremmo continuare…

     Il nostro calcio lo gestiscono i procuratori: giocatori, direttori sportivi, dirigenti e presidenti sono in balia di questi faccendieri, che hanno per unico interesse, il guadagno, il danaro e – per ultimo, ma solo per ultimo – quel che accade sul rettangolo verde.

     Quando mio figlio cominciò a tirare i primi calci, tra i pulcini, soltanto uno su 30mila arrivava trai professionisti. Una decina di anni dopo, quando ha smesso, uno su 40mila. Oggi si va oltre a 50mila. Si preferisce comprarli all’estero: così si può fare del nero e i procuratori guadagnano di più. Risultato? In serie A il 70 per cento dei giocatori sono stranieri, In Bundesliga la quota si ferma al 49,7 per cento, in Francia 1 al 41,8 per cento del totale.

     Bisognerebbe correre ai ripari al più presto, ma forse è già troppo tardi. Finirà che i nostri ragazzi non vedranno una Nazionale Italiana partecipare ai Mondiali. E dire che nel 2006 e nell’ 82 li avevamo addirittura vinti.

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  • EMPORIO SABAUDO: LA VETRINA DEL PIEMONTE

    21 giugno 2025 • CINQUE SENSI • 181

    EMPORIOSABAUDO
     Al Mercato Centrale di Torino è approdato Emporio Sabaudo, il primo spazio fisico del blog Eat Piemonte di Dario Ujetto.

    Il progetto pionieristico rivoluziona l’esperienza di acquisto dei prodotti enogastronomici piemontesi, trasformandola in un autentico viaggio culturale e momento di inclusività sociale.

    L’iniziativa, sviluppata da un ecosistema di aziende del territorio in collaborazione con la società di consulenza Feelthebeat. (coordinatore editoriale di Eat Piemonte) e Affini (storico locale di San Salvario), rappresenta un progetto integrato di promozione turistica nato dalla collaborazione tra produttori locali e stakeholder piemontesi.

    “È da qualche anno che lavoro al progetto – afferma Dario Ujetto di Eat Piemonte – ma i tempi non erano ancora maturi. Questo è il momento giusto. Daremo vita a quel cambiamento che era già nell’aria, ma che ancora non si era manifestato. Lo faremo creando sinergie tra produttori, aziende, appassionati perchè il cibo non deve essere solo nutrimento per il corpo, ma anche strumento di divulgazione culturale e inclusività sociale”.

    Emporio Sabaudo non è solo uno spazio commerciale, ma una comunità di appassionati di Torino e del Piemonte che vivono il cibo come mezzo di diffusione culturale e inclusività.

    I gastronauti sabaudi, si definiscono così i promotori del progetto, sono fieri delle tradizioni piemontesi ma le concepiscono come strumenti per costruire ponti e dialoghi, prodotti per l’inclusività sociale e culturale.

    Il concept si basa su cinque pilastri fondamentali: l’ecosistema di aziende del territorio (oltre 24 le imprese aderenti al progetto), la creazione di una comunità di appassionati, la diffusione del brand Piemonte attraverso l’enogastronomia, l’approccio radical piemontese che trasforma le tradizioni in strumenti di dialogo sociale e infine la filosofia della condivisione come modo di vivere il cibo piemontese.

    Emporio Sabaudo non è un semplice negozio e cocktail bar, ma un hub culturale che combina vendita al dettaglio, area degustazione e spazio digitale. Grazie alla collaborazione con Affini, storico locale di San Salvario da oltre 17 anni al centro della scena torinese, il progetto ha trovato casa al Mercato Centrale di Torino.

    La proposta di valore si articola su quattro fronti: offrire ai turisti un’esperienza autentica che va oltre il souvenir tradizionale, creare per i torinesi un punto di riferimento per riscoprire le eccellenze territoriali, garantire ai produttori una vetrina diretta su Torino e promuovere l’identità enogastronomica piemontese come patrimonio culturale e strumento di inclusività sociale.

    Lo spazio sarà organizzato in tre aree interconnesse: una sezione retail con prodotti organizzati per territorio e tradizione, un’area degustazione con tavolo comunitario per assaggi guidati e incontri tra produttori e clienti e un calendario di incontri culturali con eventi tematici, vernissage e creazione di contenuti social.

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  • GIROVAGANDO: IL PIAN DELLA MUSSA DECIMO LUOGO DEL CUORE

    20 giugno 2025 • LUOGHI E LIBRI • 2737

    piandellamussa

    Il Piemonte ha un cuore che batte forte tra le montagne. Lo dimostrano i 6.807 voti che hanno spinto il Pian della Mussa, nel comune di Balme, al decimo posto tra i luoghi più votati della regione nell’ambito del 12° Censimento nazionale FAI “I Luoghi del Cuore. Un risultato significativo per un territorio d’alta quota, che racconta molto più di un semplice paesaggio alpino. Il Pian della Mussa è un altopiano glaciale a oltre 1.800 metri, lungo due chilometri, incastonato tra le cime maestose delle Valli di Lanzo, ai piedi delle Alpi Graie. È qui che nasce la Stura di Lanzo, tra pascoli che hanno ospitato greggi fin dai tempi dei Romani e sentieri che hanno visto passare partigiani durante la Resistenza. Un luogo che parla di natura, memoria e identità.

    La località si trova  a 1850 m al termine della val d’Ala nelle valli di Lanzo. Si tratta di un vasto pianoro lungo più di 2 km formatosi dallo riempimento di un lago glaciale. Situato in provincia di Torino, nel comune di Balme, vi nasce il fiume Stura di Lanzo, affluente di sinistra del Po. Dal Pian della Mussa inizia l’acquedotto omonimo che, almeno in tempi passati, era il maggior acquedotto a servizio della città di Torino. o 1922. L’acqua proveniente dalle sorgenti del Pian della Mussa ha fatto parte dal 2008 delle forniture della Stazione Spaziale Internazionale.

    Al fondo del pianoro si trova inoltre il Rifugio Città di Cirié ed altre case di colonie estive, oltre a numerosi ristoranti nei quali si possono gustare i prodotti tipici delle valli. Scendendo dal colle dell’Arnas, che collega la parte francese della Savoia a quella italiana, passò la Santa Sindone nel 1535 e il pianoro fu frequentato fin dai tempi remoti per lo sfruttamento estivo dei pascoli circostanti, utili alla produzione del formaggio toma di Balme. Fu zona di scambi commerciali e contrabbando mentre durante l’ultimo conflitto divenne il collegamento per il transito dei perseguitati politici e razziali. Durante la Resistenza il pianoro fu rifugio di formazioni partigiane e teatro, a più riprese, di scontri con i fascisti della Repubblica Sociale e con i tedeschi, episodi che porteranno alla distruzione del Rifugio Bartolomeo Gastaldi.

    Il Pian della Mussa èil punto di partenza per le ascensioni alle vette Uia di Ciamarella (3676 m) e Uia di Bessanese (3604 m) nonché per numerosissime altre escursioni. Durante l’inverno viene regolarmente mantenuta una pista per lo sci di fondo e per indimenticabili ciaspolate che si concludono sempre con una bella polenta nel rifugio.

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Cose nostre

  • Repole-Mons.-Roberto

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