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  • 14 giugno 2025 | GRAPPA CASTELLI, DA PIU’ DI 50 ANNI GENUINA DI FAMIGLIA
  • 13 giugno 2025 | SCAFFALE: MELLA E I FALO’ PROIBITI
  • 12 giugno 2025 | COSA FARANNO I NOSTRI FIGLI DA GRANDI?
  • 7 giugno 2025 | IL CAMINETTO, RISTORANTE NEL CUORE DI OROPA
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  • 5 giugno 2025 | MERITIAMO PIU’ DEL LINGOTTO
  • 31 maggio 2025 | GALUP, CHE COLAZIONE
  • 30 maggio 2025 | SCAFFALE: “GEMMA E LE ALTRE” DI RITA PAVONE
  • 29 maggio 2025 | PERCHE’ VOTARE AL REFERENDUM
  • 24 maggio 2025 | Asparagi, un gioiello piemontese
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  • GRAPPA CASTELLI, DA PIU’ DI 50 ANNI GENUINA DI FAMIGLIA

    14 giugno 2025 • CINQUE SENSI • 11492

    grappa

    Per il settimo anni consecutivo la Grappa Nebbiolina Castelli è stata premiata anche quest’anno da Bibenda con i 5 grappoli. Ma non solo: in questo 2022 anche la Branda 43 (numero che indica la gradazione alcolica) ha ricevuto il riconoscimento Bibenda.

    Stiamo parlando non di una grande distilleria, di quelle con il nome altisonante e che smercia milioni di bottiglie, ma questo garantisce che la produzione è davvero genuina, di famiglia. Parliamo dell’Antica Distilleria Castelli di Cortemilia (Cuneo).

    Oggi l’azienda produce circa 20mila bottiglie l’ anno e riesce a commercializzare direttamente le proprie etichette con grande soddisfazione: basta assaggiare le varie qualità della Grappa Castelli per scoprire un prodotto che sin dal primo naso offre qualcosa di speciale e prettamente artigianale.

    Il titolare Sergio con la moglie Luigina e i figli seguono tutte le fasi della produzione, dall’ approvvigionamento delle vinacce, alla distillazione, all’ imbottigliamento fino alla consegna. La società nasce nel 1963. Giuseppe, il padre, compra la vecchia Distilleria Eugenio Levi, ma solo nel 1967 la rimette in funzione rinnovando le attrezzature già esistenti con un impianto nuovo.  Il metodo rimane, anche oggi, artigianale, sempre alla ricerca delle migliori partite di vinaccia andando sia nelle Langhe che nell’entroterra ligure.

     Quindi a Cortemilia, da PIU’ DI 50 anni, nasce la Grappa Castelli, una squisitezza da gustare goccia a goccia. Un tempo veniva chiamata Grappa Saturno, dal nome del nonno paterno.

    Le grappe sono di moscato, dolcetto, arneis, nebbiolo. Arneis e nebbiolo sono un po’ più secche, le altre due un po’ più morbide, ma lasciano sempre gola e palato puliti, senza sentori di aspro. Assaggiandole ci si rende conto di quante sfumature si possano ottenere e quanto incida la scelta delle vinacce.  E’ come il minestrone fatto in casa, con le verdure coltivate e raccolte nel proprio orto e cotto magari ancora sulla stufa a legna.

    Anche l’ etichetta ha un suo perché. E’ fatta a mano, a conferma dell’  attenzione maniacale per i particolari e conferma come il prodotto sia proprio di origine famigliare.

    Grappa Castelli.

    Corso L. Einaudi, 55 12074 Cortemilia (Cn) Tel/Fax 0173 81093

     

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  • SCAFFALE: MELLA E I FALO’ PROIBITI

    13 giugno 2025 • LUOGHI E LIBRI • 123

    ALESSANDROMELLA

    Dopo i molti saggi storici l’autore torinese  Alessandro Mella torna in libreria con un volume assolutamente nuovo ed inatteso. Un’antologia di narrativa in cui lo scrittore ha raccolto, per l’editore Baima Ronchetti di Castellamonte, le tante storie scritte in questi ultimi anni. Vicende che parlano del passato, delle nostre montagne, della vita, delle difficoltà, dei sogni di persone quasi vere. Un viaggio pieno di luoghi, stagioni e frammenti di vita. In quarta di copertina, infatti, leggiamo: “Siamo abituati a leggere questo autore nei suoi saggi storici. Libri che parlano di persone, fatti, memorie e tanto altro ancora. Ma Storia, non storie. Eppure c’è, in Alessandro, anche un’altra forma di creatività che sfugge al rigore scientifico della storiografia e prende, invece, i sentieri della fantasia. Con i suoi racconti brevi, infatti, il nostro esplora mondi perduti, immagina figure non vere ma verosimili, cerca e racconta la natura umana con sentimento ed emozioni. È un Alessandro inedito quello che, attraverso la partecipazione a tanti premi letterari, si racconta inventando favole vere per provare a sognare in un mondo che non sogna quasi più”.

    Un libro per sognare, appunto, una parentesi lasciata aperta per il futuro, per un autore abituato a passare dalla saggistica alla narrativa (cui tornerà già in autunno) e viceversa. Una penna che ha voluto offrici, in quest’occasione, spunti di riflessioni nati sulle ali di una fantasia incredibilmente vicina al vero.

    Alessandro Mella

    I falò proibiti

    edizioni Baima Ronchetti

    16 euro

     

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  • COSA FARANNO I NOSTRI FIGLI DA GRANDI?

    12 giugno 2025 • COSE NOSTRE • 104

    lavoromanuale

    Una piccola impresa su due, in Piemonte, vorrebbe procedere, nei prossimi sei mesi, a nuove assunzioni. Questa volontà, però, si scontra con una difficoltà sempre più marcata: la mancanza di figure professionali adeguate. Lo afferma una ricerca effettuata nel mondo dell’artigianato piemontese. Il 50,8% delle imprese intervistate intenderebbe far entrare nuovo personale, soprattutto giovane, in azienda.

    Lo hanno dichiarato apertamente.

    Edilizia, manifattura e servizi sono i settori che hanno la maggior domanda di lavoro. Il 57,5% delle imprese del comparto costruzioni, specialmente nei lavori edili e negli impianti, è alla ricerca di manodopera. Figure come installatori termoidraulici, elettricisti, muratori e capi cantiere, sono tra le più richieste. Per la manifattura sono la meccanica e la moda a fare da traino, due storici pilastri della manifattura piemontese. Nei servizi, infine, servono cuochi, camerieri, autisti, meccatronici e acconciatori.

    Mancano, quindi, candidati con competenze adeguate. In Piemonte una piccola impresa su tre non ha trovato alcun candidato idoneo. E non è questione (solo) di salario: difficili da trovare figure professionali anche con stipendi superiori alla media nazionale.

    Sempre secondo la Confederazione Nazionale dell’ Artigianato, le agenzie e i centri per l’impiego non stanno dando i risultati che ci si attendeva. Le assunzioni passano – perlopiù e ancora – attraverso il passaparola.

    Famiglie e mondo della scuola debbono riflettere bene su questi dati della ricerca. O forse vogliamo che tutti i nostri figli, da grandi, facciano gli influencer o i blogger?

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  • IL CAMINETTO, RISTORANTE NEL CUORE DI OROPA

    7 giugno 2025 • CINQUE SENSI • 2251

    OROPA

    Un ristorante di gran classe e una cucina raffinata all’ interno del complesso abbaziale del santuario di Oropa nel cuore delle Alpi Biellesi, in Piemonte… Sembrerebbe un azzardo, quasi un affronto…

    E invece c’è una logica, c’ è un perché. E ce lo racconta la storia. Il santuario della Madonna Nera si trova abbracciato dalle montagne a mille metri di altitudine, isolato da qualsiasi centro abitato. Eppure fin dal 1600 è stato meta di un pellegrinaggio religioso continuo e incessante. Per questo già nella metà del 1800 i sacerdoti del santuario di Oropa concessero una licenza per la vendita di Sali e tabacchi e per un laboratorio di calzoleria. Era d’ uso però che, sia i tabaccai sia i calzolai, servissero ai pellegrini anche un piatto di minestra o molto più probabilmente della polenta con un pezzo di formaggio.

    Poi nel 1913 l’ amministrazione del santuario di Oropa finalmente concede il permesso per  somministrare vivande ai fedeli che a piedi giungevano al santuario per pregare la Madonna nera.

    Da allora attorno al santuario sono sorti alcuni locali e fra questi il ristorante Il Caminetto dei coniugi Silvana e Pierangelo Martinazzo che – in una location assai curata e riservata – presentano un menù molto ricercato,  assolutamente a km zero con ambizioni da Guida Michelin. Si va dai Capunet, foglie di verza ripiene di carne, alle carni di selvaggina, dal Frit del Marghè (piatto povero dei margari quando salivano in alpeggio) all’ immancabile polenta concia, preparata con farina di mais del posto e formaggi biellesi. Veramente super il bunet.

    Tutto innaffiato da vini biellesi, a cominciare dal Pelaverga e dal Gattinara.

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  • GIROVAGANDO: IL BRAMAFAM DI BARDONECCHIA

    6 giugno 2025 • LUOGHI E LIBRI • 1840

    FORTE BRAMAFAM

    E’ ai nastri di partenza la stagione di apertura al pubblico del Museo Forte Bramafam di Bardonecchia, un luogo dove si conserva la memoria della storia militare del Regno d’Italia, vista attraverso quegli uomini che questa storia hanno creato e vissuto. Oltre 2000 oggetti: uniformi, artiglierie, armi e materiali della vita quotidiana dei soldati del Regio Esercito, inseriti in fedeli ricostruzioni ambientali, accompagnano il visitatore dentro la storia. Ricordiamo anche che il forte è sezione staccata del Museo Nazionale di Artiglieria di Torino.

    Il prossimo anno saranno 30 anni che siamo al Bramafam racconta Pier Giorgio Corino, direttore del Museo e anima dell’iniziativa, siamo riusciti a salvarlo dalla distruzione, trasformarlo in un museo. Quasi da non crederci. Le sensazioni che ci colgono percorrendo le sale sono il ricordo di com’erano quegli ambienti nel 1995. Quasi dubitiamo che siamo riusciti fare tutto questo. Se ci fossimo limitati al solo restauro delle strutture forse sarebbe stato tutto più semplice, ma l’idea che ci ha travolto e che ha preso sempre più corpo, è stata quella di trasformare il forte in un museo vivo, dove porre al centro della narrazione il “bene” storico, per conservare e tramandare la memoria, esponendo i materiali in modo tale che gli oggetti coinvolgano il visitatore e che siano gli stessi oggetti a raccontare la loro storia.

    Alla fine della visita i turisti spesso vengono a ringraziare per quello che abbiamo fatto, si stupiscono che non siamo conosciuti e del disinteresse che circonda la nostra iniziativa. Alcuni insinuano il dubbio che diamo fastidio per quello che abbiamo fatto, specie quando vengono a sapere che siamo un’associazione di volontariato che paga un affitto allo Stato per restaurare un bene dello Stato.

    Museo Forte Bramafam di Bardonecchia, un luogo dove si conserva la memoria della storia militare del Regno d’Italia vista attraverso quegli uomini che quella storia hanno creato e vissuto. Non solo grandi artiglierie – il Forte è sezione staccata del Museo Nazionale di Artiglieria di Torino – ma uniformi, armi, oggetti e manufatti della vita personale di generazioni di ufficiali e soldati, con fedeli ricostruzioni ambientali lungo tutto il percorso di visita.

     

     

    Oggi attraverso 39 sale espositive, una serie di attente ricostruzioni ambientali, completate da 180 manichini che indossano uniformi originali, 74 artiglierie di diverse epoche e oltre 2000 reperti storici, raccontano la storia militare d’Italia dal 1890 al 1945.

    In questi anni il Museo ha superato abbondantemente i 100.000 visitatori complessivi – molti dei quali sono già ritornati anche più volte: il Forte è al vertice di gradimento e popolarità fra i Musei europei di Storia Militare, tanto che forse è più conosciuto in Europa che in “casa”.

    Con caparbietà non demordiamo dall’iniziativa, anche quest’anno i volontari saranno al lavoro per tutta l’estate per ridare vita al Bramafam, con le seguenti aperture:

    • Giugno tutte le domeniche
    • Luglio tutti i sabati e domeniche
    • Agosto tutto il mese dal 1° al 31
    • Settembre e ottobre tutte le domeniche
    • Novembre domenica 3

     Per il mese di agosto si sta ipotizzando di realizzare nei giorni festivi visite guidate e aperture in notturna con visita guidata, tutto con prenotazione

    Orario di visita: dalle 10, 00 alle 18,30.  Ultimo ingresso ore 17,00

    Tempo medio di visita 2-3 ore

    Infoline: tel. +39 3336020192 – +39 3473122958

    07Tariffe: intero € 9,00, ridotto € 7,00 scuole € 5,00 / Ingresso compreso con Tessera Abbonamento Musei Piemonte e Valle d’Aosta

     

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  • MERITIAMO PIU’ DEL LINGOTTO

    5 giugno 2025 • COSE NOSTRE • 148

    CODESALONE

    Archiviata l’ennesima edizione dei record del Salone del Libro, vogliamo tornare su un argomento spinoso, per Torino e per il nostro Piemonte: il Centro Congressi del Lingotto di Torino.

    Se vogliamo essere – come spesso diciamo, riempendoci la bocca – una regione a vocazione turistica, attrattiva per le sue bellezze naturalistiche, per i suoi vini, per il suo cibo, dobbiamo attrezzarci di un Centro Congressi e Fiere, degno di tal nome. Diciamolo ancora una volta a chiare lettere: il Lingotto non è adeguato.

    Lo ha dimostrato, ancora e appunto, in occasione del Salone del Libro.

    Il Lingotto non è accogliente; è sporco; è troppo rumoroso (il disturbo acustico da uno stand all’altro è insopportabile); è dotato di servizi inadeguati (pochi bagni, spesso sudici e con code chilometriche); i parcheggi hanno raggiunto prezzi astronomici; occorre stipulare un mutuo per mangiare un panino scongelato e preriscaldato… Ci fermiamo qui e non continuiamo il nostro cahier de doleance, per pietà di parte. Ma ne avremmo ancora da dire.

    In questi anni ci è capitato di andare a fiere, esposizioni, saloni a Milano, a Bologna, a Parma. Quelle città hanno Centri Congressuali all’altezza di una vocazione europea di un territorio. Il Lingotto di Torino, no.

    Pare se ne siano accorte anche le autorità cittadine e regionali, che hanno dato una sorta di ultimatum al Lingotto. Occorre, però, agire al più presto. Sono stati 340mila i viaggiatori stranieri giunti in Italia, lo scorso anno, per partecipare a congressi (aumentati del +22,7%), mentre quelli arrivati per visitare fiere sono stati 500 mila, registrando una crescita del 18,3% rispetto al 2023.

    Si valutino altre location, si facciano avanti altre città piemontesi. Il Lingotto non deve essere l’unica sede per fiere e congressi. Si è dimostrato inadeguato. Torino e il Piemonte meritano di più, e di meglio.

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  • GALUP, CHE COLAZIONE

    31 maggio 2025 • CINQUE SENSI • 140

    Colazione Galup

    La colazione è di sicuro il momento più intimo e condiviso, ricco di promesse per il nuovo giorno e Galup è un fedele compagno per un inizio pieno di energia e di bontà e propone nuove idee per un goloso inizio di giornata: le nuove Cuor di Fette ai Cereali Antichi sono croccanti fette biscottate, lavorate con pregiate varietà di cereali antichi e semi, che regalano il sapore autentico e genuino dei dolci fatti bene. Sono quindi l’immancabile complemento per una colazione equilibrata e ad alto contenuto di fibre, ma sono anche perfette come snack in ogni momento della giornata, le Cuor di Fette stupiscono per la loro eccezionale leggerezza, frutto di una lunga lavorazione e della lievitazione lenta.

    Per accompagnare le Cuor di Fette,  Galup propone le sue confetture extra di frutta, da sempre le regine della tavola della colazione, sono ottime per una merenda sana e golosa, ma anche per completare crostate o dolcetti fatti in casa. Le confetture Extra di Galup sono sfiziose e creative e riprendono gli ingredienti must dei lievitati Galup. Ecco allora che, nello stesso vasetto, i fichi si accompagnano alle mandorle, le pere ai limoni, le pesche al cacao e agli amaretti. Impossibile resistere e non assaggiarle anche come un dolce al cucchiaio. Non contengono pectina e alla frutta, presente in alta percentuale ( 120g di frutta per 100g di prodotto), viene aggiunto solo zucchero di canna.

    E per rendere il momento della colazione ancora più unico e prezioso, Galup propone – in esclusiva sullo e-commerce e nei negozi monomarca di Torino e Pinerolo – una tazza e un piattino in ceramica realizzati in esclusiva da Besio 1842 – vera eccellenza artigiana specializzata nella lavorazione della storica ceramica di Mondovì. Le delicate decorazioni dei piatti e delle tazze, fatte a mano con stampi in spugna, tipiche della ceramica monregalese, unite al moto aziendale “A le propi galup” e al marchio, capeggiante sulle tazze, renderanno la tavola unica, accogliente e gioiosa. Le tazze e i piatti da colazione Besio, personalizzati Galup, sono irresistibili, raffinati e sfiziosi, per la loro accurata lavorazione, sono destinati a diventare un must da utilizzare ogni giorno, ma saranno un inevitabile richiamo anche per i collezionisti.

    E ad ampliare la Linea dei Piaceri Quotidiani di Galup, non solo fette biscottate e confetture, ma anche due nuove referenze, al limone e al cocco, che vanno invece ad aggiungersi ai tradizionali Biscotti Galup al mais, alla cannella, al cacao e alla nocciola, per offrire una gamma completa e moltiplicare le occasioni per concedersi un momento goloso. Freschi ed eleganti, i nuovi Biscotti al limone Galup sono l’accompagnamento ideale per un tè caldo in qualsiasi momento della giornata. Un piacere che merita di essere gustato con calma. I Biscotti al cocco Galup sono invece caratterizzati da delicate note esotiche, che diventano più intense dopo la cottura, il cocco si sposa bene all’impasto friabile di questa nuova ricetta Galup. È un piacere capace di portare un po’ d’estate e tanta energia in ogni stagione dell’anno.

    Le novità Galup fanno parte dei prodotti continuativi e sono acquistabili tutto l’anno sul sito www.galup.it, nello storico punto vendita di Pinerolo, in quello di Torino in via Andrea Doria, 7 e nei migliori negozi d’Italia.

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  • SCAFFALE: “GEMMA E LE ALTRE” DI RITA PAVONE

    30 maggio 2025 • LUOGHI E LIBRI • 158

    pavone

    Credo siamo tutti a conoscenza di film tratti da romanzi, e – rare volte – anche di romanzi scritti sulla scia di film di successo. Non ci era mai capitato di imbatterci in un libro scritto sulla base di un disco.

    Ed ecco che a spiazzarci, o ad aprire una nuova strada, arriva Rita Pavone. Proprio lei, la famosa cantante torinese della “Pappa al pomodoro”, di Gianburrasca e di tanti altri personaggi o brani di successo. “Gemma e le altre” è il suo scritto d’ esordio e deriva da un disco uscito 36 anni fa. Un concept album – come dicono gli esperti – cioè una serie di brani musicali con un unico filo conduttore: donne ferme e donne che camminano. Dieci brani musicali scritti per narrare tutto l’ universo femminile, affreschi di donne vere, con età diverse, con amori e tradimenti, gioie e dolori.

    Poi, un giorno, recentemente, Elisabetta Sgarbi – editrice della Nave di Teseo – propone a Rita di trasformare quelle canzoni in racconti. Nasce così il libro della Pavone, artista eclettica che esordiva nel mondo dello spettacolo giovanissima, appena diciassettenne, e ora, a 80 anni, fa il suo ingresso nel mondo della narrativa.

    130 pagine, una decina di ritratti femminili di donne vere, autentiche, incontrate da Rita Pavone che, prima le ha fatte diventare le protagoniste di canzoni, ed oggi di racconti. Il disco fu pubblicato nel 1989, non godette di una grande promozione e quindi – pur ottenendo buone critiche – non ebbe successo di pubblico. “Ma il tempo è galantuomo – scrive la Pavone – e oggi d’ improvviso quell’ album riemerge per suo conto e con inaspettata forza”. E le donne di quell’ album riemergono, prepotentemente, fra le pagine di questo libro.

    RITA PAVONE

    GEMMA E LE ALTRE

    LA NAVE DI TESEO +

    16 euro

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  • PERCHE’ VOTARE AL REFERENDUM

    29 maggio 2025 • COSE NOSTRE • 172

    ELEZIONI

     

    Io amo la nostra Costituzione Italiana. E la rispetto in tutti i suoi dettami.

    Proprio per questo andrò a votare per i 5 referendum dell’8 e 9 giugno. Non dico cosa voterò, ma annuncio – già fin da ora – che mi recherò alle urne. Comprendo anche le ragioni di quelli che hanno deciso (o decideranno) di non votare per non far raggiungere il quorum. È anche quella una scelta, ma non la condivido. Per niente.

    Il referendum è un passaggio fondamentale della nostra democrazia. La prima cosa da sottolineare è la diversità che c’è tra un referendum e un’elezione politica ‘normale’, dove chi va a votare delega qualcun altro a rappresentarlo, mentre col referendum non delego proprio nessuno: sono io che decido. Il referendum, infatti, è una delle forme di partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica previste dalla nostra Costituzione.

    La Repubblica Italiana è nata proprio da un referendum. E con il referendum sono state fatte scelte fondamentali della nostra vita sociale: dal divorzio all’aborto alla scala mobile, solo per fare alcuni esempi.

    Votare è un diritto conquistato con lotte decennali (avete visto il meraviglioso film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi?), per questo ogni volta che posso esprimere il mio consenso (o dissenso) lo faccio recandomi ai seggi. Per me il non-voto è un’occasione persa di democrazia. Va benissimo anche la scheda bianca, anche quella è una scelta. Ma quando leggo che per l’ elezione del sindaco della mia città – cioè del mio primo rappresentante – non si è raggiunto il 40 per cento degli aventi diritto, mi si stringe il cuore.

    Se non si raggiungerà il quorum e salteranno questi 5 referendum non avranno vinto i sì o i no, avrà vinto il menefreghismo.

    Avrà vinto il mare o la montagna, rispetto all’impegno personale.

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  • Asparagi, un gioiello piemontese

    24 maggio 2025 • CINQUE SENSI • 12806

    asparagi

    Quando sulle bancarelle del mercato e sulle nostre tavole compaiono gli asparagi una cosa è certa, la Primavera è arrivata. Verdi, viola o bianchi, sono l’ortaggio che, più di ogni altro, indica l’inizio della bella stagione. Originario dell’Asia, probabilmente della Mesopotamia, l’asparago è noto e consumato fin dai tempi antichi. Il suo nome deriva dal persiano sperga che significa germoglio, tradotto poi dai greci in asparagos “pieno di linfa”.

    Tracce e testimonianze di questa pianta sono state ritrovate tra i reperti egizi e, proprio attraverso gli Egizi, si sarebbe diffusa in tutto il Mediterraneo. Gli asparagi trovarono una prima applicazione per uso terapeutico, sono infatti note le sue qualità diuretiche, ma presto divennero un piatto apprezzato. Già 200 anni a.c. erano pietanza gradita sulle ricche tavole dei Romani. Gli imperatori ne erano così ghiotti che fecero addirittura costruire delle navi dedicate al loro trasporto, le “Asparagus”.

    La presenza dell’asparago in Italia è così antica che per molti secoli si è pensato fosse un prodotto originario della nostra terra e solo le ricerche storiche ne certificarono l’importazione. Gli asparagi, per moltissimo tempo, sono stati considerati un cibo afrodisiaco, sia per la loro forma e consistenza, sia per la capacità del turione (germoglio) di crescere di circa 25 cm in un paio di giorni. Alle donne frigide era consigliato ingoiare, come fosse una pillola, la punta degli asparagi avvolta in un petalo di rosa, mentre per l’impotenza si auspicava il consumo degli asparagi più grossi. Questa tradizione vige ancor oggi in Veneto, nei pranzi di nozze vengono sovente serviti gli asparagi come alimento propiziatorio alla fecondità e al benessere degli sposi.

    Gli asparagi erano però un alimento di lusso, riservato alle famiglie benestanti e alle Corti. Solo nel 1700 fece la sua comparsa una nuova qualità di asparago nei giardini olandesi, belgi e francesi. I coltivatori si dedicarono ben presto all’asparago olandese che presto si diffuse anche in Italia. La coltivazione degli asparagi è cambiata con gli anni e si sono diversificate anche le qualità, le regioni maggiori produttrici questo gustoso ortaggio sono il Veneto, famoso per l’asparago bianco, il Piemonte, la Liguria, famosa per il violetto d’Albenga, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio e la Campania.

    In Piemonte l’asparago è verde, squisito nei risotti o bollito e saltato in padella rappresenta un’ottima fonte di guadagno per gli agricoltori. E’ diffuso in tutta la regione e si stima che 380 ettari siano dedicati a questa coltivazione. La maggior parte del raccolto arriva dal Cuneese, seguito da Vercelli, Alessandria, Torino, Asti e Biella. Ma anche nelle zone dove è minore la produzione, la qualità è elevata, come l’asparago saraceno di Vinchio nell’Astigiano, o quelli di Valmacca nell’Alessandrino.

    Particolarmente rinomati sono gli asparagi di Poirino e Santena, in provincia di Torino, che quest’anno, in occasione della 82° Fiera Regionale di Santena , (aprirà i battenti l’8 maggio), si distingueranno con un bollino di qualità ben impresso sulle confezioni. Il bollino serve per distinguere e valorizzare il prodotto che è simbolo della città.

    Gli asparagi sono ottimi nei risotti, negli involtini o ridotti in crema per esaltare il sapore della trota, ma il modo migliore per apprezzarli è farli saltare velocemente in padella, dopo averli sbollentati, con burro e una spolverata di parmigiano, meglio se accompagnati con l’uovo. Per conservare gli asparagi è conveniente pulirli e riporli in frigorifero avvolti in un canovaccio umido, oppure tenerli in una pentola alta con l’acqua, come un mazzo di fiori, ma non più di 24 ore.

    Ricetta Cestini di asparagi con mimosa d’uovo sodo

    Questa ricetta rappresenta un’elaborazione raffinata del classico asparago in padella, la composizione diversa degli ingredienti vi garantirà un effetto sorpresa sui vostri commensali.

    Ingredienti per 2 persone: 1 mazzo di asparagi freschissimi, 150 grammi di parmigiano grattugiato, 2 uova sode, burro e sale quanto basta.

    Mondate con cura gli asparagi tagliando via la parte più dura, portate ad ebollizione abbondante acqua salata in una pentola capiente e mettete gli asparagi a cuocere per 5/7 minuti controllando di tanto in tanto con una forchetta ( il tempo è lo stesso per la cottura a vapore). Nel frattempo rassodate le uova. Quando gli asparagi saranno cotti, colateli con cura e lasciateli riposare. Mettete sul fuoco una piccola padella antiaderente e fatela scaldare a fiamma non troppo sostenuta, versate uno strato di parmigiano e fatelo fondere, girate la cialda che si sarà formata e fatela dorare su tutti e due i lati (dorare e non bruciare!). Ancora calda appoggiatela sul fondo di un bicchiere rovesciato o avvolgetela a cono. Tagliate quindi gli asparagi a tocchetti di circa 4 cm. versateli quindi nella padella con il burro fuso e fateli saltare aggiungendo ancora un pizzico di sale e abbondante parmigiano grattugiato, a cottura ultimata prelevateli dalla padella con una schiumarola per eliminare il burro in eccesso e sistemateli nei vostri cestini. Prendete le uova sode già sgusciate, tagliatele a tocchetti che andrete a inserire in uno schiaccia aglio, pigiate e versate a pioggia sugli asparagi la vostra mimosa d’uovo sodo.

    L’effetto è assicurato e Buon appetito!

    Patrizia Durante

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