E’ il simbolo della Scozia ed è associato al motto latino Nemo me impune lacessit (Chi mi provocherà, non resterà impunito). E’ il cardo. Narra la leggenda che un gruppo di Vichinghi stava per sorprendere nel sonno i guerrieri scozzesi, ma uno degli invasori mise un piede su un cardo selvatico, le sue urla servirono da allarme ed evitarono l’occupazione della Scozia.
Il cardo è un ortaggio invernale simile al sedano e appartenente alla famiglia dei carciofi: è infatti conosciuto anche con il nome di carciofo selvatico. E’ una pianta antica di origine mediterranea, originaria forse dell’Etiopia, ma resti consistenti sono stati rinvenuti anche nei corredi funebri conservati nelle tombe egizie. Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis historia, lo esalta come ortaggio pregiato.
Nei tempi antichi i germogli e i semi del cardo erano utilizzati per produrre il caglio per i formaggi e le prime testimonianze del suo utilizzo in cucina risalgono solo al 1500; due medici della corte Sabauda scrivevano: “i cardi si mangiano ordinariamente nell’autunno e nell’inverno fatti teneri e bianchi sotto terra”. Nel 1770 i cardi sono menzionati nel libro di cucina “Il cuoco piemontese” nel loro abbinamento più classico, con la Bagna Caoda.
Ma la sua storia, per quanto silenziosa, è lunga e ha aiutato i contadini poveri a sopravvivere quando il carciofo spopolava in Europa e arricchiva le tavole dei nobili. Ancora oggi è consumato più per tradizione che per utilità.
Il cardo gobbo di Nizza Monferrato è di sicuro il più pregiato e richiesto, la denominazione “gobbo” deriva dal procedimento di coltivazione a cui è sottoposto. I cardi vengono seminati verso la metà di maggio, seguiti costantemente dal cardarolo per tutta l’estate, il terreno viene sarchiato irrigato e liberato dalle erbacce infestanti. Il cardo è molto sensibile alle gelate e quindi a inizio settembre viene sotterrato, il terreno sabbioso e soffice della Valle del Belbo è il migliore per questo tipo di coltivazione. La pianta, accuratamente legata, viene piegata su un fianco, facendo molta attenzione a non rompere le foglie o a danneggiare le radici; la si ricopre quindi con circa 20 cm di terriccio e lasciata sotto terra, a seconda della temperatura, da due a quattro settimane. In assenza di luce, la clorofilla, che rende le foglie amare e dure, diventa sostanza di riserva e il cardo diventa bianco e tenero, inoltre il tentativo naturale di fuoriuscita della pianta dal terreno, fa assumere agli steli la caratteristica forma irregolare, gobba appunto.
Anche il cardo di Chieri e di Andezeno è molto diffuso in Piemonte. Ha la caratteristica di avere poche spine e di essere verde all’esterno e bianco nel centro. Il processo di sbiancamento di quest’ultimo avviene però mantenendo la pianta diritta e avvolgendola in sacchi neri.
Questo ortaggio è noto fin dall’antichità per gli effetti benefici sul fegato, è utile per risolvere problemi digestivi e riattiva il metabolismo delle cellule epatiche, tanto da rallentare la progressione della cirrosi epatica.
Il cardo, come abbiamo già scritto è ottimo crudo abbinato alla bagna caoda, ma viene consumato anche cotto, bollito e poi fatto saltare in padella con burro e latte è un buonissimo contorno per gli arrosti. Poco nota però è la ricetta dei cardi con le olive, sono un saporito ed economico antipasto.
Cardi con le olive
Ingredienti per 4 persone: 1 cardo, 100 gr di olive nere denocciolate, 50 gr di toma stagionata e grattugiata, 4 cucchiai di pangrattato, 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Preparazione: pulite con cura i cardi eliminando i filamenti e le spine, tagliateli a grossi tocchi, lessateli in acqua salata per circa un’ora a seconda delle dimensioni e della qualità. Una volta teneri, scolateli e metteteli in una pirofila assieme alle olive nere denocciolate e tritate grossolanamente. Cospargete con il pangrattato e condite con sale e abbondante pepe nero macinato al momento, spolverizzate quindi con la toma grattugiata, irrorate con un filo d’olio e mettete a gratinare nel forno già caldo a 150° per venti minuti. Buon appetito!
Patrizia Durante
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