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  • TUNNEL DEL MONTE BIANCO E PONTE SULLO STRETTO

    31 agosto 2023 • COSE NOSTRE • 1777

    CANTIERIAUTOSTRADE

    Dà sempre fastidio l’ affermazione….noi l’ avevamo detto! Ma andatevi a rileggere Il Punto  del 24 aprile scorso. Lanciavamo l’ allarme sulle chiusure del tunnel del Monte Bianco dal 4 settembre per addirittura 15 settimane, fino cioè al 18 dicembre. Ma non solo: queste chiusure si ripeteranno ogni anno fra settembre e dicembre per 17 anni. Avete capito bene: per 18 anni il tunnel del Bianco resterà chiuso in autunno per 15 settimane.

    E adesso tutti a lanciarsi in grida di allarme: come faremo? Tutto il traffico, leggero e pesante, da e per la Francia dove passerà? La gran parte delle automobili e dei Tir si riverseranno sull’ autostrada della Valle di Susa, non essendo ancora pronto il Tenda e nemmeno è confacente il transito da Ventimiglia per chi deve dirigersi verso il Nord Europa. Impensabili il Sempione o il Brennero viste le restrizioni imposte dalla Svizzera e dall’ Austria al traffico pesante.

     Ogni giorno nel tunnel del Monte Bianco passano 7-8mila fra automobili e camion, circa 200mila al mese. Ve li immaginate tutti in coda sulla tangenziale di Torino? Già intasata e con code chilometriche in molte ore del giorno…

     Ma noi siamo concentrati sul nuovo Ponte sullo Stretto. E la Tav? bah…lasciamo perdere… quell’ infrastruttura sarà pronta, forse, tra dieci anni.

     Intanto in Piemonte si resta imbottigliati per ore a respirare i gas tossici dei Tir.

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  • Gorgonzola, dalle origini ai casi di spionaggio

    26 agosto 2023 • CINQUE SENSI • 1601

    gorgonzola

    Quante invenzioni sono dovute al caso o alla fortuna? Il Gorgonzola, uno dei formaggi italiani più famosi e apprezzati al mondo, è una di queste.

    La tradizione più accreditata circa la sua nascita racconta che un casaro sbadato, arrivato a Gorgonzola (Milano), dimenticò un contenitore con latte cagliato. In una sosta successiva nello stesso paese, essendo sprovvisto degli attrezzi per fare il formaggio, aggiunse una seconda cagliata a quella precedente. In un terzo tempo mise le cagliate nelle forme e, dopo alcuni giorni, si accorse di aver ottenuto un nuovo formaggio con evidenti striature verdi, dal profumo intenso ma molto appetitoso. Era nato il più famoso erborinato d’Italia. Altri sostengono che il Gorgonzola sia nato sì per caso, ma per merito delle grotte naturali della Valsassina che hanno una temperatura ideale, compresa tra i 12 e i 16 gradi, che favorisce l’insorgenza e la maturazione delle muffe e il perfetto grado di maturazione.

    Comunque sia, il Gorgonzola è il nome riservato al formaggio giunto a maturazione, il Panerone è lo stesso tipo di formaggio ma tagliato e consumato fresco. E’ il grado di stagionatura che determina il sapore più o meno intenso del Gorgonzola. Cinquanta giorni di cure e riposo è il periodo minimo per ottenere un formaggio dolce e cremoso, sessanta per un gusto più inteso, ottanta giorni e oltre per un aroma deciso.

    Il marchio Dop è concesso al Gorgonzola prodotto nelle province di Bergamo, Biella, Brescia, Como, Cremona, Cuneo, Lecco, Milano Monza, Novara, Pavia, Varese, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli e altri 31 Comuni della provincia di Alessandria. Il Gorgonzola è ormai noto n tutto il mondo ed è oggi uno dei formaggi più esportati. Lo scorso anno sono state prodotte oltre 4 milioni di forme, delle quali il 31% esportate, per un giro d’affari di 550 milioni di euro. Secondo i dati della Coldirtetti, nei primi sei mesi del 2014, le esportazioni sono cresciute dell’8%.

    Tra i tanti apprezzamenti, persino letterari, e tra i moltissimi episodi e ricordi che hanno come protagonista il Gorgonzola, significativa è la storia tratta da un libro di Umberto Eco dal titolo: Perché agli italiani piace parlare del cibo. Racconta della sfortunata vicenda di Andrea Bertazzoni, un socialista rifugiatosi in URSS per sfuggire a una condanna subita in Italia. Andrea Bertazzoni aveva un solo e nobile intento, dare un significativo contributo all’edificazione socialista. Fondò quindi un caseificio a Rostov e incominciò a produrre forme di Gorgonzola. L’insolito e sconosciuto formaggio suscitò però la curiosità e il sospetto di uno dei capi della polizia segreta sovietica che fece arrestare Bertazzoni. I giornali titolarono: <Sabotaggio social-fascista. Agenti trockisti avvelenano il formaggio>. Intervenne quindi il commissario del popolo all’industria alimentare che inviò un esperto in tecnologia casearia il quale appurò la regolarità della produzione. Troppo tardi. L’allarme sabotaggio rientrò, ma non fu possibile intervenire per salvare lo sfortunato casaro italiano, infatti Bertazzoni era già stato spedito in Uzbekistan a <espiare i suoi errori con un piccone in mano, contribuendo alla costruzione del canale di Fergana, e a dormire nei caravanserragli, sulla dura terra dei musulmani sunniti>.

    Patrizia Durante

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  • SCAFFALE: GIALLO PROFUMO DI LIMONI DI BERNARDI

    25 agosto 2023 • LUOGHI E LIBRI • 1873

    GIALLO

    Ho avuto il piacere di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con Marco P.L. Bernardi allo stand dei F.lli Frilli durante l’ultimo salone del libro di Torino. Carlo Frilli mi ha parlato di questo giovane autore (romanzo d’esordio nel 2019) con toni lusinghieri e mi ha messo tra le mani il suo ultimo libro “Giallo profumo di limoni – L’avvocato Alfieri in un nuovo caso tra Torino e Sanremo” invitandomi a leggerlo.

    Devo ammetterlo, è stata una bella sorpresa. Bernardi è quella che si dice “una bella penna” attento e scrupoloso nella scrittura, fa pensare a uno scrittore d’altri tempi. Mai una parola fuori posto e soprattutto una linearità di pensiero e di trama non così comune. Il suo libro scorre come acqua fresca, e pur non mancando di intrecci e colpi di scena, tipici del Giallo, è rilassante.

    Ennio Alfieri, avvocato torinese e tifoso del Torino, con la passione per l’investigazione è un personaggio interessante e ben delineato. La vicenda si svolge nel 1973 e parte da una lettera anonima ricevuta da Alfieri, la sola vista di quella lettera riporta alla luce un fantasma sempre presente nella vita dell’avvocato, fin dalla sua adolescenza. Adolescenza vissuta a Torino, come il resto della sua esistenza, in un periodo preciso della storia del nostro Paese, quello della dittatura fascista. Un periodo che ha scavato solchi e irrimediabili divisioni nell’anima delle generazioni che l’hanno vissuta.

    È inizio primavera e la lettera anonima, assieme alla dipartita di un caro amico, costringe l’avvocato Alfieri a recarsi a Sanremo, la città dei fiori è già accarezzata dal sole e mette in mostra il meglio di sé per accogliere turisti e amanti della canzone italiana in occasione del suo Festival che è imminente.

    Proprio il clima festoso genera un contrasto netto da quanto vive l’animo dell’avvocato, immerso in un caso mai approfondito e risolto, archiviato anzi con grande fretta, riguardante un probabile serial killer e un misterioso delitto. Importanti saranno le tracce seminate come piccole molliche da un vecchio carabiniere in pensione e l’aiuto di don Mario, inseparabile amico fin dai tempi del liceo.

    Un amore giovanile straziante, l’ombra e la violenza della dittatura, la nostalgia per una giovinezza troncata e non vissuta a pieno, aleggiano sull’intero romanzo, che approfondisce in modo impeccabile, stati d’animo e dolori mai sopiti.

    La soluzione del caso non è scontata e neppure a portata di mano, Alfieri dovrà scontrarsi con una realtà imprevista e imprevedibile che metterà la parola fine a un sogno coltivato e coccolato e mai accantonato. La fine dell’illusione lo renderà però libero di godersi finalmente un presente reale e mai apprezzato fino in fondo. Perché i fantasmi sono più ingombranti delle persone in carne e ossa.

    Un doveroso grazie a Carlo Frilli per avermi dato l’opportunità di conoscere questo autore e il suo libro

    Patrizia Durante

    Giallo profumo di limoni – L’avvocato Alfieri in un nuovo caso tra Torino e Sanremo

    Marco P.L. Bernardi

    Fratelli Frilli Editori

    16,90 euro

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  • DOVE SONO FINITI I CARTELLI “CHIUSO PER FERIE”?

    24 agosto 2023 • COSE NOSTRE • 3260

    cartello-chiuso-per-ferie

    Il mese di agosto da sempre era quello delle lunghe vacanze e del grande esodo dal Nord. Fabbriche ferme, treni speciali per i lavoratori in viaggio verso Sud per le lunghe villeggiature, città  chiuse per ferie. Oggigiorno, ma la tendenza è iniziata già da qualche anno, non è più così.

    Girando per le città, quand’ero ragazzo, incontravo solo lunghe teorie di cartelli appiccicati sulle saracinesche dei negozi con la scritta “chiuso per ferie”.

    Ora, è rarissimo trovarne qualcuno.

    Sarebbe contento Sergio Marchionne, sorpreso dall’usanza italiana delle ferie uguali per tutti nel mese di agosto: “Nel 2004 la Fiat perdeva 5 milioni di euro al giorno. Stavo girando per il mondo, arrivo in Italia, vado in ufficio e non c’è nessuno. Ho chiesto: ‘La gente dov’è?’ ‘Sono in ferie’, mi risposero. Ma in ferie da cosa?” raccontò il compianto manager in un famoso discorso diventato virale.

    Ho ancora negli occhi le immagini di una famiglia che abitava nel mio stesso condominio. La sera prima dell’ultimo giorno di lavoro a Mirafiori, caricavano la 600 all’inverosimile di borse e valigie, per poter partire subito – finito il turno alla catena di montaggio – alla volta del paese d’origine nel Sud, per le 4 canoniche settimane di vacanza.

    Nel giorno di Ferragosto del 2000 non trovai un bar aperto per mangiare un toast a pranzo.

    Oggi le città sono piene, anche in questa settimana di Ferragosto. Pure i parcheggi in centro sono affollati di auto e non deserti come negli Anni Settanta, Ottanta e fino a una decennio fa.

    Segno che abbiamo cambiato abitudini di vacanza? Mancano i soldi per godersi lunghi giorni di meritato riposo? Forse entrambe le motivazioni.

    In ogni caso devo dire che non vivere più in una città deserta, ma poter godere di negozi e ristoranti aperti, non è poi malaccio.

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  • QUELLE TRUFFE, COSI’ ODIOSE

    17 agosto 2023 • COSE NOSTRE • 1588

    TRUFFEANZIANI

    “Mamma ti mando questa mail perché tu vada in banca a pagare la bolletta dell’ ufficio: usa questo Iban, io non posso perché mi si è rotto il cellulare. Vai tu. Grazie”. E’ successo ad una mia amica: l’anziana madre ha fatto il bonifico. E via, un migliaio di euro spariti nel nulla.

    “Nonna, sono Tommaso, ho avuto un incidente, ma sto benissimo, ho bisogno di soldi per il carro-attrezzi, passa un mio amico, dagli tutto quanto hai in casa”. “Nonno, papà è stato fermato dalla Polizia. Bisogna versare una cauzione per farlo uscire”. “Se le piace questo appartamento per le vacanze occorre bloccarlo subito con un caparra di 900 euro da versare su questa carta ricaricabile”. Peccato che l’alloggio non esistesse. Un sacchetto della spesa rubato alla cassa del supermercato mentre il cliente, dopo aver pagato il conto,  era concentrato nel riporre il portafogli nella tasca della giacca.

    Sono soltanto alcuni degli esempi che mi sono stati raccontati, nelle ultime settimane, di truffe ai danni di persone anziane, e non.  A volte sono state sventate all’ ultimo (le parole cauzione o carta ricaricabile hanno fatto drizzare le orecchie ai malcapitati), ma purtroppo il colpo fallito è un caso isolato. Perlopiù la truffa ha successo perché coglie impreparate le vittime e le colpisce nel lato più debole, problemi ai figli o ai nipotini.

    Non è soltanto l’ aspetto economico, sebbene, per chi vive con mille euro di pensione al mese, la truffa di qualche centinaio di euro diventa davvero pesante. A ferire le vittime è quel senso di inadeguatezza, quella vulnerabilità che emerge in maniera drammatica, quel sentirsi vecchi e indifesi…  Alcune delle vittime hanno rinunciato alle vacanze, si sono chiuse in casa, hanno vissuto settimane di profonda crisi, non volevano più incontrare nessuno per paura di cadere nuovamente in qualche trappola.

    L’altro aspetto odioso della vicenda è che le forze dell’ ordine davanti alla segnalazione dei malcapitati spesso… allargano le braccia. Quasi inutile la denuncia, si va incontro solo a lunghe e noiose trafile burocratiche che minano la psiche delle vittime (testimonianze o interrogatori, verbali, attese, ecc.). Inoltre, il più delle volte, le denunce non giungono ad alcun risultato.

    Però se mi capitano sottomano quei truffatori che profittano degli anziani e dei deboli…..

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  • MENÙ DA GOURMET NEI RIFUGI PIEMONTESI

    12 agosto 2023 • CINQUE SENSI • 6693

    montagna estate

    Polenta concia superba, pane caldo preparato da Beppe nel forno a legna tutte le mattine, salame di capra. Sono le ghiottonerie che vi offre il Rifugio Salvin a 1580 metri di altitudine nelle Valli di Lanzo. Si può arrivare fino al rifugio direttamente in macchina da Monastero di Lanzo, oppure a piedi con un’ agevole passeggiata di un’ oretta dalla frazione Menulla. Al Salvin si organizzano anche settimane di studio per ragazzi. Giornate in montagna a imparare l’ inglese. Insomma un’ oasi di pace e ghiottonerie.

    Ma ora spostiamoci in Val di Susa.

    Il Rifugio Fontana del Thures è sicuramente il più facile da raggiungere: da Cesana Torinese, giunti a Bousson, seguire le indicazioni per Thures, vi aspettano 2 Km di strada asfaltata, percorribili anche in automobile.

    Anche il Rifugio Levi Molinari, non presenta grosse difficoltà: dalla S.S.24 dopo il comune di Salbertrand, proseguire lungo i tornanti. Al termine della salita, svoltare a sinistra in direzione Eclause-Grange Della Valle. Dal bivio alle Grange Della Valle, si snodano 8 Km di strada di montagna asfaltata, mentre dalle Grange della Valle al Rifugio Levi Molinari, ci sono 10 minuti di tranquilla passeggiata.

    Il rifugio Daniele Arlaud è poco più impegnativo, è vero che occorre circa un’ora e un quarto di camminata, ma la strada è dolce e le poche salite non sono troppo impegnative: da Sauze D’Oulx seguire le indicazioni per Monfol, parcheggiare la vettura e entrate nel magnifico Parco del Gran Bosco di Salbertrand in direzione Rifugio Arlaud – Montagne Seu. Chi è più allenato può seguire il sentiero che parte da Salbertrand, in questo caso, il tempo medio di percorrenza sarà di un paio d’ore con un dislivello di 700 metri.

    Gradevole, panoramica e facile è anche la strada che porta al Rifugio La Chardouse in Borgata Vazon: da Oulx seguire le indicazioni per Cotolivier, dopo 3 km superare la frazione Pierremenaud e svoltare a destra in direzione Vazon, continuate quindi per altri 3 Km fino al parcheggio riservato. La passeggiata incomincia qui, sul sentiero balcone, in direzione Madonnina del Cotolivier, il tempo medio di percorrenza è di circa un’ora e mezza con un dislivello di 550 metri.

    Il percorso più impegnativo, fra quelli proposti, è quello per raggiungere la Capanna Mautino in Località Lago Nero, Bousson di Cesana: si arriva al rifugio tramite la strada sterrata che parte da Bousson, percorrendo circa 7 Km con un dislivello di 600 metri o, in modo più semplice, da Sagnalonga camminando per circa 4,5 Km con 200 metri di dislivello.

    Al vostro arrivo, a parte la soddisfazione di avercela fatta e gli splendidi panorami in cui vi troverete immersi, potrete sedervi per il pranzo e gustare ottimi affettati, diversi tipi di formaggi locali, acciughe con bagnetto verde e le immancabili e speciali polente. Ottime le conce, condite con burro e toma o toma e verza, ma anche fantastiche quelle accompagnate da salsiccia e spezzatino in umido. Per finire, potrete gustare ottimi dolci a cucchiaio o deliziose crostate di frutta. Il tutto può essere accompagnato da un buon bicchiere di vino tanto, la passeggiata di ritorno, aiuterà a smaltire. Con pochi euro, potrete quindi trascorrere una giornata diversa, lontani dal caos, dallo stress e dal caldo della città, e far godere, anche i vostri bambini, di allegre corse e giochi nei prati.

    Rifugio Salvin: 0123.27205 –

    Rifugio Fontana di Thures 0122. 845156

    Rifugio Levi Molinari 0122. 58241

    Rifugio Daniele Arlaud 335.401624

    Rifugio La Charddouse 339.6085107

    Capanna Mautino 347.3654510

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  • SCAFFALE: COSA C’E’ DI LA’ DI ENZO BIANCHI

    11 agosto 2023 • LUOGHI E LIBRI • 1776

    bianchi

    E’ la domanda che qualsiasi uomo e donna, sulla Terra, si è posto. Dall’inizio dei tempi. E che si porrà sempre. “Cosa c’è di là” è il titolo dell’ultimo libro di padre Enzo Bianchi: ma non ci troviamo di fronte a una riflessione sulla morte, bensì –  come recita il sottotitolo – a un inno alla vita.

    Quante domande sull’Aldilà ci poniamo ancora oggi, in un’epoca dove la morte sembra esorcizzata, quel vocabolo facciamo sempre più fatica a pronunciarlo. Eppure il fondatore della Comunità monastica di Bose cerca e trova risposte nella quotidianità, nel vivere. “Ormai vecchio mi accorgo, guardando al mio passato, che il cammino dell’imparare a morire è stato il cammino dell’imparare a vivere” scrive l’ anziano autore. E nelle 150 pagine del volumetto incontriamo riflessioni sul suicidio, sulla cremazione, sul Paradiso e sull’Inferno, sulla sofferenza e sulle cure palliative… ma non si cerchi una risposta al quesito del titolo del libro (che peraltro non contiene il punto interrogativo) perché nessuno può darla. Nessun è mai tornato indietro per dirci cosa c’è di là.

    Da uomo di fede Enzo Bianchi apre tanti spunti religiosi, ma questo non è un volume dogmatico o di catechismo, è piuttosto un inno alla vita e all’amore perché solo l’amore regala l’eternità alla nostra vita terrena

     

    ENZO BIANCHI

    COSA C’E’ DI LA’

    IL MULINO EDITORE

    15 euro

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  • IN PIEMONTE ADDIO AI PICCOLI ALBERGHETTI

    10 agosto 2023 • COSE NOSTRE • 1554

    ALBERGHETTO. JPG

    In dieci anni in Piemonte sono spariti due terzi degli alberghi a una o due stelle, passando da 550 a circa 400. E anche quelli a tre stelle sono diminuiti, il 6% di questi esercizi di semi lusso ha chiuso i battenti.

    Nel frattempo si è assistito a un boom degli affitti turistici brevi, un fenomeno impetuoso e non regolamentato, che sta mettendo in ginocchio soprattutto alberghi e pensioni a gestione famigliare, che un tempo rappresentavano un punto di forza del sistema ricettivo piemontese ma che ora faticano a restare in piedi. Il forte prelievo fiscale, i tanti obblighi burocratici, sanitari, di servizi, di sicurezza e di accoglienza rendono quasi impossibile gestire quei piccoli hotel, quelle pensioncine dove ti trovavi quasi come a casa.

    Se qualche settimana fa – proprio su queste colonne –  parlavamo di crescita turistica di Torino e del Piemonte (bene, ma non benissimo… dicevamo) questi dati dimostrano che solo una parte dei numeri in aumento è stata intercettata dal sistema alberghiero, mentre la fetta più significativa è finita nel canale degli affitti brevi.

    L’arte di arrangiarsi, alla piemontese. Di fronte alla crisi, alla perdita di posti di lavoro, molte famiglie si sono riciclate, sistemando la seconda casa, oppure rinnovando quelle due stanze lasciate libere dai nonni o dai figli, e si sono improvvisati albergatori, alla buona. Può anche andar bene, ma non è la soluzione per sostenere la crescita del turismo. Il successo della ricettività negli anni 70-80 delle località della Riviera Romagnola è stato possibile grazie alla straordinaria offerta degli alberghetti, che attiravano i turisti con la mezza pensione a prezzi davvero convenienti.

    Oggi i turisti che arrivano nelle nostre città, in montagna, ai laghi o sulle colline, vanno in grandi hotel o cercano una sistemazione casalinga tramite internet. Poi magari l’accoglienza e l’ospitalità non sono all’ altezza e rimangono delusi. Non ci si improvvisa albergatori dall’ oggi al domani. Salviamo i piccoli alberghetti famigliari per dare un futuro e solide prospettive al turismo del nostro Piemonte.

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  • Salsiccia di Bra, un’ eccellenza fra storia e tradizioni

    5 agosto 2023 • CINQUE SENSI • 15036

    Salsiccia_di_bra

    Se la salsiccia si fregia di essere il più antico insaccato d’ Italia, quella di Bra, in provincia di Cuneo, vanta un altro primato: è l’ unica prodotta con carne di vitello.

    Un blasone confermato dalla Regia Concessione del 1847.

    In quegli anni la legge proibiva la vendita salsicce prodotte con carni bovine in tutti gli stati del Regno Sardo-Piemontese, anche se la richiesta era forte specie da parte di tutte le comunità ebraiche, assai numerose e sparse sul territorio: per motivi religiosi gli ebrei non potevano consumare carne di maiale.

    In alcune zone, ad esempio nel territorio di Casale Monferrato, il problema era stato risolto ricorrendo alla carne d’ oca.

    I macellai di Bra, che godevano di vasta clientela tra gli ebrei di Cherasco, di Alba, di Carmagnola e del Roero, presentarono un’ istanza: Carlo Alberto che aveva apprezzato la loro arte di macelleria durante i suoi soggiorni al Castello di Pollenzo, concesse una deroga e Bra divenne la capitale di una produzione qualificata, la salsiccia di vitello.

    La sua peculiarità è che può essere mangiata cruda, anche se all’ origine veniva cotta in un vino “gagliardo”. Nel corso degli anni, visto anche il ridursi della popolazione di stretta osservanza ebraica, si è cominciato a sostituire il grasso bovino con la pancetta suina.

    Oggi la Salsiccia di Bra è riconosciuta nell’ Atlante dei prodotti gastroalimentari tradizionali: è un gioiello della tavola piemontese dall’ impasto fine aromatizzato con sale, pepe bianco e spezie, insaccato esclusivamente in budello naturale.

    Un’ avvertenza: se entrate in un negozio non chiedete la Salsiccia di Bra a etti, si compra solo a spanne, a centimetri se non a metri.

    Mario Castelli

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  • GIROVAGANDO: NEIVE FRA I PIU’ BEI BORGHI D’ ITALIA

    4 agosto 2023 • LUOGHI E LIBRI • 2894

    neive

    Neive, 3mila abitanti, fra le colline del Barbaresco nelle Langhe albesi, è inserita fra i 10 borghi più belli d’ italia. Proprio di Neive è originario Dante Giacosa, l’ inventore della Topolino, antesignana della 500: ci piace immaginare che per le rotondità della storica Topolino e per la 500, Giacosa abbia tratto ispirazione proprio dalle colline di Langa.

    Dalla porta di San Rocco entriamo nel centro storico, un borgo a forma elicoidale con strade che si arrotolano su loro stesse fino alla sommità dove un tempo si trovava un castello medioevale. Oggi ancora ricca di palazzi settecenteschi, molti realizzati dall’ architetto che ha segnato un’ epoca, Alessandro Borgese.

    Ed eccoci nella piazza delle due chiese, l’ angolo di Neive più fotografato e pubblicato sui social. Una di fronte all’ altra, una cattolica, l’ altra diventata la sede della comunità ortodossa macedone di Neive, con le mura ricoperte da un’ enorme vite canadese che cambia colore ad ogni stagione

     

    Sono tanti i neivesi famosi, oltre a Giacosa: il cardiochirurgo Amilcare Dogliotti, lo scrittore Franco Piccinelli, lo storico Vincenzo Vada, il distillatore Romano Levi.

    Cantine e angoli  di Neive sono dedicati all’ arte, alla cultura con continue mostre d’ arte contemporanea.

    Bellezze paesaggistiche, angoli suggestivi, storia, cultura e arte, ma anche tanta enogastronomia con uno dei vini nobili del Piemonte, il Barbaresco.

    Cosa vuol dire essere fra i dieci borghi più belli d’ Italia?  Una grande responsabilità per tutelare queste bellezze, per valorizzarle e promuoverle. A Neive ci si immerge in una dimensione quasi fatata: si vive bene, si mangia e si beve ottimamente, si passeggia in assoluta tranquillità fra le stradine del borgo, si gode un panorama che riempie il cuore. Insomma, un’ oasi da visitare, assolutamente.

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