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  • È SEMPRE COLPA DELLE BANCHE?

    29 febbraio 2024 • COSE NOSTRE • 1562

    BANCOMAT

    In Piemonte nove persone su dieci sono insoddisfatte della chiusura degli sportelli bancari nel proprio comune e ritengono utile parlare con un operatore bancario. Inoltre, per otto piemontesi su dieci la prossimità bancaria influisce sulla propensione all’investimento in prodotti finanziari. Cioè se io avessi, nelle vicinanze, uno sportello con una persona con cui confrontarmi sarei più disposto a investire i miei soldi.

    Parlare con un operatore bancario per avere informazioni sui servizi necessari è utile per il 95,8% dei piemontesi, per avere supporto e assistenza per risparmi, investimenti e prestiti è indispensabile per 9 persone su 10. Per la quasi totalità, se si installasse un bancomat al posto della filiale, non sarebbe lo stesso (85,7%). Se chiudesse la propria filiale bancaria il 67,8% si recherebbe in un’altra filiale bancaria o in un ufficio postale.

    Dati chiari, semplici da leggere, senza alcuna necessità di essere interpretati. E quindi? Parrebbe lapalissiano incrementare sul territorio la presenza degli sportelli con personale preparato. E invece? Negli ultimi 5 anni il numero di comuni serviti da banche è diminuito del 17,9%, passando da 559 a 459, quello degli sportelli del 18%, da 2.065 a 1.694.

    Costano troppo? Eh già perché anche le banche risentono della crisi? Un’analisi del Sole 24Ore calcola in 22,5 miliardi gli utili del 2023 per le prime cinque banche italiane, un favoloso più 64 per cento rispetto al 2022 e quest’anno dovrebbe andare anche meglio.

    E allora? Perché non andare incontro alle richieste dei clienti, della gente? Non riesco a trovare una spiegazione ragionevole. Forse proprio perché una ragione non c’è. O forse perché è meglio che, chi si rivolge alle banche, parli con un risponditore automatico, con una APP, con l’ Intelligenza Artificiale gelida e senza sentimenti, anziché con un impiegato che magari potrebbe capire i nostri problemi e cercare di venirci incontro?

     

     

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  • TORNA DI MODA IL VERMOUTH, INVENZIONE PIEMONTESE

    24 febbraio 2024 • CINQUE SENSI • 3614

    Articolo_vermouth-1

    Hair Raiser, Burnsides, Stormy Weather, Manhattan, Bobby Burns, Negroni… e l’elenco potrebbe continuare ancora, ma oltre ad essere famosi cocktail, cos’hanno in comune le bevande citate? Un ingrediente, il Vermouth. E il Vermouth, usato in tutto il mondo per la preparazione dei cocktail, ha un’unica regione di provenienza: Il Piemonte.

    Antonio Benedetto Carpano, questo è il nome del distillatore che lo inventò nel 1786 nel laboratorio di piazza Castell: vino moscato, una miscela di circa cinquanta erbe e spezie e zucchero caramellato per dare quel colore ambrato e il nuovo liquore era pronto. Il giovane Carpano ebbe un’intuizione degna del miglior ufficio marketing: inviò alcune bottiglie del suo Vermouth a Palazzo Reale, il re Vittorio Amedeo II ne fu talmente entusiasta da far sospendere le forniture di Rosolio, che fino ad allora la faceva da padrone nei salotti cittadini: il Vermouth fece quindi un trionfale ingresso in tutti i Palazzi.

    Fu un successo. Il nuovo vino aromatizzato divenne l’aperitivo, il momento di sosta e di ristoro preferito dai torinesi. Sulla scia di Carpano sorsero molti laboratori artigianali votati alla produzione del Vermouth, ma il primo a commercializzarlo in maniera massiccia anche fuori Italia, fu Carlo Anselmo.

    Oggi il consumo del Vermouth è limitato alla preparazione dei cocktail, ma quattro giovani piemontesi vogliono farlo risalire agli onori e ritornare ad essere l’aperitivo di Torino: Giustino Ballato, Davide Pinto, Luca Pineider e Carlo Miano, hanno infatti acquisito lo storico marchio del Vermouth Anselmo e riavviato la produzione. Il liquore è di nuovo in commercio.

    Il marchio del Vermouth Anselmo è ovviamente torinese ed è il frutto della capacità imprenditoriale di Carlo Anselmo che era nato nel 1847 da una famiglia benestante di Murisengo, in provincia di Alessandria. Il padre, Cesare, era proprietario di diverse trattorie in città; Carlo iniziò in una piccola bottega in via Mazzini 37, animato da tanta passione e dedizione, lavorò giorno e notte per ottenere la miglior miscela di spezie, erbe aromatiche da unire all’ottimo Moscato di Canelli. E poco per volta l’etichetta C.Anselmo & C. si fece largo tra le file di liquori nelle pasticcerie più eleganti di Torino. Ma il 1884 fu l’anno fondamentale, quello della svolta: Carlo Anselmo aprì la prima vera fabbrica del suo Vermouth, nella Barriera del Martinetto di Torino. Alla morte di Carlo, avvenuta nel 1908, gli subentrò la figlia Carola Alba, donna colta, intelligente e lavoratrice instancabile, affiancata dal marito Carlo Montiferrari, diede all’azienda un forte impulso e la produzione passò dalle 700.000 bottiglie agli oltre 3 milioni distribuite in tutto il mondo. I coniugi spostarono quindi lo stabilimento a None, vicino alla ferrovia, per facilitare ulteriormente le esportazioni. Nella grande esposizione del 1911 Alba e Carlo furono premiati con il Diploma d’Onore, riservato ai prodotti d’eccellenza. Purtroppo, la grande crisi del 1929 e le leggi sul proibizionismo affossarono l’azienda.

    Ora il Vermouth torna a far parlare di se e lo fa riportando in auge la ricetta storica dell’azienda torinese, rivisitata in chiave contemporanea. A breve il “vermouttino” di Anselmo diventerà un nuovo cavallo di battaglia per molti locali c’è da scommetterci: Vermouth, soda, ghiaccio e una flambata di olio essenziale di pompelmo. Da provare!

    Patrizia Durante

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  • SCAFFALE: CARANZANO E IL PIEMONTE ROMANO

    23 febbraio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1459

    piemonteromano

    Perchè ci sono le Torri Palatine a Torino? Annibale attraversò davvero la Valle di Susa per scendere verso Roma?  Tortona, Ivrea, Vercelli, Alba, Chieri hanno origini romane?

    In 160 pagine e 180 illustrazioni ecco tutto il “Piemonte romano”,  che è anche il titolo del volume di Sandro Caranzano, archeologo di fama internazionale, edito da Capricorno.

    Una vera e propria guida con tanto di musei e aree archeologiche da visitare in Regione, con un ricco apparato iconografico e di cartine, schede e approfondimenti artistici e culturali sulla civiltà romano-piemontese. Un’ opera redatta da un ricercatore che, oltre  partecipare a numerosi scavi in Giordania e Albania, è anche  autore di numerosi testi di divulgazione scientifica e archeologica. Caranzano, inoltre, ha collaborato allo studio e alla divulgazione dei siti archeologici di Chiomonte e di Viverone.

    SANDRO CARANZANO

    PIEMONTE ROMANO

    EDIZIONI DEL CAPRICORNO

    14 euro

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  • QUEI DUBBI SU STELLANTIS E MIRAFIORI

    22 febbraio 2024 • COSE NOSTRE • 1318

    MIRAFIORI

    Da qualche anno cambio strada, cerco di non passare più accanto all’enorme isolato di quella che fu la Fiat Mirafiori. Mi mette troppa tristezza. Chilometri di stabilimenti abbandonati, ruggine, sporcizia, degrado, senso di abbandono per quello che fu uno dei complessi industriali più all’avanguardia d’Europa.

    Negli stabilimenti di Mirafiori, in passato, arrivarono a lavorare fino a 60mila dipendenti per produrre un milione di automobili (record del 1966). Lo scorso anno sono state prodotte meno di 100mila autovetture e i lavoratori sono poche migliaia e di questi circa 2300 sono in cassa integrazione a rotazione per 7 settimane: ovviamente a carico dello Stato Italiano mentre le tasse la Fiat le paga all’ estero.

    Il segno di un abbandono che sa di definito. Era prevedibile? Certo che sì. Dal matrimonio con Chrysler fino alla fusione con i francesi e la nascita di Stellantis, tutti i programmi, gli investimenti sono stati sempre in perdita per il ramo d’azienda italiano. Fiat, Alfa, Lancia e Maserati, per intenderci. Gli ultimi sviluppi e le parole dell’amministratore delegato Tavares (che errore lasciare questo ruolo decisionale e decisivo nelle mani della parte francese di Stellantis!) lasciano poche speranze. La produzione di vetture sarà sempre meno in Italia e quasi nulla a Mirafiori di Torino.

    Quello che era il cuore della produzione di auto in Italia è destinato a diventare il luogo dove le macchine, usate e fine vita, verranno smontate per recuperare pezzi di ricambio. Che tristezza!

    A costruire auto si va nei Paesi dove i costi di produzione sono inferiori, qualche anno fa nell’Est Europa, adesso nel Nord Africa, Marocco e Algeria. Ma Torino e il Piemonte non sono solo Mirafiori. Quella capacità dio lavorare per l’auto – il cosiddetto know how – dell’indotto che fine farà.

    Mamma Fiat non c’è più. Se ne sono accorti quasi tutti, tranne la politica e i grandi giornali. Ma quelli sono ancora in mano loro.

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  • ALLEVAPERTO, LA BONTA’ DEI SUINI NERI DELLE ALPI

    17 febbraio 2024 • CINQUE SENSI • 2935

    suinineri

    Animali adatti a vivere allo stato brado: alti e non troppo allungati nel corpo, con buoni arti e capaci di spostarsi su lunghi percorsi. Hanno la cotenna nera, talvolta rossiccia, o anche rossa maculata in nero. Sono i Suini Neri delle Alpi. A Castelnuovo don Bosco, a cavallo fra le province di Asti e di Torino, c’è un allevamento denominato opportunamente Allevaperto. “Abbiamo 150 suini neri – dice Federico Crepaldi, insieme al fratello titolare dell’ azienda – animali frugali che trasformano molto bene gli alimenti, hanno un accrescimento lento e questo va a beneficio della loro carne. Bestie rustiche che si adattano a vivere sempre all’ aperto con il loro strato di grasso che poi ritroviamo nelle carni, nei salumi, nei prosciutti e nel lardo. Anche perchè non usiamo alcun tipo di antibiotico”.

    Nel laboratorio che si trova nel centro di Castelnuovo don Bosco scopriamo com’è la carne del Suino Nero delle Alpi.  Rispetto al maiale convenzionale, c’è molta più marezzatura interna, cioè il grasso buono, che va a insediarsi proprio dentro la carne: così le braciole sono molto più morbide e hanno più sapore; il lardo è molto più alto rispetto a quello convenzionale con il 70 per cento di acidi buoni, quelli insaturi. E conseguentemente anche i prosciutti hanno parecchi filoni di grasso con un gusto e un sapore davvero unici.

    Allevaperto vorrebbe allargare la propria attività anche in collaborazione con altre aziende del Chierese e offrire al consumatore, oltre ai suini, anche bovini, ovini e avicoli, sempre allevati all’ aria aperto.

    Inoltre i fratelli Crepaldi raccolgono zebre, cammelli, giraffe, dromedari, alpaca, emù, struzzi, pappagalli e tanti altri esemplari. Il sogno infatti è quello di diventare una fattoria didattica dove i bambini possano incontrare gli animali che vivono liberi, all’ aperto. Proprio nella filosofia di Allevaperto.

     

     

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  • GIROVAGANDO: RIAPERTO MUSEO SCIENZE NATURALI A TORINO

    16 febbraio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 3659

    museo-scienze-naturali-torino-riapertura

    Ha riaperto i battenti dopo 10 anni di lavori il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino chiuso dal 2013 a causa dello scoppio di una bombola che danneggiò gravemente la struttura di via Giolitti 36.

    Il museo, di proprietà della Regione Piemonte, è visitabile già da inizio gennaio con  la riapertura delle sale al pianterreno dedicate allo Spettacolo della Natura. Nel piano seminterrato ci sono tre nuove esposizioni permanenti: una dedicata ai minerali, la seconda al Lupo e la terza alle specie animali estinte.

    Con la ristrutturazione è stata prevista anche l’apertura di una nuova sala conferenze allo stesso piano delle tre nuove mostre permanenti. Il programma dei lavori di restauro prevede poi l’ultimazione dei lavori per i locali dell’”Arca” e del Museo Storico di Geologia.Ci sta

    Ci starebbe bene la colonna sonora del film Jurassic Park. In effetti, nel centro di Torino, entrando nel nuovo allestimento del Museo di Sciente Naturali, sembra davvero di visitare il mondo giurassico.  Questa esposizione rimasta chiusa per una decina d’ anni a causa di un incendio, oggi dopo un restyling moderno e accattivante torna a richiamare tantissimi curiosi attratti dal migliaio di pezzi esposti frutto di donazioni nel passato alla Casa Reale dei Savoia

    Le Sezioni del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino sono Botanica, Entomologia, Mineralogia-Geologia-Petrografia, Paleontologia e Zoologia, alle quali afferiscono ingenti  costituitesi nel corso di oltre 250 anni.

    Questo è solo un assaggio. Con la visita al Museo delle Scienze Naturali di Torino si ripercorre la storia e si torna indietro di 3 milioni di anni, ci si meraviglia davanti a reperti mastodontici e ci si stupisce per le piccole cose ammirando migliaia d di insetti e invertebrati. Ci si perde davanti alle infinite forme e sfumature delle meraviglie naturali.

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  • DEI CONTADINI RICORDIAMOCI NELLE URNE

    15 febbraio 2024 • COSE NOSTRE • 1636

    TRATTORI

    Alcuni nostri europarlamentare (non faccio nomi per pietà di causa) mi hanno confessato, in passato, di quanto si sentissero inadeguati quando si recavano a Bruxelles o a Strasburgo, di fronte ai colleghi di Germania, Olanda, Danimarca e altri paesi soprattutto del Nord Europa. “Quelli hanno una padronanza di inglese, francese e tedesco mentre io mi devo sempre appoggiare a traduttori e segreterie varie” mi confidava un nostro parlamentare europeo.

    “Sono preparatissimi: arrivano con cartelle piene di dati e sanno tutto sulle quote latte, sui fondi comunitari, su quelli già spesi, quelli da spendere e quelli avanzati…” ammetteva un altro.

    Noi invece eleggiamo europarlamentari che brillano per le loro assenze. Non voglio generalizzare. Ma alcuni volti noti della politica italiana, li vedi a Strasburgo o a Bruxelles in occasione di riunioni plenarie o di appuntamenti di grande richiamo mediatico. Nelle varie commissioni dove si lavora veramente, si prendono le decisioni, si portano a casa fior di finanziamenti o leggi ad hoc? Zero presenze.

    Sono considerazioni che mi sono tornate in mente in questi giorni, in cui è di nuovo in prima pagina la questione-agricoltura, con i trattori scesi in piazza su e giù per l’Italia, ma anche in altri paesi europei.

    Milioni di contadini manifestano contro alcune decisioni comunitarie che – pure a un incompetente come me – paiono davvero assurde: abolizione dei dazi doganali, obbligo di mantenere incolto il 4 per cento dei terreni coltivabili per salvare l’ambiente, ecc…

    Non entro nel merito di tali questioni, ma mi chiedo: chi le ha varate? Chi ha predisposto questi regolamenti? Gli europarlamentari, cioè coloro che ogni paese ha eletto e mandato a Strasburgo.

    Ricordiamocene tra meno di 4 mesi, quando saremo chiamati a eleggere i nostri rappresentanti nelle sedi comunitarie.

    In mezzo alla pletora di candidati scegliamo persone preparate, competenti, capaci, oneste. E non nomi di facciata o pifferai magici, a qualsiasi parte politica appartengano.

    Altrimenti sarà troppo tardi e non servirà a nulla piangere sul latte versato o bloccare le strade con i nostri trattori.

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  • CATERINA, LA REGINA DEL FRITTO MISTO E DEI BOLLITI

    10 febbraio 2024 • CINQUE SENSI • 18082

    Caterina Il Centro

    La signora Caterina da oltre 40 anni è dietro ai fornelli del ristorante “Il Centro” di Piscina, sulla strada che da Torino porta a Pinerolo. Questo locale è il tempio del fritto misto e dei bolliti alla piemontese. Il segreto sta nell’ abilità culinaria di Caterina, certamente, ma anche nel fatto che qui la carne non è solo buona, è ottima.

    Il marito Francesco infatti ha u lon allevamento di circa 600 bovini di razza piemontese e quindi la carne è a chilometri zero, se non addirittura meno di 0. Se volete una controprova non vi resta che assaggiare l’ insalata di carne cruda o l’ albese. Si sciolgono in bocca.

    “Il centro” di Piscina è la classica trattoria piemontese, lo si capisce subito dal menù: oltre appunto ai bolliti e al fritto misto “da favola” potrete deliziare il vostro palato con una serie incredibile di flan di verdure, il vitello tonnato, gli agnolotti del plin e per concludere una charlotte creole da impazzire.

    270 i coperti per cene famigliari e anche di gruppo. Caterina e i suoi collaboratori sono riusciti a mettere d’ accordo anche il tifo calcistico: questo ristorante è, infatti, uno dei ritrovi abituali dei Juventus Club e dei Toro club della zona. Lei, Caterina, dice: “quando il Toro perde sto davvero male”, il figlio Corrado invece era un vero tifoso bianconero.

    Buona la lista dei vini con preferenza per quelli della Langhe e state pur certi che spendendo 30-35 euro avrete fatto un buon investimento perché se andate a pranzo, salterete certamente la cena. Le porzioni infatti sono tutt’ altro che da nouvelle cousine.

     

    Ristorante Il Centro

    Via Umberto 1°, 50

    10 060 Piscina (Torino)

    Tel.   0121 57440

    Aperto tutti i giorni a pranzo, venerdì sabato e domenica anche a cena

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  • SCAFFALE: I PROMESSI SPOSI CHE NON HAI MAI LETTO

    9 febbraio 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1665

    promessisposi

    Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte. (Alessandro Manzoni)

    Quel ramo del Lago di Como, rivolto a mezzogiorno, tra due catene ininterrotte di monti, fatto di promontori e insenature a seconda che i monti si sporgano o rientrino, quasi d’ improvviso si restringe prendendo forma di fiume che scorre tra un promontorio a destra e un’ ampia insenatura dall’ altra parte. (Silvio Pautasso)

    Basterebbe questo incipit per comprendere il lavoro svolto da Silvio Pautasso (fumettista cuneese, sue le illustrazioni al libro La Gabbianella e il Gatto) che si è “permesso” di riscrivere I Promessi Sposi del Manzoni. Per tutti coloro – come il sottoscritto – convinti che il romanzo del Manzoni sia un’ opera meravigliosa ma di non facile lettura: con questa riscrittura è impossibile non amarla. Dopo averla “odiata” sui banchi di scuola, più di una volta, da adulto, ho tentato la rilettura: sempre invano. Con il lavoro di Pautasso ho riscoperto e riamato Renzo e Lucia, fra Cristoforo, Agnese, Perpetua, don Abbondio… e compagnia andando.

    Più d’ uno potrà storcere il naso, ma resto convinto che tutti dovrebbero poter approcciare il capolavoro manzoniano, rileggerlo dopo averlo chiuso, anni fa, in un cassetto perchè “una palla”. Ma questa riscrittura è utile anche per coloro che stanno avvicinandosi alla nostra lingua, alla nostra storia e alla nostra letteratura, immigrati o figli di immigrati.

    Prendetela come una traduzione dall’ Italiano dell’ Ottocento, anche se Pautasso preferisce chiamarla una riscrittura. Ma non perdete l’ occasione per scoprire o riscoprire e riamare I Promessi Sposi, romanzo di Alessandro Manzoni riscritto in italiano qualunque, da un italiano qualunque, per qualunque italiano.

    SILVIO PAUTASSO

    I PROMESSI SPOSI CHE NON HAI MAI LETTO

    www.promessisposi-riscrittura.it

    27 euro

     

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  • I nocciolini di Chivasso creano dipendenza

    9 febbraio 2024 • CINQUE SENSI • 9675

    NoccioliniChivasso4-800

    I Nocciolini di Chivasso dovrebbero essere compresi nell’elenco delle sostanze che creano dipendenza. Se qualcuno riesce a mangiarne solo una manciata e a richiudere diligentemente il pacchetto, si faccia vivo, perché è un’impresa eroica!

    Questi minuscoli dolcetti sono diventati il simbolo di Chivasso; venduti in tutte le pasticcerie della cittadina, vantano addirittura una festa istituita in loro onore, nel mese di giugno, in cui vengono celebrati e consumati in grandi quantità.

    La loro storia incomincia attorno al 1850, nati da un’idea del maestro pasticciere Giovanni Podio, furono diffusi dal genero Ernesto Nazzaro che li portò all’Esposizione Universale di Roma del 1888, ma anche a quella di Parigi nel 1900 e a quella di Torino del 1911. Nel 1904 i Nocciolini furono brevettati assieme al loro marchio di fabbrica e, sia Vittorio Emanuele III che il Duca d’Aosta, nominarono l’intraprendente produttore Fornitore delle Real Casa .

    Noisette, questo è il primo nome dei Nocciolini, di chiara derivazione francese, significa nocciole. Ma negli Anni Trenta le direttive del regime fascista imposero l’eliminazione dei termini stranieri e le Noisette diventarono Nocciolini.

    Grossi come l’unghia di un mignolo e a forma di mezza cupola, i Nocciolini sono composti da soli tre ingredienti: nocciole Piemonte (ovviamente la migliore è la Tonda gentile delle Langhe) sgusciate e tostate al punto giusto, zucchero e albume d’uovo.  Si abbinano in modo squisito con la crema di zabaione, tanto che a Chivasso esiste la Confraternita del Sambajon e djj Nocciolini che si occupa di valorizzare e diffondere queste delizie che appartengono, oramai da secoli, al patrimonio gastronomico locale.

    Oggi alcune pasticcerie del centro di Chivasso producono ancora i Nocciolini  seguendo la ricetta del maestro Giovanni Podio,  sono quasi sempre confezionati in appositi sacchetti di carta rosa che ne preservano l’aroma e la fragranza. Tra queste, da segnalare, la storica Pasticceria B0nfante, che si appresta a festeggiare i 100 anni di vita.

    E ora la ricetta, inutile dire che la lavorazione richiede una pazienza infinita, se quindi non avete tempo o voglia, recatevi a Chivasso , accomodatevi in una delle sue belle pasticcerie, gustateli e portateli a casa.

    Ingredienti:

    200 gr. di zucchero semolato, 100gr. di nocciole piemontesi tostate, 2 albumi freschissimi.

    Tritate le nocciole e lo zucchero in un mixer fino ad ottenere una polvere finissima. Mettete gli albumi in una casseruola e incorporate, poco alla volta e a fuoco dolcissimo, la polvere di zucchero e nocciole, mescolate con cura fino ad ottenere un impasto omogeneo.

    Lasciate raffreddare l’impasto in frigorifero per un paio d’ore.

    Quando l’impasto sarà ben raffreddato, accendete il forno e portatelo a 180°, foderate quindi una placca con la carta da forno.

    Inserite il composto in una sacca da pasticceria con bocchetta liscia e piccola e depositate delle piccole gocce di 4/5 mm sulla carta, mi raccomando, distanziatele con cura perché in cottura tenderanno ad aumentare il loro volume.

    Infornatele nel forno già caldo e cuocete per 2 minuti. Spegnete il forno e lasciate i nocciolini a terminare la cottura per altri 4/5 minuti. Non perdeteli però mai di vista e regolatevi in base al colore: devono rimanere chiari ed essendo molto piccoli tendono a bruciarsi velocemente. Sfornateli e fateli raffreddare a temperatura ambiente.

    Buon appetito!

    Patrizia Durante

     

     

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