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  • LA STORIA DEL GRISSINO TORINESE

    25 maggio 2024 • CINQUE SENSI • 1390

    grissini

    Il grissino è uno dei prodotti più noti e diffusi della gastronomia italiana nel mondo, ed è torinese. Non ha bisogno di leggende o racconti per affermare la sua identità, si conosce persino l’anno della nascita 1679 e il nome del “papà” Antonio Brunero, perché il grissino è storia e ha contribuito a fare la storia.

    Nel 1666 il ducato di casa Savoia e la città di Torino furono allietati dalla nascita del piccolo Vittorio Amedeo II, ma la gioia durò poco, il bambino era di salute cagionevole: fragile e delicato sembrava sempre a un passo dalla morte. Nel 1668 la sua vita fu considerata talmente in pericolo da indurre il padre ad organizzare un’ostensione straordinaria della Sindone per invocare un aiuto divino per la sua guarigione, il piccolo la scampò ma non fu mai un bambino scoppiettante di salute.

    Verso i dieci anni il duca si ammalò nuovamente in modo grave, il padre era morto da poco e così la madre, Maria Giovanna Battista di Nemours, diede incarico al medico di corte, Teobaldo Pecchio di Lanzo Torinese, di trovare una cura per il figlio. Dopo molte prove, visite e consulti, il medico ricordò di aver avuto in giovane età parecchi disturbi simili a quelli del duca: disturbi digestivi, causati da intossicazioni alimentari dovute alla probabile scarsa igiene dei luoghi dove i cibi erano preparati. La madre del medico aveva trovato il modo per nutrirlo e farlo crescere in salute, anziché il pane comune gli proponeva del pane ben lievitato impastato con pochissima acqua, croccante e privo di mollica. Il medico si rivolse quindi al panettiere di casa Savoia, che forniva il tipico pane di forma allungata dell’epoca: la Ghersa, fece separare l’impasto in tante striscioline da allungare con il movimento delle mani, una volta cotte diventarono dei bastoncini appena dorati, con assenza totale di acqua e molto croccanti. Erano nati i grissini.

    Il dottor Pecchio buttò medicamenti e pozioni e alimentò il  giovane duca con i grissini. Vittorio Amedeo II superò le difficoltà di stomaco, il giovane fisico si ristabilì e nel 1713 divenne il primo Re sabaudo.

    Il grissino, in breve tempo, diventò il pane preferito in casa Savoia: Carlo Felice era solito sgranocchiare grissini ai concerti del Teatro Regio e la principessa Felicita si fece ritrarre con un grissino in mano. Con l’arrivo di Napoleone i grissini valicarono le Alpi, l’imperatore  era ghiottissimo di quelli che lui chiamava “Le petits batons de Turin”, tanto da far istituire un servizio postale che gli facesse arrivare da Torino una fornitura quotidiana dei prelibati grissini.

    La forma di grissino più antica è sicuramente il robatà, di lunghezza variabile tra i 40 e gli 80 cm, è riconoscibile per le caratteristiche nodosità dovute alla lavorazione a mano. Il robatà di Chieri è inserito nella lista “prodotti agroalimentari tradizionali italia” del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

    Anche il grissino stirato gode di tutela, di più recente creazione, e si distingue dal robatà in quanto la pasta, anziché essere allungata mediante arrotolamento e leggero schiacciamento manuale, viene distesa tenendola per i capi e facendola muovere fino al raggiungimento della larghezza delle braccia del panificatore. Il prodotto risulta quindi più friabile; inoltre, questo metodo ha consentito la lavorazione meccanizzata fin dalla fine del 1700.

    Patrizia Durante

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  • GIROVAGANDO: IL PARCO DEI LAGONI DI MERCURAGO

    24 maggio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 2588

    lagoni-di-mercurago

    Laghi, Torbiere con aree preistoriche, sentieri, boschi, allevamenti di cavalli purosangue e necropoli. Sono queste le pecularietà dei Parco dei Lagoni di Mercurago, sulle alture attorno al Lago Maggiore, in Piemonte.

    L’area è protetta dal 1980 ed è dotata di una fitta rete di sentieri, che consentono al visitatore di addentrarvisi e di percorrerlo per esteso. Il territorio è costituito da un terrazzo morenico affacciato sul Verbano, con due serie di dolcissime collinette (i cosiddetti mottì). Vi è racchiusa, in una superficie relativamente limitata, un’interessante serie di ecosistemi: lo stagno, la palude, il bosco, la brughiera, il pascolo, il coltivo.

    Nell’area sono stati rinvenuti anche importanti reperti archeologici risalenti a periodi che vanno dall’età dei Bronzo all’epoca romana, passando per la cosiddetta civiltà di Golasecca.
    Nei giacimenti di torba del Parco furono rinvenuti i reperti più antichi: tre famosissime ruote in legno, due piroghe scavate in tronchi d’albero, ceramiche, armi ed ornamenti metallici, utensili in selce ed altri oggetti, oggi conservati al museo delle antichità di Torino.

    Il Parco presenta in ogni stagione spettacoli interessanti: dal rigoglio vegetativo dell’estate, ai colori ed ai prodotti del sottobosco in autunno, al gelo invernale che, spesso, consente il pattinaggio sul Lagone. Le zone umide (delle quali il Lagone è la più vasta) rivestono particolare importanza per la fauna e rare specie della flora acquatica e palustre.

    Sentieri tematici sono appositamente segnalati per consentire ai visitatori di apprezzare vari aspetti della natura: i boschi -percorso rosso, le zone umide -percorso azzurro,l’archeologia -percorso viola, le attività produttive -percorso arancione.

    All’ interno del Parco vari allevamenti di cavalli purosangue, e proprio qui è cresciuto Ribot uno dei più grandi galoppatori della storia dell’ equitazione.

     

     

     

     

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  • CLASSIFICA MULTE, QUANTO E’ FALSA

    23 maggio 2024 • COSE NOSTRE • 1187

    multe

    Torino (54,6 milioni di euro), Alessandria (3,7 milioni) e Asti (3milioni), sono i comuni del Piemonte che, nel 2023, hanno incassato i maggiori proventi da multe e sanzioni per violazioni delle norme del Codice della Strada.

    Guardando invece ai comuni con meno di 6.000 residenti, in vetta alla classifica si posiziona Canale (CN) che, a fronte di quasi 5.500 abitanti, nel 2023 ha incassato più di 1,5 milioni di euro.

    Ma se pensate che gli automobilisti delle città dove si incassa di più siano i più indisciplinati, non è vero.

    I numeri non dicono la verità.

    E vi racconto il perché sulla base di esperienza personale. Nel 2023  io ho preso una sola contravvenzione, in un anno,  a Canale d’Alba: alle 23.20 viaggiavo sulla tangenziale ai 68 orari, laddove c’è il limite dei 50 e mi è arrivata la contravvenzione rilevata tramite autovelox. A quell’ ora non c’era nessuno per strada, ma ho sbagliato io. E ho pagato.

    Vedrete che il prossimo anno Chieri (Torino) salirà in classifica e conquisterà il podio. Nei mesi scorsi, infatti, è stato cambiato l’autovelox in una strada periferica e il nuovo apparecchio sta facendo stragi: automobilisti che hanno preso anche decine e decine di multe nello stesso giorno.

    Basta mettere i controlli nei punti giusti (giusti? Ma per chi?) e nella rete cadono migliaia e migliaia di automobilisti.

    Viaggiavo ai 68 orari di notte su una tangenziale deserta: mettevo in pericolo la mia vita o quella degli altri? Certamente no, ma sono stato pinzato. E come me chissà quanti altri automobilisti, così Canale d’Alba è salita in testa alla classifica.

    Complessivamente, nel 2023, i comuni capoluogo piemontesi hanno incassato oltre 68,3 milioni di euro provenienti da multe. Soldi che dovrebbero essere reinvestiti per la sicurezza stradale.

    Basta vedere lo stato degli asfalti e il numero incredibile di buche, per capire che si tratta di bugie. Solo bugie.

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  • Il gelato, una delizia tutta torinese

    18 maggio 2024 • CINQUE SENSI • 8210

    Ice_cream_flavours

    Che il gelato a Torino sia un prodotto di punta esistono pochi dubbi: i numeri lo confermano. Esistono infatti oltre 700 gelaterie che danno lavoro a circa 2500 persone. Anche il livello qualitativo è elevato tanto da averlo reso un must consumato in ogni stagione.

    Le origini del gelato sono complesse, l’uso di refrigerare la frutta e aggiungere latte e miele si perde nella notte dei tempi. Nella Bibbia Isacco offre ad Abramo latte di capra mescolato con la neve e negli scavi archeologici dell’antica Troia sono state scoperte fosse destinate alla conservazione di ghiaccio e neve. E’ storia il fatto che re Salomone fosse un grande consumatore di bevande ghiacciate e Alessandro Magno, durante la campagna d’India, pretendesse un rifornimento ininterrotto di neve da mangiare miscelata con frutta e miele. Pare quindi che il consumo del gelato risalga al 3000 avanti Cristo e che, dall’Estremo Oriente sia giunto in Grecia e poi diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, attraverso le invasioni mongoliche. La storia del gelato prosegue nei secoli tra alti e bassi, fino ad affermarsi come prodotto irrinunciabile per i sontuosi banchetti di corte.

    Il siciliano Francesco Procopio de’ Coltelli é il primo che tenta di commercializzare il gelato, di farlo uscire dai palazzi reali e renderlo fruibile a tutti. Parte quindi dall’assolata Sicilia con una rudimentale sorbettiera e approda a Parigi. Nel 1660 apre il primo locale destinato a diventare il cafè Procope , uno dei più celebri caffè letterari d’Europa. Nel 1700 il gelato è quindi affermato in tutte le capitali e corti europee, e nei caffè prestigiosi di Torino, Venezia, Napoli e Palermo, riscuotono grande successo menù a base di gelato. Nel 1770 il genovese Giovanni Bosio apre a New York la prima gelateria che decreta il successo oltreoceanodel nostro prodotto.

    Nel 1906 appaiono a Milano i primi coni gelato, ma è a questo punto della storia che Torino inizia a fare la differenza. La Gelateria Fiorio inizia a servire il gelato nei coni ma ne sdogana l’acquisto alle donne, il cono era infatti giudicato un gelato adatto unicamente agli uomini!

    Ma Torino vanta un altro eccezionale primato, nel 1939 Pepino, dopo anni di sperimentazioni, mette in commercio il Pinguino, il primo gelato su stecco ricoperto da un leggero strato di cioccolato. E’ un’incredibile innovazione, il primo gelato da passeggio adatto ad adulti e bambini. Brevettato in quell’anno, il costo del Pinguino era di 1 lira, come il biglietto per il cinema. Molti sono stati negli anni i tentativi di imitazione, anche a livello industriale, ma l’unico e originale Pinguino è possibile gustarlo, ancora oggi, nella gelateria di piazza Carignano.

    Come già detto Torino ha una grandissima tradizione legata al gelato e il numero di locali storici è quasi imbarazzante: Fiorio, Miretti, Pepino, ma anche il Siculo e come dimenticare Cecchi, Silvano o la cremeria di via Gramsci? O le meravigliose latterie che servivano gelati cremosi e panna appena montata? A questi si sono aggiunti, in anni recenti Marchetti, La Romana, Tosca e altri ancora. Tutti attenti alla qualità del prodotto.

    Per me, amante delle creme, il miglior gelato è quello il fiordilatte ma anche il Pinguino classico, entrambi di Pepino. Ma capisco che è un’opinione soggettiva legata ai miei ricordi, al gusto e alla tradizione.

    Patrizia Durante.

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  • SCAFFALE: ROLANDO E AVONDO CON IL CAMMINO DI DON BOSCO

    17 maggio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1202

    CamminoDonBosco

    Un cammino di 165 km tra storia, paesaggi, vini e buon cibo. Dal centro di Torino al Po, dalle pendici di Superga alle colline del Chierese, fino alla basilica di Colle Don Bosco, dove la storia del «santo dei giovani» cominciò, dentro una casetta rurale all’inizio dell’Ottocento.

    Ripercorrere le orme di Don Bosco lungo i sentieri e le strade lungo i quali il fondatore dei Salesiani portava i suoi ragazzi a camminare attraverso le colline del Torinese, del Chierese e dell’Astigiano, consente di scoprire un’inattesa varietà di paesaggi che fanno di questo territorio un unicum in Italia: dalla Torino colorata e ciarliera del mercato di Porta Palazzo alle animate rive del Po, dai boschi della collina ai vigneti sui crinali, dal centro storico di Chieri alle Terre dei Santi.

    Un cammino per escursionisti puri e pellegrini, privo di difficoltà tecniche e percorribile tutto l’anno. Un cammino diverso. A due passi da Torino.

    Il “Cammino Don Bosco” è un itinerario escursionistico di alto valore culturale e naturalistico che si snoda lungo i luoghi legati alla vita di san Giovanni Bosco. Ideato e realizzato all’interno del progetto «Strade di Colori e Sapori», coinvolge la Città Metropolitana di Torino e interessa 21 comuni, con Chieri capofila. Un’occasione per conoscere in «modo lento» i paesaggi, le bellezze architettoniche, storiche e culturali, i castelli, le pievi e le abbazie, nonché i sapori dei prodotti tipici del territorio.

    Il “Cammino Don Bosco” fa parte della Rete Escursionistica Regionale della Regione Piemonte e s’intreccia con altri progetti culturali come la Rete Romanica di Collina e la rete dei musei diffusi.

    Cammino alto:

    Maria Ausiliatrice – Basilica di Superga • Basilica di Superga – Abbazia di Vezzolano • Abbazia di Vezzolano – Colle Don Bosco (variante Castelnuovo Don Bosco – Colle Don Bosco)

     

    Il volume propone numerose e interessanti schede di approfondimento sui luoghi che si incontrano lungo il Cammino di don Bosco.

    I due curatori sono Gian Vittorio Avondo, insegnante, ha al suo attivo numerose pubblicazioni escursionistico e Claudio Rolando, biologo, è stato direttore di alcune aree protette piemontesi.

    GIAN VITTORIO AVONDO E CLAUDIO ROLANDO

    IL CAMMINO DI DON BOSCO

    EDIZIONI IL CAPRICORNO

    14 euro

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  • NON TI CURAR DI LOR…

    16 maggio 2024 • COSE NOSTRE • 1627

    PC Like

    Ma guarda e passa… È un celebre verso di Dante nella Divina Commedia. Sono passati più di 700 anni, ma quanto è ancora attuale!

    Basta osservare e leggere quanto è successo nelle ultime settimane per comprenderne appieno il significato.

    Uno scrittore e giornalista, in occasione dei Festeggiamenti per il 25 aprile, registra, per un programma della Rai, un monologo sul delitto Matteotti: il testo viene censurato e oscurato, in un batter d’occhio diventa virale, tutti ne parlano e si crea un caso nazionale, con polemiche e discussioni all’infinito. Se fosse regolarmente andato in onda, sarebbe stato visto da uno sparuto pubblico (lo confermano i dati dello share di quel programma) e sarebbe passato sotto silenzio, nell’indifferenza generale.

    Passano pochi giorni e, di fronte alle intemerate frasi di un candidato alle elezioni europee (i disabili in classi separate, gli italiani hanno la pelle bianca, ecc) si accende il putiferio. È il finimondo. Ma se quelle dichiarazioni fossero state ignorate? Che effetto avrebbero avuto?

    Mi fermo qui, per quel che riguarda la politica e le reazioni dei media e degli organi di informazione. Veniamo, invece, al privato, alla nostra vita di tutti i giorni. Quante volte ci capita di leggere sui social dei concetti che non condividiamo, che provocano in noi risposte secche, piccate. Cosa succede? Che quei post diventano virali, vengono amplificati da altre reazioni, vengono condivisi e trovano migliaia e migliaia di lettori. Se li avessimo lasciati cadere nell’oblio, oppure cancellato quel contatto…

    Quel che si scrive sui social un tempo lo si diceva all’osteria, dopo qualche bicchiere di vino di troppo: “il parroco ha l’amante, lo so di sicuro…”, “quel sindaco ruba, ho le prove…”. Dopo un po’ l’oste diceva: “Vai casa Giuanin che sei ubriaco” e tutto finiva lì. Adesso invece Giuanin lo scrive su Facebook, Instragram e in un nonnulla diventa virale, per via delle nostre condivisioni o repliche.

    Se invece imparassimo da Dante: Non ti curar di lor, ma guarda e passa….

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  • UN PIATTO ESTIVO, IL CARPIONE ALLA PIEMONTESE

    11 maggio 2024 • CINQUE SENSI • 3528

    cotolettine-e-zucchine-in-carpione-immagine-830x625

    Non è un piatto veloce, ma è uno di quelli che fanno estate e possono risolvere una cena programmata, così come può essere conservato e consumato per alcuni giorni senza pericolo di deterioramento, anzi!

    Stiamo parlando del Carpione alla piemontese, parente prossimo delSaor veneto e dello Scapece diffuso in tutto il Meridione. Le differenze fra le ricette sono minime, ma fanno sì che cambino in modo sostanziale sapori e colori. Al Saor viene aggiunto lo zucchero, l’uvetta e i pinoli, il gusto tenderà inevitabilmente all’agrodolce, mentre lo Scapece prevede l’uso dello zafferano e della menta, i cibi avranno quindi un sapore fresco e il colore del sole. L’uso di conservare i cibi sotto marinatura d’aceto risale alla civiltà romana, si trovano infatti tracce di ricette nei testi storici. Si pensa che questo metodo di conservazione sia arrivato dalla Spagna, ma che fosse originario dei paesi arabi e del Medio Oriente.

    Ma torniamo al nostro Carpione alla piemontese: senza dubbio è il piatto ideale da preparare nelle belle giornate estive, quando si possono tenere le finestre aperte e ricambiare l’aria in cucina. E’ anche il piatto della curiosità, si inizia magari con le fettine di pollo o le zucchine e poi viene voglia di sperimentare e di carpionare qualsiasi cosa. Non è un piatto facile al palato, ma se si amano i sapori aciduli e freschi diventa difficile rinunciarvi.

    Vogliamo proporvi quindi un misto in carpione, in modo da permettervi di gustare più cibi e soddisfare la curiosità vostra e dei vostri commensali.

    Ingredienti: Bistecchine di vitello e di pollo tagliate sottili, uova, asparagi, zucchine, farina, pan grattato, sale, pepe (a piacere), cipolla rossa di Tropea, carota, sedano bianco, aglio, salvia, aceto di vino bianco, vino bianco secco.

    E ora via con la preparazione.

    Prima di fare il carpione dovrete avere pronti tutti gli alimenti che andrete a coprire con la marinatura. Cominciate quindi impanando in un misto di farina e pangrattato le bistecchine che avrete passato nell’uovo sbattuto e leggermente salato. Fatele quindi cuocere in una padella con abbondante olio e successivamente ponetele su una carta assorbente per farle asciugare. Nel frattempo lessate gli asparagi e scolateli. Tagliate le zucchine nel senso della lunghezza a fettine sottili e fatele grigliare su una piastra ben calda e leggermente oliata, salate e pepate. In un piccolo padellino preparate le uova all’occhio di bue, salate e pepate anch’esse.

    Ora è il momento di preparare la marinata.

    Tagliate a fettine non troppo sottili la cipolla rossa, a bastoncini non troppo lunghi la carota e il sedano bianco e fate soffriggere il tutto in una padella ampia con olio extra vergine d’oliva e uno spicchio d’aglio. Quando le verdure saranno leggermente appassite, aggiungete un bicchiere di aceto bianco e due bicchieri di vino bianco secco, portate ad ebollizione, aggiungete una manciata di foglie di salvia e un pizzico di sale grosso, fate cuocere a fuoco medio per un paio di minuti.

    Assaggiate quindi la marinata, questo gesto è importante perché tutto può essere corretto; se il sapore è troppo acido, aggiungete un po’ d’acqua o vino bianco, viceversa dovesse risultare troppo morbido, rafforzate con un po’ di aceto.

    Prendete un contenitore di vetro trasparente, ponete sul fondo le vostre bistecchine e copritele con un mestolo di marinata, quindi aggiungete le zucchine e gli asparagi e coprite con altra marinata, per ultime mettete le uova e versate la marinata rimasta accompagnata dalle verdure soffritte e dalla salvia.

    Lasciate raffreddare, mettete in frigo e uscite a mangiare una pizza perché il vostro carpione non sarà pronto fino all’indomani.

    Utilizzando la stessa ricetta della marinatura potrete anche carpionare i pesciolini argentati che vanno precedentemente infarinati e fritti o pesci di fiume più grossi come trote, carpe e tinche che vanno sfilettate e preparate come le bistecchine. Buon appetito!

    Patrizia Durante

     

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  • GIROVAGANDO: IL COL DEL LYS

    10 maggio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 3524

    COL DEL LYS

    Il Col del Lys è un valico alpino – sito a 1280 metri di altitudine – che collega la bassa Valle di Susa con la Valle di Viù, più precisamente i comuni di Rubiana e di Viù.

    La zona ha avuto una notevole importanza per la Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. In particolare attorno al colle si è svolta, tra l’1 e il 2 luglio 1944, una battaglia tra i partigiani della 17ª Brigata Garibaldi e le truppe nazifasciste, al termine della quale 26 giovani partigiani vennero catturati, torturati e trucidati sul posto.

    Nell’edificio della ex casa cantoniera, non lontano dal monumento eretto sul colle in ricordo dei 2024 partigiani caduti nelle vallate circostanti, è stato allestito un piccolo museo dedicato alla Resistenza.

    A partire dal 1996 ogni anno ad inizio luglio si svolge al colle del Lys un meeting internazionale che riunisce giovani di vari paesi d’Europa sui temi della memoria degli eventi collegati alla Seconda Guerra Mondiale, della partecipazione e della democrazia.

    Si può arrivare al Col del Lys comodamente in auto e lasciare la macchina nell’ ampio parcheggiato per poi inerpicarsi in comode e amene passeggiate.

    Dal colle è agevolmente raggiungibile per tracce di sentiero il Monte Arpone. La salita al Monte Rognoso (passando per il Colle della Frai) è più impegnativa e avviene fuori sentiero per un pendio coperto di massi accatastati. Agevolmente raggiungibili sono invece il santuario della Madonna della Bassa e il Colle della Portia. Il Sentiero della Resistenza raggiunge il colle partendo da Toglie in Valle di Viù; sempre dal colle un breve tratto di strada sterrata consente di raggiungere il Colle della Frai, da dove si può proseguire per sentiero verso la parte occidentale dalla Val Messa.

    Proprio al Colle c’ è un caratteristico rifugio, uno chalet in legno, dal quale si godono panorami spettacolari che si aprono su una splendida valle, offre camere accoglienti e il piacere di una cucina a base di prodotti del territorio. La formula perfetta per una vacanza nel segno della natura e dell’autenticità.

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  • ABBIAMO I VINI MIGLIORI, MA LO SAPPIAMO?

    9 maggio 2024 • COSE NOSTRE • 1272

    Vigneti-Langhe

    Quale regione ha i vini migliori d’Italia? Non il Veneto, non la Toscana, non la Sicilia, bensì il Piemonte. A dirlo è un’indagine di Nomisma Wine Monitor nell’ambito dell’Osservatorio sulla competitività delle regioni del vino. L’ indagine è stata presentata a Vinitaly di Verona dove gli stand piemontesi hanno riscosso uno straordinario successo

    Nascono, perciò, nel nostro territorio i vini di maggiore qualità, in particolare i rossi. Toscana e Veneto sono al secondo e terzo posto.

    La ricerca mette in evidenza le ragioni per cui gli Italiani collocano al primo posto il Piemonte, e cioè territorio, storia, tradizione, robustezza e qualità. Bevendo un calice di Barolo o di Barbera i consumatori arrivano alla conclusione che si tratta di vini maturi, mentre se assaggiano un bianco, sempre di questo territorio, apprezzano la freschezza, i profumi, l’ eleganza e la gaiezza. Sempre la Barbera è percepita come perfetta per un consumo quotidiano o a una cena di lavoro, mentre il Barolo è visto come uno status symbol per un regalo o per un’occasione importante.

    Siamo consci della supremazia nazionale dei nostri vini?

    Sicuramente alcuni territori sì, altri – pur restando sempre in Piemonte – un po’ meno. Eppure, negli ultimi cinque anni, l’export piemontese è cresciuto del 19%, arrivando a raggiungere 1,2 miliardi di euro con una costante per i rossi e un vero e proprio exploit per l’Asti spumante che è cresciuto – da solo – del 17%. Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Svezia sono i Paesi di riferimento, ma ci sono nuovi mercati che si affacciano a partire da Australia, Corea del Sud e Perù.

    Siamo i primi. Siamo i migliori. Proviamo anche ad esserne orgogliosi. A vantarcene al bar, in casa, al supermercato, ovunque. Ordiniamo un  Alta Langa o un Gavi, anziché il solito Prosecco. Pasteggiamo con un Nebbiolo o un Dolcetto anziché con Nero d’ Avola o Chianti.

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  • Al Boeuc sul Lago d’ Orta

    4 maggio 2024 • CINQUE SENSI • 4220

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    Il lago d’ Orta è – a mio parere – il più intimo, raccolto e romantico fra i grandi laghi piemontesi. Un’ oasi di pace, silenzio, relax. Vale la gita di una giornata, anche solo per staccare dal caldo e dallo stress di queste settimane. Camminando sul lungolago,  fra i carrugi di Orta e sulla Passeggiata del Silenzio dell’ Isola di San Giulio troverete conforto, rinfresco del corpo e dello spirito e magari potrete anche fare un bagnetto rinfrescante nelle placide acque del lago.

    Se poi avvertirete un certo languorino vi consiglio l’ enoteca al Boeuc (Al Buco) in via Bersani, nella cittadina di Orta.

    Pensate è la più antica osteria sul lago. Era già aperta come cantina-portico nel 1500, sul porticciolo, accanto alla stretta del Lupo, laddove il lago arrivava proprio fino alla via Bersani. E il locale ha mantenuto le caratteristiche di allora: la cantina è fatta in mattoni e in fondo al locale c’ è ancora l’ antico pozzo dove venivano conservati i vini e i cibi, al fresco.

    Il titolare vi proporrà una serie di taglieri misti dove spiccano i prodotti locali: fra i salumi la Fedighina (una mortadella di fegato) e fra i formaggi la Toma del Mottarone. Da non perdere anche la varietà di bruschette, deliziosa quella al tartufo.

    Ma il mio consiglio spassionato va alla BAGNA CAODA ESTIVA. Quando mi è stato proposto questo piatto ho storto il naso, visto il caldo di questa estate…E invece? Una squisita sorpresa. Servita appena tiepida con una marea di verdure fresche, di stagione, è risultato un piatto squisito e rinfrescante. Davvero da provare…

    Ottima la scelta dei vini locali come il Bramaterra, il Gattinara e il Boca. E i prezzi sono competitivi, di fascia bassa.

    Provate questa ENOTECA AL BOEUC, via Bersani 28 – Orta San Giulio – TEL 339 5840039

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