“Hai gli occhi più grandi della bocca” diceva mia mamma per sottolineare la mia golosità. La frase mi è tornata in mente l’ altra sera quando ho ordinato una frittura di pesce: era buonissima, ma – essendo sazio – ne ho avanzata più di metà nel piatto. Mia moglie, con candore, ha chiesto al cameriere di metterla in un apposito contenitore e l’ ha portata a casa. L’ abbiamo gradita il giorno dopo.
Chiamatela “doggy bag” oppure “food bag”, non importa. E’ una moda esotica da imparare e importare in Italia, dove peraltro già c’ è “buta stupa”: la possibilità di portarsi a casa la bottiglia di vino, magari anche di pregio, avanzata al ristorante.
Da noi c’è anche molta ritrosia nell’ approfittare della possibilità di portarsi a casa il cibo pagato e avanzato al ristorante. Ci vergogniamo. Eppure i dati sugli sprechi alimentari sono impressionanti. Nel solo Piemonte più di 370mila tonnellate di cibo finiscono ogni anno dallo scaffale del supermercato o dal tavolo del ristorante direttamente nell’ immondizia. Un dato spaventoso. In Italia lo spreco alimentare vale circa 300-400 euro a famiglia, ogni anno.
C’ è una petizione per rendere obbligatoria la “food bag”, la scatola che il ristoratore dovrebbe consegnare al cliente per portare a casa il cibo pagato e non consumato. Aderiamo alla raccolta firme su “change.org”, ma soprattutto impariamo a chiedere la “food bag” al ristorante. E’ un nostro diritto, ma anche un modo per rispettare il cibo e l’ ambiente.
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