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  • GIROVAGANDO: LA FERROVIA LENTA VIGEZZINA

    21 giugno 2024 • LUOGHI E LIBRI • 2686

    trenoferroviavigezzina

    Viaggi e lentezza. Un binomio perfetto per chi decide di dedicare qualche ora o un intero weekend alla scoperta di luoghi, profumi, colori ed emozioni. Perchè il viaggio lento sulla ferrovia panoramica che collega Domodossola, nell’alto Piemonte, alla svizzera Locarno, sul Lago Maggiore, racchiude proprio questi semplici e genuini ingredienti.

    Sui binari della “Vigezzina-Centovalli” è una vera esplosione di colori e atmosfere dorate. È l’autunno la stagione ideale per godersi il lento viaggio sui binari che collegano Piemonte e Canton Ticino, tra Alpi e Lago Maggiore. Ferrovia alpina per eccellenza, la Vigezzina-Centovalli attraversa nei mesi autunnali paesaggi suggestivi, che cambiano radicalmente l’esperienza di viaggio di chi ha già percorso la medesima tratta in altre stagioni. E dunque le visuali estive immerse nella rigogliosa vegetazione di queste valli si tramutano negli scenari mozzafiato del periodo compreso tra settembre e novembre: le calde tonalità delle foglie infiammano i boschi, i pascoli dorati illuminano le montagne, il sottobosco si arricchisce di frutti della terra e di profumi che solo l’autunno può sprigionare nei territori attraversati dalla linea ferroviaria.

    Il viaggio può iniziare, a libera scelta, da uno dei due capolinea o anche dalle stazioni intermedie. Approfittando dell’atmosfera rarefatta del Lago Maggiore in versione autunnale, può essere dunque Locarno il punto di partenza. Elegante cittadina adagiata sul versante svizzero del Lago Maggiore, merita certamente una visita, ma una volta saliti a bordo, lo sguardo raggiungerà presto i filari ambrati. Più in alto l’attenzione dei viaggiatori verrà catturata dai pianori baciati dal sole, circondati dalle cime imbiancate dalla prima neve, e poi ancora, lungo viadotti vertiginosi e profonde gole, si spingerà nel cuore della montagna ticinese, per ammirare i borghi in pietra delle Centovalli.

    Qui una sosta è d’obbligo nei tipici grotti. Locali rustici, ospitati in zone discoste e ombreggiate, in cui gustare solo prodotti e piatti nostrani: salumi, minestrone, risotto, polenta con brasato, coniglio, funghi, castagne e formaggi d’alpeggio. Il passaggio attraverso la frontiera italo-svizzera aprirà le porte della Valle Vigezzo, che anche nel periodo autunnale merita una visita approfondita.

    Sono poi le degustazioni di prodotti tipici, anche in occasione di sagre ed eventi molto frequentati a completare l’offerta autunnale per una sosta in Valle Vigezzo.  Ma se ad appassionare, oltre alle prelibatezze alpine, è anche la bellezza paesaggistica, questo immenso pianoro soleggiato è davvero il luogo perfetto. In autunno, la Valle Vigezzo, conosciuta come “Valle dei Pittori”, regala scorci davvero unici e meravigliosi: dai graziosi borghi dalle architetture tradizionali della bassa valle fino ai 2.000 metri delle cime più alte, si alternano paesi e paesaggi illuminati dai caldi colori della stagione più suggestiva dell’anno. I boschi della valle alpina accolgono i viaggiatori con il loro spettacolare foliage, per piacevoli passeggiate alla ricerca dei frutti del sottobosco: castagne, funghi e noci, infatti, abbondano in queste zone e richiamano sempre molti cercatori golosi. Il viaggio, raggiunto il punto più alto della linea, prosegue in discesa attraversando montagne e colline in avvicinamento a Domodossola, il capolinea italiano.

    Ulteriori informazioni sulla Ferrovia Vigezzina-Centovalli sul nuovo sito web www.vigezzinacentovalli.com e su Facebook: www.facebook.com/FerroviaVigezzinaCentovalli

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  • CHE BELLI GLI ANNI DELLE TV PRIVATE

    20 giugno 2024 • COSE NOSTRE • 3420

    TVLOCALI

    20Erano gli Anni Settanta, anni di fabbriche, di sviluppo urbanistico, di lotte, di fermenti sociali e culturali incredibili. Ed è proprio in quegli anni che esplode il fenomeno delle tv private, chiamate pure tv locali. Anche  se qualcuno preferisce definirle tv libere. Tele Torino International, Grp, Telestudio, Videogruppo, Tele Europa 3, Telecupole, Telesubalpina…. Chi non le ricorda? Magari con un po’ di rimpianto e nostalgia…

    Per chi come il sottoscritto ha mosso i primi passi della professione giornalistica proprio nelle tv private,  è stata una piacevole sorpresa leggere il libro “Le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile” di Riccardo Humbert. Sfogliare queste trecento pagine è come smanettare con il telecomando, proprio come si faceva a quei tempi. E’ l occasione e per ritrovare volti, nomi, programmi che erano lí, in un angolino della nostra memoria ma sempre piacevolmente famigliari. Alba Parietti. Piero Chiambretti, Ramona Dell Abate, il mago Gabriel hanno mosso i primi passi proprio davanti alle telecamere delle tv private piemontesi. Alcuni programmi hanno fatto la storia della  televisione,  proprio come “Lo spogliarello della casalinga”   di Tele Torino International, trasmissione di cui si parlò anche negli Stati Uniti

    Per non parlare dell’informazione. I TG delle tv private facevano concorrenza alla Rai, raccontavano il Piemonte vero, quello della gente. Proprio per questo erano seguitissimi.

    Travolte dal crollo della pubblicità e dall’ avvento del digitale terrestre, dalla scarsa lungimiranza degli editori molte di quelle tv private sono sparite, altre sopravvivono a fatica.

    Ma leggendo il libro di Humbert, come scrive Piero Chiambretti nella prefazione,  “pagina dopo pagina si avrà la sensazione di entrare nella macchina del  tempo e correre a ritroso negli Anni Settanta per vivere la grande avventura delle tv private”.

    E scoprire anche aspetti meno conosciuti del Piemonte e di Torino, nella speranza che – come conclude Humbert – arrivi qualcuno come quella generazione di creativi, geniali e intraprendenti  che “con pochi quattrini ma grandi entusiasmi  è riuscita a creare un nuovo modo di fare comunicazione”.

     

     

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  • I TORCETTI SONO SOLO PIEMONTESI

    15 giugno 2024 • CINQUE SENSI • 1500

    torcetti

    Sono ottimi al naturale, ma i veri golosi spesso li tuffano nella panna montata, nella cioccolata e persino nello zabaione..

    Una cosa è certa, i torcetti sono come le ciliegie, uno tira l’altro e, fino a quando non si arriva all’ultimo, è difficile smettere di gustarli.

    Non esistono dubbi neppure sulle loro origini, sono piemontesi. Fin dal 1700 vengono citati come torchietti, ma anche come torcét, nei testi culinari. Nati dalla pasta di pane allungata, tagliata, piegata in forma ovale e passati nello zucchero che si caramella lentamente nel calore del forno, devono il loro nome alla torsione che si pratica per unire le punte del bastoncino di pasta, per donare loro il tipico aspetto a goccia.

    Di fatto sono la versione dolce del grissino, un biscotto comune quindi, che serviva per allietare le tavole dei poveri spesso prive di altri tipi di golosità.

    In origine il torcetto era di sicuro più grande, la riduzione delle dimensioni e la pasta più leggera e raffinata, lo fecero uscire dalle case dei contadini e lo resero un prodotto adatto alla pasticceria e ai palat fini, infatti divenne in breve tempo il dolcetto della domenica.

    I torcetti, allineati in modo ordinato sui cabaret, allietavano il fine pasto, era uso gustarli intinti nella panna spolverata con caffè d’orzo, una vera delizia.

    Ma in quale luogo del Piemonte i torcetti divennero pasticcini? Esistono due versioni e sono giudicate ambedue attendibili, poiché è possibile che lo stesso dolce fosse conosciuto in diverse zone della regione: quella storica, e più accreditata, ne identifica l’origine a Lanzo Torinese, come citano alcuni dizionari di gastronomia piemontese: i torcetti di Lanzo hanno la caratteristica peculiare di avere la superficie lucida e granulata, ottenuta con una spennellatura d’acqua e successiva spolverata di zucchero semolato.

    La seconda tradizione risale invece a tempi più recenti: nei primi del ‘900, il pasticciere Pana di Agliè, utilizzando degli avanzi di pasta usata per confezionare un dolce, fece dei biscotti a forma di tarallo e li spolverizzò con zucchero che si caramellò durante la cottura in forno. L’esperimento ebbe un tale successo  che i torcetti divennero parte della produzione quotidiana del forno, e arrivarono fino alla tavola della famiglia Reale. Furono così apprezzati che 1939 , la principessa Bona di Baviera, figlia del Duca di Genova, conferì una patente di merito a Pana Francesco panettiere in Agliè, e lo nominò suo fornitore ufficiale.

    Nei giorni nostri la produzione del torcetto è diffusa nel Canavese e nel Biellese, con qualche variante nella forma e nel colore, a seconda delle percentuali degli ingredienti usati. Al fine di tutelarne l’originalità è stato elaborato un disciplinare di produzione che prevede che venga usata farina di grano 00, con aggiunta di acqua, burro, lievito, malto e sale, che la pasta sia tagliata in pezzetti lunghi 5 centimetri, arrotolata in bastoncini che raggiungano lunghezza di 10 centimetri, chiusi poi ad anello ovale e infine cosparsi di zucchero. Devono quindi essere lasciati lievitare per un paio d’ore e messi a cuocere in forno per circa mezz’ora. I torcetti sono stati persino inseriti nell’elenco dei Prodotti agroalimentari  tradizionali della Regione Piemonte.

    Un biscotto tutelato quindi, ma la tutela non lo salva dalla golosità dei piemontesi che da sempre lo apprezzano.

    Patrizia Durante

     

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  • SCAFFALE: MARINA ROTA E CERTE DONNE, A TORINO

    14 giugno 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1752

    DONNEROTA

    Marina Rota, ha messo a segno un altro colpo vincente. Il suo ultimo libro “Certe donne, a Torino – Incontri ravvicinati con figure straordinarie – Edito da Buendia Books, è un libro interessante e godibilissimo.

    La sua scrittura pulita ed efficace e la sua capacità di cesellare testimonianze, che si stemperano tra il sogno e la realtà, rendono merito, non solo ad alcune straordinarie donne torinesi, ma alle donne in generale. Regalando al lettore una descrizione precisa e unica del mondo femminile e del cammino, non certo semplice, compiuto negli anni per liberarsi da stereotipi e ruoli definiti.

    Le donne scelte da Marina hanno caratteristiche comuni: sono coraggiose, determinate e intelligenti, hanno idee elevate e pioneristiche, e lottano per realizzarle, senza mai perdere un grammo di femminilità. Lidia Poët, Teresina Tua, Paola Lombroso, Gemma Cuniberti, l’amata Amalia Guglielminetti, Helen König (detta Lenci), Isa Bluette e Bella Markman Hutter, sono le compagne del viaggio onirico di Marina Rota, che le incontra e le fa diventare reali, tanto che ci si chiede se l’autrice abbia davvero la capacità di viaggiare nel tempo.

    Le donne di Marina sono davvero figure straordinarie, che si sono distinte nel loro tempo e si distinguerebbero ancora oggi: veri esempi di modernità, arguzia e intelligenza, con quel pizzico di spregiudicatezza, che dona loro un fascino irraggiungibile.

    È un libro che si legge con il gusto della scoperta e tutte le volte che una delle interpreti saluta Marina, è un brusco risveglio. La si vorrebbe trattenere ancora un po’ per curiosare nella sua straordinaria vita o ammirarla, appena un  momento, mentre sorseggia con eleganza, un caffè.

    Il volume è impreziosito da una nota di Margherita Oggero, dalle illustrazioni di Renata Arnaldi, che rendono ancor più visiva l’atmosfera dei racconti e da una tavola inedita di Andrea Maino, che omaggia i viaggi nel tempo dell’autrice.

    Marina Rota dichiara, in questo libro, di non sentirsi adatta alla nostra epoca e che avrebbe voluto vivere in un tempo diverso. A fine libro non so se credere alla reincarnazione, perché le descrizioni, sia degli stati d’animo che dell’insieme, sono così precise e accurate che, secondo me, lei ci è veramente stata in quei posti e in quelle epoche. E ci torna sovente nei sogni, che condivide con noi lettori.

    Patrizia Durante

     

    Marina Rota

    Certe donne, a Torino – Incontri ravvicinati con figure straordinarie

    Buendia Books Edizioni

    18.50 €

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  • VOTIAMO PER FAR VINCERE IL COMUNE AMICO

    13 giugno 2024 • COSE NOSTRE • 1203

    panorama-PAESE

    Tranquilli. Non parliamo ancora di votazioni e campagna elettorale. Qui si vota, in maniera più frivola. Per far vincere il nostro Piemonte. Quello vero, quello dei piccoli comuni, a rischio spopolamento. E se non vincono, per lo meno queste 34 piccole realtà del nostro territorio, avranno parecchia visibilità e la possibilità di farsi conoscere in tutta Italia.

    Barengo, Belvedere Langhe, Bene Vagienna, Bergolo, Borgo d’Ale, Burolo, Cassine, Castagnole delle Lanze, Cavagnolo, Cossano Canavese, Coazze, Marentino, Moncalvo, Moncrivello, Monleale, Moretta, Passerano Marmorito, Pasturana, Ponzone, Priola, Rive, Rocca Grimalda, Ronco Biellese, Rosazza, Santa Vittoria d’Alba, Scarmagno, Somano, Soriso, Trasquera, Vaie, Vernante, Viarigi, Vignale Monferrato, Villareggia.

    Sono questi i 34 comuni piemontesi che partecipano al premio “Piccolo comune amico”, progetto realizzato da Codacons in collaborazione con Coldiretti e Uncem, con lo scopo di valorizzare i piccoli Comuni italiani, far conoscere le eccellenze locali e favorire il turismo. Un’iniziativa, giunta alla quarta edizione, che premia le eccellenze italiane nelle categorie agroalimentare, artigianato, innovazione sociale e cultura, arte e storia.

    I comuni che partecipano al concorso possono contare su un sito internet interamente dedicato e su una mappa interattiva delle realtà comunali in gara, con gli eventi e le eccellenze delle varie categorie selezionate. Il progetto è ampiamente promosso sui maggiori canali mediatici, come Facebook e Instagram, dando visibilità alle bellezze delle realtà comunali vincitrici, e vedrà campagne promozionali gratuite, sia nelle aree di servizio della rete autostradale, sia sui social e sulla stampa.

    I cittadini possono votare il proprio comune preferito entro e non oltre il prossimo 15 giugno, secondo una delle modalità indicate alla pagina https://codacons.it/pca-2024-vota/

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  • VITELLO TONNATO, PRINCIPE DEGLI ANTIPASTI

    8 giugno 2024 • CINQUE SENSI • 1537

    vitellotonnato

    E’ senz’ altro l’ antipasto più conosciuto della cucina piemontese,  forse il più amato. Il vitello tonnato, conosciuto anche come vitel tonnè,  Le origini del piatto sono da ricercare nel Cuneese, intorno al 1700.  In quella ricetta originale non c’ era il tonno. Il Piemonte non è  sul mare e quindi i contadini utilizzavano le acciughe sottosale per la preparazione della salsa.

    Perciò l’origine della parola “tonnato” è da ritrovarsi nel termine francese “tonnè  o tanné” che significa “pasticciato”. Per il resto, tranne l’ assenza di tonno, gli ingredienti erano i medesimi. Fesa di vitello tagliata a fettine sottili, salsa di acciughe e olio, da servire a freddo.  Quel “tonné” dal suono francese era un modo  per dare lustro e nobiltà a un piatto tipicamente popolare, preparato con gli avanzi della carne di vitello, lessata a lungo per ottenere la tanto agognata morbidezza.

    Nel corso dei secoli fanno la loro comparsa alcuni nuovi ingredienti per la realizzazione della salsa come i capperi, le olive e il brodo di cottura della carne. La comparsa del tonno nella ricetta la si trova per la prima volta nel manuale di PellegrinoArtusi del 1800. E anche in questa nuova ricetta non si fa cenno alla maionese.

    Nel corso dell’Ottocento il piatto comincia a diventare famosa oltre i confini del Piemonte soprattutto nel periodo estivo in quanto piatto da gustare freddo.

    Soltanto nel secolo scorso la maionese comincia ad essere inserita un po’ in tutte le salse e anche in quella tonnata.

    I cultori della ricetta tradizionale del vitello tonnato asseriscono che la salsa del vitello tonnato originale si prepara con tonno sott’olio di buona qualità, acciughe, capperi, olio extra vergine d’oliva, succo di limone e aceto. Quindi senza maionese.

    Oggi il Vitello Tonnato alla Piemontese è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Ma ricordiamo che nasce e che lo si apprezza soprattutto nella nostra regione

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  • I MIGLIORI RISPARMIATORI? IN TESTA I PIEMONTESI

    6 giugno 2024 • COSE NOSTRE • 1201

    EURO

    Ma basta con i luoghi comuni sulla tirchieria dei Genovesi o degli Scozzesi.

    I meno «spendaccioni», in Italia, sono gli abitanti di Biella, che riescono a mettere da parte fino al 15,4% del proprio reddito. E, in generale, il Nord-Ovest sembra possedere una buona propensione al risparmio. Il Sud, invece, finisce in fondo alla classifica della capacità di risparmio delle famiglie, stilata dal Centro studi delle Camere di commercio.

    Pazzesco il divario con il Meridione. Nelle case di Ragusa, Crotone e Siracusa si riesce a mettere da parte solo il 4,6% del patrimonio.

    Ed ecco, già sento le critiche, i distinguo… “Io non riesco a risparmiare nemmeno un euro…”, “Tutto è rincarato, impossibile finire il mese con qualcosa da parte…”.

    Eppure i numeri non tradiscono. L’indagine mette in luce un quadro generale. Poi, ovunque, ci saranno, sicuramente, i Paperon de’ Paperoni (avari e taccagni) e gli spendaccioni, quelli con le mani bucate…

    Il Piemonte è in testa con un risparmio medio dell’11% che arriva a picchi del 15,4% in città come Biella, la più attenta ai consumi in assoluto. Seguita da Vercelli (13.8), Asti (13,1) Alessandria (12,3), Novara (11,8).

    Si risparmia di più nei piccoli paesi e nelle cittadine, rispetto alle grandi città, quelle con più di mezzo milione di abitanti. E qui arriva la conferma che i luoghi comuni spesso ci azzeccano.

    La prima grande città risparmiatrice è Genova, undicesima in graduatoria, seguita da Milano, Roma e Torino.

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  • PASTE DI MELIGA, FAVORITE DI CAVOUR

    1 giugno 2024 • CINQUE SENSI • 946

    paste-di-meliga

    Sembra anche che fossero i biscotti preferiti di Camillo Benso Conte di Cavour che ne mangiava almeno due a fine pasto con un bicchiere di Barolo Chinato. Ricostruirne la storia e le origini è quasi impossibile: pare, comunque che le Paste di Meliga siano nate per necessità dopo un cattivo raccolto che aveva fatto salire alle stelle il prezzo della farina di grano.

    Bisogna, quindi, risalire ai secoli passati, alla cultura contadina della zona di Mondovì, in provincia di Cuneo. I fornai, per far fronte all’aumento eccessivo del costo della farina, iniziarono a mescolarla con la farina ricavata dal mais macinata finissima usata appositamente per i dolci. In pratica, venivano prodotti con lo scarto della farina usata per fare la polenta.

    Le paste di meliga (chiamate in piemontese paste ‘d melia) vengono infatti realizzate con un mix di farina di frumento e farina di antico mais piemontese (melia o meira in piemontese) a cui vengono aggiunti pochi altri genuini ingredienti (burro, zucchero, miele, uova e scorza di limone).

    Di forma tondeggiante o rettangolare, i deliziosi frollini che profumano di tradizione sono originari del Cuneese, ma oggi sono diffusi anche nel resto della regione, in particolare nel Biellese e nel Torinese, in Val Susa, Val Cenischia e Val Chisone.

    Tradizionalmente questi biscotti vengono mangiati a fine pasto inzuppati in un buon bicchiere di Barolo, di vino Passito, di Moscato o di Dolcetto. Insomma, come le apprezzava Cavour, anche noi oggi ci godiamo un momento di relax con le Paste di Meliga.

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  • SCAFFALE: NORDFOODOVESTEST DI CHIARA CAPRETTINI

    31 maggio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1065

    nordfoodovestest

    La scienza dell’ ospitalità tra le saghe islandesi e gli home restaurant. Ecco il sottotitolo di questo corposo volume che la giovane Chiara Caprettini ha pubblicato per la casa editrice torinese Cartman. Quasi impossibile definire chi è Chiara Caprettini: giovanissima fotografa, food blogger, filologa germanica, ottima cuoca, instancabile viaggiatrice, e tante altre cose ancora. Ma, soprattutto, curiosa.

    Ed è proprio la curiosità che ha spinto l’ autrice a compiere quest’ incredibile viaggio che partendo dal mondo germanico antico giunge fino ai nostri giorni  prendendo in esame tutti gli aspetti dell’ accoglienza, dell’ ospitalità, del mangiare insieme. Desinare in compagnia come dono della vita, perchè – come si legge nella quarta di copertina – invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto.

    Ma anche il libro della Caprettini è difficile da inquadrare perchè alla prima parte, l’ excursus storico sull’ ospitalità, ne segue una seconda in  cui l’ autrice segnala alcuni piccoli produttori italiani e stranieri e le loro specialità enogastronomiche: sono il frutto del suo girovagare per il mondo in qualità di food blogger alla scoperta delle tradizioni alimentari e delle loro innovazioni.

    E per non farci mancare nulla nelle oltre 500 pagine del volume troviamo anche una serie di ricette, selezionate dal blog di Chiara Caprettini. Che, guarda caso, si chiama “Nordfoodovestest”.

    CHIARA CAPRETTINI

    NORDFOODOVESTEST

    CARTMAN EDIZIONI

    25 euro

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  • LA VERA PARITA’ STA NELLO STIPENDIO

    30 maggio 2024 • COSE NOSTRE • 1181

    GENTE-TV-TELEVISIONE

    Da 3.000 euro addirittura a oltre 16.000 euro in meno, è la differenza degli stipendi delle donne rispetto a quelli degli uomini, in Italia.

    Ecco dove sta il vero “gender gap”, cioè la disparità di trattamento economico che è poi la base della mancata parità fra i sessi. I dati arrivano dall’ Inps e quindi sono più che attendibili. La statistica finale è profondamente influenzata dalla difficoltà per le donne di arrivare a posizioni di vertice.

     Ai posti di dirigente troviamo, infatti, solo il 21% di donne, confermando quindi – non solo una maggiore difficoltà di ingresso delle donne nel mondo del lavoro – ma anche la persistenza del soffitto di cristallo, cioè del fatto che ai piani alti siedono prevalentemente solo uomini. All’interno dei Consigli di Amministrazione la presenza di donne è cresciuta arrivando al 43%, ma meno del 5% di queste ricopre ruoli esecutivi e solo il 2% la carica di amministratrice delegata.

    I dati europei del 2023, inoltre, mostrano che in Italia c’è un tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni pari al 51,1%, sotto la media europea che si attesta al 64.9%. Il tasso di inattività femminile per l’Italia è addirittura al 43,6%.

    Insomma, la vera parità – al di là delle inutili quote rosa – arriverà con un’ equa retribuzione fra uomo e donna e con la possibilità di accedere davvero al mondo del lavoro (a qualsiasi livello), a prescindere dal sesso.

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