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  • SCAFFALE: MARINA ROTA E CERTE DONNE, A TORINO

    14 giugno 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1413

    DONNEROTA

    Marina Rota, ha messo a segno un altro colpo vincente. Il suo ultimo libro “Certe donne, a Torino – Incontri ravvicinati con figure straordinarie – Edito da Buendia Books, è un libro interessante e godibilissimo.

    La sua scrittura pulita ed efficace e la sua capacità di cesellare testimonianze, che si stemperano tra il sogno e la realtà, rendono merito, non solo ad alcune straordinarie donne torinesi, ma alle donne in generale. Regalando al lettore una descrizione precisa e unica del mondo femminile e del cammino, non certo semplice, compiuto negli anni per liberarsi da stereotipi e ruoli definiti.

    Le donne scelte da Marina hanno caratteristiche comuni: sono coraggiose, determinate e intelligenti, hanno idee elevate e pioneristiche, e lottano per realizzarle, senza mai perdere un grammo di femminilità. Lidia Poët, Teresina Tua, Paola Lombroso, Gemma Cuniberti, l’amata Amalia Guglielminetti, Helen König (detta Lenci), Isa Bluette e Bella Markman Hutter, sono le compagne del viaggio onirico di Marina Rota, che le incontra e le fa diventare reali, tanto che ci si chiede se l’autrice abbia davvero la capacità di viaggiare nel tempo.

    Le donne di Marina sono davvero figure straordinarie, che si sono distinte nel loro tempo e si distinguerebbero ancora oggi: veri esempi di modernità, arguzia e intelligenza, con quel pizzico di spregiudicatezza, che dona loro un fascino irraggiungibile.

    È un libro che si legge con il gusto della scoperta e tutte le volte che una delle interpreti saluta Marina, è un brusco risveglio. La si vorrebbe trattenere ancora un po’ per curiosare nella sua straordinaria vita o ammirarla, appena un  momento, mentre sorseggia con eleganza, un caffè.

    Il volume è impreziosito da una nota di Margherita Oggero, dalle illustrazioni di Renata Arnaldi, che rendono ancor più visiva l’atmosfera dei racconti e da una tavola inedita di Andrea Maino, che omaggia i viaggi nel tempo dell’autrice.

    Marina Rota dichiara, in questo libro, di non sentirsi adatta alla nostra epoca e che avrebbe voluto vivere in un tempo diverso. A fine libro non so se credere alla reincarnazione, perché le descrizioni, sia degli stati d’animo che dell’insieme, sono così precise e accurate che, secondo me, lei ci è veramente stata in quei posti e in quelle epoche. E ci torna sovente nei sogni, che condivide con noi lettori.

    Patrizia Durante

     

    Marina Rota

    Certe donne, a Torino – Incontri ravvicinati con figure straordinarie

    Buendia Books Edizioni

    18.50 €

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  • VOTIAMO PER FAR VINCERE IL COMUNE AMICO

    13 giugno 2024 • COSE NOSTRE • 869

    panorama-PAESE

    Tranquilli. Non parliamo ancora di votazioni e campagna elettorale. Qui si vota, in maniera più frivola. Per far vincere il nostro Piemonte. Quello vero, quello dei piccoli comuni, a rischio spopolamento. E se non vincono, per lo meno queste 34 piccole realtà del nostro territorio, avranno parecchia visibilità e la possibilità di farsi conoscere in tutta Italia.

    Barengo, Belvedere Langhe, Bene Vagienna, Bergolo, Borgo d’Ale, Burolo, Cassine, Castagnole delle Lanze, Cavagnolo, Cossano Canavese, Coazze, Marentino, Moncalvo, Moncrivello, Monleale, Moretta, Passerano Marmorito, Pasturana, Ponzone, Priola, Rive, Rocca Grimalda, Ronco Biellese, Rosazza, Santa Vittoria d’Alba, Scarmagno, Somano, Soriso, Trasquera, Vaie, Vernante, Viarigi, Vignale Monferrato, Villareggia.

    Sono questi i 34 comuni piemontesi che partecipano al premio “Piccolo comune amico”, progetto realizzato da Codacons in collaborazione con Coldiretti e Uncem, con lo scopo di valorizzare i piccoli Comuni italiani, far conoscere le eccellenze locali e favorire il turismo. Un’iniziativa, giunta alla quarta edizione, che premia le eccellenze italiane nelle categorie agroalimentare, artigianato, innovazione sociale e cultura, arte e storia.

    I comuni che partecipano al concorso possono contare su un sito internet interamente dedicato e su una mappa interattiva delle realtà comunali in gara, con gli eventi e le eccellenze delle varie categorie selezionate. Il progetto è ampiamente promosso sui maggiori canali mediatici, come Facebook e Instagram, dando visibilità alle bellezze delle realtà comunali vincitrici, e vedrà campagne promozionali gratuite, sia nelle aree di servizio della rete autostradale, sia sui social e sulla stampa.

    I cittadini possono votare il proprio comune preferito entro e non oltre il prossimo 15 giugno, secondo una delle modalità indicate alla pagina https://codacons.it/pca-2024-vota/

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  • VITELLO TONNATO, PRINCIPE DEGLI ANTIPASTI

    8 giugno 2024 • CINQUE SENSI • 1112

    vitellotonnato

    E’ senz’ altro l’ antipasto più conosciuto della cucina piemontese,  forse il più amato. Il vitello tonnato, conosciuto anche come vitel tonnè,  Le origini del piatto sono da ricercare nel Cuneese, intorno al 1700.  In quella ricetta originale non c’ era il tonno. Il Piemonte non è  sul mare e quindi i contadini utilizzavano le acciughe sottosale per la preparazione della salsa.

    Perciò l’origine della parola “tonnato” è da ritrovarsi nel termine francese “tonnè  o tanné” che significa “pasticciato”. Per il resto, tranne l’ assenza di tonno, gli ingredienti erano i medesimi. Fesa di vitello tagliata a fettine sottili, salsa di acciughe e olio, da servire a freddo.  Quel “tonné” dal suono francese era un modo  per dare lustro e nobiltà a un piatto tipicamente popolare, preparato con gli avanzi della carne di vitello, lessata a lungo per ottenere la tanto agognata morbidezza.

    Nel corso dei secoli fanno la loro comparsa alcuni nuovi ingredienti per la realizzazione della salsa come i capperi, le olive e il brodo di cottura della carne. La comparsa del tonno nella ricetta la si trova per la prima volta nel manuale di PellegrinoArtusi del 1800. E anche in questa nuova ricetta non si fa cenno alla maionese.

    Nel corso dell’Ottocento il piatto comincia a diventare famosa oltre i confini del Piemonte soprattutto nel periodo estivo in quanto piatto da gustare freddo.

    Soltanto nel secolo scorso la maionese comincia ad essere inserita un po’ in tutte le salse e anche in quella tonnata.

    I cultori della ricetta tradizionale del vitello tonnato asseriscono che la salsa del vitello tonnato originale si prepara con tonno sott’olio di buona qualità, acciughe, capperi, olio extra vergine d’oliva, succo di limone e aceto. Quindi senza maionese.

    Oggi il Vitello Tonnato alla Piemontese è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Ma ricordiamo che nasce e che lo si apprezza soprattutto nella nostra regione

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  • I MIGLIORI RISPARMIATORI? IN TESTA I PIEMONTESI

    6 giugno 2024 • COSE NOSTRE • 850

    EURO

    Ma basta con i luoghi comuni sulla tirchieria dei Genovesi o degli Scozzesi.

    I meno «spendaccioni», in Italia, sono gli abitanti di Biella, che riescono a mettere da parte fino al 15,4% del proprio reddito. E, in generale, il Nord-Ovest sembra possedere una buona propensione al risparmio. Il Sud, invece, finisce in fondo alla classifica della capacità di risparmio delle famiglie, stilata dal Centro studi delle Camere di commercio.

    Pazzesco il divario con il Meridione. Nelle case di Ragusa, Crotone e Siracusa si riesce a mettere da parte solo il 4,6% del patrimonio.

    Ed ecco, già sento le critiche, i distinguo… “Io non riesco a risparmiare nemmeno un euro…”, “Tutto è rincarato, impossibile finire il mese con qualcosa da parte…”.

    Eppure i numeri non tradiscono. L’indagine mette in luce un quadro generale. Poi, ovunque, ci saranno, sicuramente, i Paperon de’ Paperoni (avari e taccagni) e gli spendaccioni, quelli con le mani bucate…

    Il Piemonte è in testa con un risparmio medio dell’11% che arriva a picchi del 15,4% in città come Biella, la più attenta ai consumi in assoluto. Seguita da Vercelli (13.8), Asti (13,1) Alessandria (12,3), Novara (11,8).

    Si risparmia di più nei piccoli paesi e nelle cittadine, rispetto alle grandi città, quelle con più di mezzo milione di abitanti. E qui arriva la conferma che i luoghi comuni spesso ci azzeccano.

    La prima grande città risparmiatrice è Genova, undicesima in graduatoria, seguita da Milano, Roma e Torino.

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  • PASTE DI MELIGA, FAVORITE DI CAVOUR

    1 giugno 2024 • CINQUE SENSI • 721

    paste-di-meliga

    Sembra anche che fossero i biscotti preferiti di Camillo Benso Conte di Cavour che ne mangiava almeno due a fine pasto con un bicchiere di Barolo Chinato. Ricostruirne la storia e le origini è quasi impossibile: pare, comunque che le Paste di Meliga siano nate per necessità dopo un cattivo raccolto che aveva fatto salire alle stelle il prezzo della farina di grano.

    Bisogna, quindi, risalire ai secoli passati, alla cultura contadina della zona di Mondovì, in provincia di Cuneo. I fornai, per far fronte all’aumento eccessivo del costo della farina, iniziarono a mescolarla con la farina ricavata dal mais macinata finissima usata appositamente per i dolci. In pratica, venivano prodotti con lo scarto della farina usata per fare la polenta.

    Le paste di meliga (chiamate in piemontese paste ‘d melia) vengono infatti realizzate con un mix di farina di frumento e farina di antico mais piemontese (melia o meira in piemontese) a cui vengono aggiunti pochi altri genuini ingredienti (burro, zucchero, miele, uova e scorza di limone).

    Di forma tondeggiante o rettangolare, i deliziosi frollini che profumano di tradizione sono originari del Cuneese, ma oggi sono diffusi anche nel resto della regione, in particolare nel Biellese e nel Torinese, in Val Susa, Val Cenischia e Val Chisone.

    Tradizionalmente questi biscotti vengono mangiati a fine pasto inzuppati in un buon bicchiere di Barolo, di vino Passito, di Moscato o di Dolcetto. Insomma, come le apprezzava Cavour, anche noi oggi ci godiamo un momento di relax con le Paste di Meliga.

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  • SCAFFALE: NORDFOODOVESTEST DI CHIARA CAPRETTINI

    31 maggio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 886

    nordfoodovestest

    La scienza dell’ ospitalità tra le saghe islandesi e gli home restaurant. Ecco il sottotitolo di questo corposo volume che la giovane Chiara Caprettini ha pubblicato per la casa editrice torinese Cartman. Quasi impossibile definire chi è Chiara Caprettini: giovanissima fotografa, food blogger, filologa germanica, ottima cuoca, instancabile viaggiatrice, e tante altre cose ancora. Ma, soprattutto, curiosa.

    Ed è proprio la curiosità che ha spinto l’ autrice a compiere quest’ incredibile viaggio che partendo dal mondo germanico antico giunge fino ai nostri giorni  prendendo in esame tutti gli aspetti dell’ accoglienza, dell’ ospitalità, del mangiare insieme. Desinare in compagnia come dono della vita, perchè – come si legge nella quarta di copertina – invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto.

    Ma anche il libro della Caprettini è difficile da inquadrare perchè alla prima parte, l’ excursus storico sull’ ospitalità, ne segue una seconda in  cui l’ autrice segnala alcuni piccoli produttori italiani e stranieri e le loro specialità enogastronomiche: sono il frutto del suo girovagare per il mondo in qualità di food blogger alla scoperta delle tradizioni alimentari e delle loro innovazioni.

    E per non farci mancare nulla nelle oltre 500 pagine del volume troviamo anche una serie di ricette, selezionate dal blog di Chiara Caprettini. Che, guarda caso, si chiama “Nordfoodovestest”.

    CHIARA CAPRETTINI

    NORDFOODOVESTEST

    CARTMAN EDIZIONI

    25 euro

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  • LA VERA PARITA’ STA NELLO STIPENDIO

    30 maggio 2024 • COSE NOSTRE • 851

    GENTE-TV-TELEVISIONE

    Da 3.000 euro addirittura a oltre 16.000 euro in meno, è la differenza degli stipendi delle donne rispetto a quelli degli uomini, in Italia.

    Ecco dove sta il vero “gender gap”, cioè la disparità di trattamento economico che è poi la base della mancata parità fra i sessi. I dati arrivano dall’ Inps e quindi sono più che attendibili. La statistica finale è profondamente influenzata dalla difficoltà per le donne di arrivare a posizioni di vertice.

     Ai posti di dirigente troviamo, infatti, solo il 21% di donne, confermando quindi – non solo una maggiore difficoltà di ingresso delle donne nel mondo del lavoro – ma anche la persistenza del soffitto di cristallo, cioè del fatto che ai piani alti siedono prevalentemente solo uomini. All’interno dei Consigli di Amministrazione la presenza di donne è cresciuta arrivando al 43%, ma meno del 5% di queste ricopre ruoli esecutivi e solo il 2% la carica di amministratrice delegata.

    I dati europei del 2023, inoltre, mostrano che in Italia c’è un tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni pari al 51,1%, sotto la media europea che si attesta al 64.9%. Il tasso di inattività femminile per l’Italia è addirittura al 43,6%.

    Insomma, la vera parità – al di là delle inutili quote rosa – arriverà con un’ equa retribuzione fra uomo e donna e con la possibilità di accedere davvero al mondo del lavoro (a qualsiasi livello), a prescindere dal sesso.

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  • LA STORIA DEL GRISSINO TORINESE

    25 maggio 2024 • CINQUE SENSI • 985

    grissini

    Il grissino è uno dei prodotti più noti e diffusi della gastronomia italiana nel mondo, ed è torinese. Non ha bisogno di leggende o racconti per affermare la sua identità, si conosce persino l’anno della nascita 1679 e il nome del “papà” Antonio Brunero, perché il grissino è storia e ha contribuito a fare la storia.

    Nel 1666 il ducato di casa Savoia e la città di Torino furono allietati dalla nascita del piccolo Vittorio Amedeo II, ma la gioia durò poco, il bambino era di salute cagionevole: fragile e delicato sembrava sempre a un passo dalla morte. Nel 1668 la sua vita fu considerata talmente in pericolo da indurre il padre ad organizzare un’ostensione straordinaria della Sindone per invocare un aiuto divino per la sua guarigione, il piccolo la scampò ma non fu mai un bambino scoppiettante di salute.

    Verso i dieci anni il duca si ammalò nuovamente in modo grave, il padre era morto da poco e così la madre, Maria Giovanna Battista di Nemours, diede incarico al medico di corte, Teobaldo Pecchio di Lanzo Torinese, di trovare una cura per il figlio. Dopo molte prove, visite e consulti, il medico ricordò di aver avuto in giovane età parecchi disturbi simili a quelli del duca: disturbi digestivi, causati da intossicazioni alimentari dovute alla probabile scarsa igiene dei luoghi dove i cibi erano preparati. La madre del medico aveva trovato il modo per nutrirlo e farlo crescere in salute, anziché il pane comune gli proponeva del pane ben lievitato impastato con pochissima acqua, croccante e privo di mollica. Il medico si rivolse quindi al panettiere di casa Savoia, che forniva il tipico pane di forma allungata dell’epoca: la Ghersa, fece separare l’impasto in tante striscioline da allungare con il movimento delle mani, una volta cotte diventarono dei bastoncini appena dorati, con assenza totale di acqua e molto croccanti. Erano nati i grissini.

    Il dottor Pecchio buttò medicamenti e pozioni e alimentò il  giovane duca con i grissini. Vittorio Amedeo II superò le difficoltà di stomaco, il giovane fisico si ristabilì e nel 1713 divenne il primo Re sabaudo.

    Il grissino, in breve tempo, diventò il pane preferito in casa Savoia: Carlo Felice era solito sgranocchiare grissini ai concerti del Teatro Regio e la principessa Felicita si fece ritrarre con un grissino in mano. Con l’arrivo di Napoleone i grissini valicarono le Alpi, l’imperatore  era ghiottissimo di quelli che lui chiamava “Le petits batons de Turin”, tanto da far istituire un servizio postale che gli facesse arrivare da Torino una fornitura quotidiana dei prelibati grissini.

    La forma di grissino più antica è sicuramente il robatà, di lunghezza variabile tra i 40 e gli 80 cm, è riconoscibile per le caratteristiche nodosità dovute alla lavorazione a mano. Il robatà di Chieri è inserito nella lista “prodotti agroalimentari tradizionali italia” del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

    Anche il grissino stirato gode di tutela, di più recente creazione, e si distingue dal robatà in quanto la pasta, anziché essere allungata mediante arrotolamento e leggero schiacciamento manuale, viene distesa tenendola per i capi e facendola muovere fino al raggiungimento della larghezza delle braccia del panificatore. Il prodotto risulta quindi più friabile; inoltre, questo metodo ha consentito la lavorazione meccanizzata fin dalla fine del 1700.

    Patrizia Durante

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  • GIROVAGANDO: IL PARCO DEI LAGONI DI MERCURAGO

    24 maggio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 2280

    lagoni-di-mercurago

    Laghi, Torbiere con aree preistoriche, sentieri, boschi, allevamenti di cavalli purosangue e necropoli. Sono queste le pecularietà dei Parco dei Lagoni di Mercurago, sulle alture attorno al Lago Maggiore, in Piemonte.

    L’area è protetta dal 1980 ed è dotata di una fitta rete di sentieri, che consentono al visitatore di addentrarvisi e di percorrerlo per esteso. Il territorio è costituito da un terrazzo morenico affacciato sul Verbano, con due serie di dolcissime collinette (i cosiddetti mottì). Vi è racchiusa, in una superficie relativamente limitata, un’interessante serie di ecosistemi: lo stagno, la palude, il bosco, la brughiera, il pascolo, il coltivo.

    Nell’area sono stati rinvenuti anche importanti reperti archeologici risalenti a periodi che vanno dall’età dei Bronzo all’epoca romana, passando per la cosiddetta civiltà di Golasecca.
    Nei giacimenti di torba del Parco furono rinvenuti i reperti più antichi: tre famosissime ruote in legno, due piroghe scavate in tronchi d’albero, ceramiche, armi ed ornamenti metallici, utensili in selce ed altri oggetti, oggi conservati al museo delle antichità di Torino.

    Il Parco presenta in ogni stagione spettacoli interessanti: dal rigoglio vegetativo dell’estate, ai colori ed ai prodotti del sottobosco in autunno, al gelo invernale che, spesso, consente il pattinaggio sul Lagone. Le zone umide (delle quali il Lagone è la più vasta) rivestono particolare importanza per la fauna e rare specie della flora acquatica e palustre.

    Sentieri tematici sono appositamente segnalati per consentire ai visitatori di apprezzare vari aspetti della natura: i boschi -percorso rosso, le zone umide -percorso azzurro,l’archeologia -percorso viola, le attività produttive -percorso arancione.

    All’ interno del Parco vari allevamenti di cavalli purosangue, e proprio qui è cresciuto Ribot uno dei più grandi galoppatori della storia dell’ equitazione.

     

     

     

     

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  • CLASSIFICA MULTE, QUANTO E’ FALSA

    23 maggio 2024 • COSE NOSTRE • 912

    multe

    Torino (54,6 milioni di euro), Alessandria (3,7 milioni) e Asti (3milioni), sono i comuni del Piemonte che, nel 2023, hanno incassato i maggiori proventi da multe e sanzioni per violazioni delle norme del Codice della Strada.

    Guardando invece ai comuni con meno di 6.000 residenti, in vetta alla classifica si posiziona Canale (CN) che, a fronte di quasi 5.500 abitanti, nel 2023 ha incassato più di 1,5 milioni di euro.

    Ma se pensate che gli automobilisti delle città dove si incassa di più siano i più indisciplinati, non è vero.

    I numeri non dicono la verità.

    E vi racconto il perché sulla base di esperienza personale. Nel 2023  io ho preso una sola contravvenzione, in un anno,  a Canale d’Alba: alle 23.20 viaggiavo sulla tangenziale ai 68 orari, laddove c’è il limite dei 50 e mi è arrivata la contravvenzione rilevata tramite autovelox. A quell’ ora non c’era nessuno per strada, ma ho sbagliato io. E ho pagato.

    Vedrete che il prossimo anno Chieri (Torino) salirà in classifica e conquisterà il podio. Nei mesi scorsi, infatti, è stato cambiato l’autovelox in una strada periferica e il nuovo apparecchio sta facendo stragi: automobilisti che hanno preso anche decine e decine di multe nello stesso giorno.

    Basta mettere i controlli nei punti giusti (giusti? Ma per chi?) e nella rete cadono migliaia e migliaia di automobilisti.

    Viaggiavo ai 68 orari di notte su una tangenziale deserta: mettevo in pericolo la mia vita o quella degli altri? Certamente no, ma sono stato pinzato. E come me chissà quanti altri automobilisti, così Canale d’Alba è salita in testa alla classifica.

    Complessivamente, nel 2023, i comuni capoluogo piemontesi hanno incassato oltre 68,3 milioni di euro provenienti da multe. Soldi che dovrebbero essere reinvestiti per la sicurezza stradale.

    Basta vedere lo stato degli asfalti e il numero incredibile di buche, per capire che si tratta di bugie. Solo bugie.

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