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  • ORA LEGALE SEMPRE

    11 aprile 2024 • COSE NOSTRE • 1254

    ORA

    E così, eccoci nuovamente nell’ora legale. Fino al 27 ottobre al mattino farà chiaro un po’ più tardi e scenderà la sera un’ora dopo. Ad alcuni forse non piace, a me sì. Ma questo ha poca importanza.

    Quello che conta veramente è che, secondo le stime di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, nei sette mesi in cui sarà in vigore l’ora legale l’Italia risparmierà circa 220 milioni di euro, grazie a un minor consumo di energia elettrica pari a circa 410 milioni di kWh che genererà, inoltre, un rilevante beneficio ambientale. E allora sorge spontanea la domanda: perché non tenere l’ora legale per 12 mesi?

    Sono anni che si discute della possibilità di abolire il passaggio dall’ora solare all’ora legale, e viceversa. I critici lamentano problemi di salute legati al ritmo del sonno e una maggiore spesa energetica nel fare periodicamente switch da giornate più lunghe a giornate più corte (con relativo maggiore inquinamento). Quasi 400.000 italiani hanno già firmato la petizione di Change.org dal titolo “Ora legale per sempre”. La questione è però delicata, perché nell’Unione europea tutti i Paesi hanno adottato il sistema basato sul cambio periodico dell’ora. Dunque una legge italiana che imponesse l’ora legale per sempre, potrebbe esporre il nostro Paese a una situazione complicata sul piano internazionale.

    La nostra amata Europa, che pare voler decidere su tutto, in realtà non decide quasi nulla. Nello specifico, sulla materia dell’ ora legale, nel 2019 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione legislativa sull’abolizione dell’ora legale con 410 voti a favore, 192 contrari e 51 astensioni, ma in pratica, perché il voto europeo possa avere un esito, occorre che gli Stati membri decidano effettivamente di riformare la materia.

    E quindi non se ne fa nulla. Anche di fronte al dimostrato risparmio energetico, anche di fronte agli evidenti benefici ambientali, tutti si riempiono la bocca di parole e promesse ma poi non cambia nulla. Mai.

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  • LA PRIMAVERA AL RISTORANTE LES PETITES MADELEINE

    6 aprile 2024 • CINQUE SENSI • 1217

    PETIT

    Per celebrare le sue “nozze di seta” (5 anni) alla guida de Les Petites Madeleines (ristorante dell’ hotel Turin Palace di Torino), lo chef Giuseppe Lisciotto si regala un simbolico nuovo inizio, mettendo al centro della Carta de Les Petites Madeleines, che “profuma” di primavera, i vegetali.

    I piatti elaborati per la stagione dei fiori, naturale evoluzione di un percorso iniziato ben prima del 2019 nella cucina del ristorante del Turin Palace Hotel, fanno degli ortaggi il loro ingrediente cardine e la loro ispirazione.

     

    “In concomitanza con questo importante traguardo personale – dice Lisciotto che, insieme a Chiara Favole, fa della cucina de Les Petites Madeleines anche un laboratorio di studio e sperimentazione – con la mia brigata abbiamo intrapreso un nuovo itinerario nei sapori, in cui a spiccare è la componente vegetale. Le verdure sono infatti interpreti, in solitaria o a corollario di altri alimenti, di una serie di proposte che abbinano gusto e benessere. La Carta che abbiamo pensato per i primi tepori è infatti un mix di piatti classici che, per i clienti del nostro ristorante rappresentano un comfort food perché rassicuranti negli ingredienti e nelle lavorazioni, e di nuove portate che della leggerezza e dei sapori assoluti Veg fanno il loro tratto”.

     

    La scelta di cimentarsi in questa nuova strada è frutto di una evoluzione professionale che, anno dopo anno, ha portato lo chef di origini calabresi e tutto il suo staff non solo ad affinare le loro conoscenze, grazie ad uno studio costante e alla continua ricerca di prodotti di valore, ma anche a comprendere e a fare proprie le richieste di una clientela sempre più variegata, per gusti, desideri e necessità.

     

    “La ristorazione d’hotel deve in primis essere flessibile per rispondere ai desideri e alle esigenze di un pubblico che, proprio perché ampio, ha necessità diverse in termini di alimentazione. C’è chi apprezza assaggiare la cucina territoriale e i piatti della tradizione per un’esperienza immersiva a 360°. C’è chi apprezza proposte più sperimentali e cerca piatti che, senza eccedere, possano aprire a sapori inattesi. Ma c’è anche chi deve fare i conti con intolleranze ed allergie e deve avere particolare accortezza. Come ristorante d’Hotel non possiamo e non vogliamo scordarci di nessuno”, dice Margherita Marzot, Responsabile Comunicazione del Turin Palace Hotel. 

    Ogni Menù de Les Petites Madeleines è dunque un bilanciamento tra queste tre anime, un equilibrio perfetto tra tradizione e contaminazione di gusti diversi, un mix di sapori confortevoli per il palato e assaggi che lo spiazzano.

    La Carta primavera/estate 2024 non tradisce questi principi e propone portate dalla comprensione e dall’impiattamento semplice ma efficace.

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  • SCAFFALE: RACCONTI ALLE PORTE DI TORINO

    5 aprile 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1431

    porte

    Chi conosce e ama Torino si sarà soffermato più di una volta di fronte a un portone alla cancellata di una casa. Si tratta – in alcuni casi – di autentiche opere d’ arte. Manufatti di pregevole fattura come la Cancellata Odissea Musicale di fronte al Teatro Regio ma anche quella del Castello del Valentino, per non parlare del Portone dei Draghi di Palazzo della Vittoria in corso Francia o il Portone di Palazzo Carignano nell’ omonima piazza.

    La casa editrice Neos ha proposto a un gruppo di scrittori subalpini di raccontare questi portoni e queste cancellate. Ne è scaturita l’ antologia “Di arte in arte – Racconti alle porte di Torino”, 19 viaggi letterari per descrivere la pregevolezza artistica di questi manufatti, ma anche l’ occasione per superare la soglia d’ ingresso ed entrare – attraverso la fantasia degli autori – in un mondo immaginifico che ci apre a chissà quali storie, antiche e presenti.

    E così – come scrive Maurizio Ternavasio nella prefazione – per chi ama la bella scrittura, l’ arte, la storia, la fantasia, ma soprattutto per chi ama Torino questvolume è l’ occasione per scoprire un altro lato meno conosciuto ma altrettanto naffascinante. Partendo o finendo, ovviamente, dal portone più importante e storico: la Porta Palatina.

    AUTORI VARI

    RACCONTI ALLE PORTE

    NEOS EDIZIONI

    16 euro

     

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  • IL LINGOTTO NON E’ ALL’ ALTEZZA DEL PIEMONTE

    4 aprile 2024 • COSE NOSTRE • 2040

    LINGOTTO

    Sono stato per tre giorni dentro il Lingotto-Fiere per una serie di incontri ad Horeca Expoforum, riuscitissimo Salone con oltre 10.000 i visitatori e circa 150 espositori in rappresentanza di 250 marchi legati al mondo degli hotel, della ristorazione e del catering.

    Ebbene in questi tre giorni ho avuto la conferma di quello che già percepivo da anni. Il Lingotto, inteso come struttura, non è all’altezza di Torino e del Piemonte. E’ uno storico edificio costruito per essere una fabbrica di auto ed è quasi impossibile cercare di riconvertirlo ad altri usi.

    L’acustica è pessima, un forte rumore di fondo costringe tutti gli stand, tutti i settori, ad alzare il volume, creando così una babele dove nessuno riesce più a sentire né capire nulla. Non parliamo poi della possibilità di trovare gli stand, gli spazi, i luoghi che ci interessano: è vero, io ho la capacità di orientamento di un pesce rosso nella sua boccia, ma – dopo decenni che frequento il Lingotto – continuo a perdermi e a muovermi con molta fatica. I parcheggi? Per fortuna mi servo della metro perché altrimenti impazzirei. Per non parlare degli accessi, delle biglietterie… sempre e solo lunghissime code.

    E’ solo una mia sensazione? Chiedete agli organizzatori del Salone Internazionale del Libro da quanti anni chiedono interventi veri, concreti, per far diventare il Lingotto un centro espositivo a livello europeo. Tutto inutile. Si vive in regime di monopolio.

    O il Lingotto così com’è, o niente. Non ci sono alternative.

    Spiace dover constatare che una città come Torino e una regione come il Piemonte – che puntano forte sul turismo – non abbiano un centro espositivo-fieristico all’altezza della situazione.

    C’è solo il Lingotto. E tutti sappiamo perché. Ma anche chi l’ha fatto costruire, la Fiat, l’ha abbandonato.

    Venduto. Come sono stati venduti anche quelli che furono gli uffici dell’Avvocato Agnelli e di Marchionne.

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  • LA ROBIOLA DI ROCCAVERANO, FRESCA O STAGIONATA

    30 marzo 2024 • CINQUE SENSI • 3090

    Camembert cheese

    Le sue origini sono antichissime. Pare addirittura che già i Liguri, in epoca preromana, producessero un formaggio simile. Sicuramente ne scrisse Plinio il Vecchio che visse all’ epoca  di Cristo. I Romani la chiamavano rubeola per il colore rossastro che assume la crosta dopo la stagionatura. Parliamo della robiola, e in particolare della robiola di Roccaverano, formaggio fresco, a latte caprino crudo, DOP cioè a denominazione d’origine protetta. Il nome deriva da Roccaverano che con i suoi 750 metri è il comune più alto della provincia di Asti. Questo formaggio può essere prodotto solo in 19 comuni della Langa astigiana, cuneese e alessandrina.

    La robiola  rappresenta  anche una ricchezza per tante famiglie  che vivono su queste colline piemontesi. Il Consorzio che raccoglie i produttori di Robiole DOP sono una quindicina e producono e producono circa 22mila formaggette ogni anno.

    Adesso è  giunto il momento di gustare la  robiola fresca o stagionata. La Robiola di Roccaverano infatti può essere gustata appena fatta da qualche giorno arrivando fino a una stagionatura di due o tre mesi. Può essere gustata da sola oppure abbinata con miele, marmellate, mostarde o con la classica Cognà, si tratta essenzialmente di una preparazione a base di mosto d’uva e altri ingredienti che possono comprendere mele golden, nocciole, pere madernassa, mele cotogne, fichi secchi (anche freschi), albicocche secche, chiodi di garofano, cannella, frutta secca (mandorle, noci) e un poco di zucchero.

    Paola Colombo, agrichef dell’ agriturismo Bodrito di  Cessole, in provincia di Asti, usa la Robiola di Roccaverano per una ricetta particolare: i tortelloni con ripieno di robiola  e papaveri

     

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  • GIROVAGANDO: IL RICETTO DI CANDELO

    29 marzo 2024 • LUOGHI E LIBRI • 2917

    RICETTO DI CANDELO

    Visitate il Ricetto di Candelo, nel Biellese, e vi troverete immersi in un attimo nel Medioevo. Tutto è rimasto intatto e uguale a seicento anni fa e forse più…

    Il Ricetto di Candelo è una fortificazione collettiva sorta per iniziativa della popolazione negli anni a cavallo tra XIII e XIV secolo. La gente di Candelo lo utilizzava come deposito per i prodotti agricoli in tempo di pace e come rifugio in tempo di guerra o di pericolo. Si è conservato grazie alla sua matrice contadina, infatti fino a pochi anni fa nelle “celle” si faceva il vino e si mettevano al sicuro i prodotti della terra. Il ricetto è a pianta pentagonale, ha un perimetro di circa 470 metri e una superficie di 13 mila mq, è largo 110 metri e lungo 120. In queste ristrette dimensioni trovano spazio circa 200 cellule, oggi quasi tutte di proprietà privata.

    Gli angoli del ricetto sono protetti da quattro torri rotonde, in origine tutte aperte verso l’interno per facilitare le operazioni di difesa.

    Varcata la torre-porta, ci si trova in una piazzetta pavimentata con le pietre tondeggianti del vicino torrente. La costruzione più imponente è il palazzo del principe, fatto costruire da Sebastiano Ferrero nel 1496. Le rue – francesismo con cui si chiamano le strade – sono a ciotoloni per permettere il deflusso delle acque.

    Dal Ricetto, scendendo lungo il tratto erboso a sinistra della torre di sud-ovest, si raggiunge la chiesa di Santa Maria attraverso un viottolo che costeggia la roggia Marchesa. La chiesa risale forse  al 1182 e conserva una bella facciata romanica costruita con pietre di torrente.

    E si può anche mangiar bene. Il prodotto del Ricetto è un salame sotto grasso chiamato salam‘d l’ula. Tipici anche i dolci croccanti del Ciavarin. Il piatto tipico è la paletta candelese, un salume costituito dalla scapola di suino sgrassata, salata e massaggiata manualmente e prodotta secondo tradizione in limitate quantità.

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  • COMUNI E BORGATE SENZA TV E INTERNET, RECORD IN PIEMONTE

    28 marzo 2024 • COSE NOSTRE • 1519

    1521805596_ripetitori

    Il Piemonte vanta un record tristissimo, quanto preoccupante. Secondo uno studio riportato dal Sole 24 Ore, 46 piccoli comuni sono senza alcuna copertura di rete telefonica fissa, in 204 Comuni la percentuale senza copertura internet è superiore al 10%, in 130 la quota è superiore al 20%.

    Se si include anche la rete mobile, il numero di comuni “No Internet”, quindi con percentuale di abitazioni senza copertura, è superiore al 10%. La maggior parte si concentra in Piemonte, nelle province di Cuneo, Alessandria, Torino e Asti, nel Molise, nella Liguria e in Sicilia. Tra i comuni che si trovano maggiore difficoltà si contano Pontechianale, Oncino, Macchia Valfortore, Marcetelli, Marmora, Castelmagno, Bellino, Pradleves, Gorreto, Valprato Soana, Rondanina, Villamiroglio, Acceglio, Serole, Sant’Alessio in Aspromonte.

    “Aree bianchissime”, secondo la nuova definizione del Governo.

    Come se non bastasse, ecco un altro record. In 550 comuni montani del Piemonte, 150 dei quali in provincia di Torino, è impossibile ricevere qualsiasi segnale televisivo, a meno di non dotarsi di una parabola o di una Smart Tv da collegare alla banda larga. Che non c’è. Risultato: almeno 50 mila residenti delle vallate alpine torinesi devono rinunciare alla televisione e altri 70 mila hanno dovuto spendere tra i 200 e i 500 euro per vedersi riconoscere il diritto al servizio pubblico della Rai.

    Mentre tutto si va digitalizzando (rapporti con banche, anagrafi, pubblica amministrazione) c’è un universo ancora isolato, scollegato dal mondo. Dove è impossibile inviare o ricevere mail, tanto per fare un esempio semplice e incredibile nel 2024.

    Marco Bussone, presidente di Uncem (Unione nazionale Comune e Enti Montani) si occupa da molti anni di divario digitale tra aree urbane avanzate, grandi città, e piccoli paesi/ aree montane dell’Italia. La mancanza di una buona connessione si unisce alla mancanza di competenze digitali, oltre che all’assenza, in molte aree dell’Italia, di un buon segnale per la telefonia mobile.

    1. Infiniti appelli e allarmi: tutti sempre senza risposta Continue Reading
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  • TRATTORIA ITALIA, IL TEMPIO DEL BRASATO AL BAROLO

    23 marzo 2024 • CINQUE SENSI • 4338

    Trattoria_italia

    Un’ osteria che ha appena compiuto 100 anni di attività, sempre con la stessa famiglia di gestori che sono anche proprietari da più di un secolo di un vigneto nel cuore dei territori del Barolo. E’ tutta qui – e dite poco – la storia della Trattoria Italia nel centro di Serralunga d’ Alba, di proprietà della famiglia Anselma. Molti però la conoscono come Vigna Rionda perché così viene chiamata quella collinetta di circa mezzo ettaro dove producono ogni anno uve per 3500 bottiglie di barolo, uno dei crù più pregiati nella geografia di questo re dei vini. 

    La Trattoria Italia dal 1920 sforna tutti i giorni il meglio della cucina langarola. Da qui è passata la storia di questo territorio oggi Patrimonio Mondiale Unesco

     C’è una sala storica, una volta c’ era solo questa, lí sono nati i Cavalieri del Barolo, hanno cenato personaggi storici, sono state vendute o comprate vigne,oppure le si sono perse alle carte…

     Il menù ovviamente è tutto improntato al territorio, non possono mancare l’ insalata russa, la carne cruda battuta al coltello, i tajarin… ma in questo tempio del barolo non si può che degustare il loro brasato al barolo, un’ eccellenza assoluta.

    In altri ristoranti il brasato al barolo viene abbinato con il purè, qui invece un’ altra delizia di Langa… i fruciulin.

    Un piatto da gustare subito, caldo quasi bollente, anche in estate. Un’ esplosione di sapori, in bocca sentirete tutta la Langa del barolo.

     Trattoria Italia, piazza Cappellano 3, Serralunga d’Alba, Tel. 0173 613114

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  • SCAFFALE: D’ OTTAVIO E L’ INNO DI MAMELI

    22 marzo 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1478

    inno

    Tutti ne conosciamo almeno la prima strofa. Pochi, pochissimi ne conoscono le origini e la travagliata storia.

    Parliamo dell’ Inno di Mameli che solo dal 4 dicembre 2017 è diventato l’ Inno ufficiale della Repubblica Italiana.

    Umberto D’ Ottavio, già sindaco di Collegno (Torino), assessore alla Provincia, deputato, ha voluto sopperire a questa lacuna raccontando la storia del Canto degli Italiani. Ed eccoci a scoprire che il testo fu scritto da Goffredo Mameli nel 1847, musicato dal Novaro un anno dopo, assunto come inno della Repubblica Italiana nel 1946, ma solo provvisoriamente.

    Il Italia ciò che è provvisorio diventa definitivo e così bisogna arrivare al 2017 quando Fratelli d’ Italia viene – con un’ apposita legge proposta da D’ Ottavio – riconosciuto come inno ufficiale.

    Perchè Mameli scrisse quel testo così aulico e apparentemente ostico? Perchè gli insorti lo cantavano durante le 5 giornate di Milano? E’ vero che Fratelli d’ Italia trae ispirazione dalla Marsigliese, inno di Francia? A questi e a tanti altri quesiti risponde il volumetto di Umberto D’ Ottavio fino a descrivere l’ iter parlamentare – non facile – per far diventare il brano Inno Ufficiale della Repubblica Italiana.

    Interessante e utile anche la pubblicazione del testo ufficiale del Canto degli Italiani e una breve storia degli inni di tanti altre Nazioni nel mondo.

    UMBERTO D’ OTTAVIO

    L’ INNO DI MAMELI

    NEOS EDIZIONI

    12 euro

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  • QUANTA PIOGGIA SPRECATA

    21 marzo 2024 • COSE NOSTRE • 1438

    SPAZZANEVE

    Piove, guarda come piove, guarda come viene giù…. E in montagna metri di neve.

    Qualche disagio, un po’ di allagamenti, qualche strada interrotta, vie delle città diventate un colabrodo con buche che sembrano voragini, ma – per il resto – il sistema Piemonte ha retto bene. In provincia di Torino sono stati raggiunti anche i 250 mm di pioggia, ma le precipitazioni sono state abbondanti (oltre i 100 mm) un po’ su tutto il territorio piemontese.

    Faccio una previsione? Fra qualche mese sentiremo parlare di allarme siccità e danni all’agricoltura. Ne sono sicuro.

    E se invece, avessimo potuto trattenere e accumulare anche solo un decimo della pioggia caduta in questi giorni, avremmo – quasi certamente – evitato la prossima e futura siccità.

    Ripeto: un decimo dell’acqua scesa dal cielo.

     Basterebbe aver realizzato, nel corso di questi anni,  piccoli invasi per poter accumulare l’acqua da utilizzare poi, nel corso della stagione estiva, per irrigare campi, orti, frutteti, ecc. L’ andamento climatico degli ultimi decenni è ormai delineato: precipitazioni sempre più episodiche e sempre più abbondanti, che si alternano a lunghi periodi siccitosi.

    Come chiede da anni la Coldiretti, è sempre più urgente il varo di un piano per i piccoli invasi al servizio dell’agricoltura. I progetti ci sono, i finanziamenti anche: mancano solo le autorizzazioni delle varie autorità competenti.

    Comunque, questa perturbazione è già stata una buona premessa per la stagione agricola alle porte. E la tanta neve caduta, consentirà alle stazioni sciistiche di attirare turisti e sportivi – dopo il flop dell’inverno – almeno per le prossime vacanze pasquali.

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