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  • PARTE LA STAGIONE, MA CHI PUO’ ANCORA PERMETTERSI DI SCIARE?

    19 dicembre 2024 • COSE NOSTRE • 841

    famigliasciatori,jpg

    Come da tradizione, proprio in questi giorni, parte sulle Alpi la stagione sciistica. Ma quest’anno, almeno per il Piemonte, c’è una grossa novità. Siamo la regione regina. Regina de che? Dei rincari.

    Mediamente, nella nostra regione, gli aumenti di giornalieri, sky pass annuali, tessere di vario tipo è dell’ 8,36 %. Facendo due conti, l’aumento si traduce in una stangata che sfiora il 30% in quattro stagioni – che poi sono tre anni –, come ha denunciato Assoutenti. Con punte addirittura vicine al 40% come nella Vialattea, dove il giornaliero adulto, in alta stagione, è passato via via dai 41 euro del 2021/22 fino ai 56 euro di quest’anno.

    Siamo distanti dagli 83 euro di skipass – tanto costa il giornaliero in alta stagione nel carosello delle Dolomiti Superski – e anche dai 79 euro che si devono sborsare per sciare a Campiglio, oppure i 77 euro sulle piste di Cortina o in Val Gardena. Ma in quelle stazioni sciistiche ormai sette sciatori su dieci non parlano l’italiano.

    Certo anche in Piemonte ci sono località dove sciare costa meno: per un giornaliero si sborsano 38 euro a Domobianca, 46 a Limone, 24 a San Giacomo di Roburent, 18 a Usseglio.

    Ovunque ci sono sconti – spesso anche consistenti – per gli stagionali e per gli acquisti delle tessere on-line. Ma visti i cambiamenti climatici sempre più repentini, e l’ormai cronica scarsità di precipitazioni nevose, chi può impegnare centinaia di euro in anticipo?

    In  generale, per via degli alti costi che comporta (si aggiungano i pasti, i trasporti, le attrezzature) lo sci si sta orientando sempre più verso una clientela internazionale e che può spendere parecchio. Nel lungo periodo sarà uno sport d’élite, appannaggio solo di chi se lo potrà permettere, e questo aumenterà la marginalità degli operatori turistici e del settore. Meno sciatori significa anche meno clienti per bar, ristoranti, hotel.

    Con questi chiari di luna occorre ripensare complessivamente l’offerta turistica invernale della montagna? Il dibattito è aperto

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  • SCAFFALE: BONOMI E DICK, L’ UOMO CHE INVENTO’ IL TORO

    13 dicembre 2024 • LUOGHI E LIBRI • 989

    dick

    Se qualcuno cercasse, nella lettura di questo libro, l’ ennesimo capitolo sulla storia del Toro rimarrebbe deluso, e non poco. Luigi Bonomi nel suo “Alfred Dick, l’ uomo che inventò il Toro” utilizza l’ eccentrico industriale svizzero come guida per un viaggio immaginifico nella Torino di inizio ‘900. Della squadra granata c’è poco o nulla (qualche accenno alla nascita nella famosa birreria del centro di Torino), in realtà cì è inv ece molto degli albori della Juventus e dei suoi primi successi: per il resto è la biografia fantasiosa di Dick, un sognatore nella città della Bella Epoque.

    E, così seguendo il percorso umano di Dick, ci imbattiamo in Emilio Salgari e Cesare Lombroso, in Nostradamus e Dorando Petri, in Cacherano di Bricherasio e Pablo Picasso, per non citare tutti gli altri: parto della fervida immaginazione di Bonomi che racconta come questo importante imprenditore del settore delle calzature, da primo presidente vincente della Juventus diventa il fondatore del Torino. Il calcio fa da contrappunto ad una controversa storia d’ amore dello stesso Dick con la giovane Emma. Sarà questo sofferto amore la causa del suicidio dell’ imprenditore svizzero? Oppure i suoi rovesci finanziari? E poi, si è trattato di un vero suicidio?

    Sono soltanto alcuni dei misteri che circondano la vita di Alfred Dick, ed in questa vita sconosciuta che si infila l’ autore per improbabili incontri con personaggi dell’ epoca, sportivi e industriali, scienziati e artisti, politici e perfino ultraterreni. Con il passare delle pagine entrerete sempre più in una città come Torino che pensavate di conoscere e che invece può ancora sorprendervi.

     

    LUIGI BONOMI

    ALFRED DICK, L’ UOMO CHE INVENTO’ IL TORO

    ARABAFENICE EDIZIONI

    18 euro

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  • MA QUANTO FINISCE NELLE TASCHE DEGLI AGRICOLTORI?

    12 dicembre 2024 • COSE NOSTRE • 3407

    Roma, 31 mag. (askanews) - Vola il carrello della spesa. A maggio i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,8% su base mensile e dell'1,9% su base annua (in accelerazione da +1,2% registrato ad aprile). E' la stima preliminare dell'Istat.

	I prezzi dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto salgono dello 0,8% in termini congiunturali e del 2,1% in termini tendenziali (in accelerazione da +1,4% del mese precedente).

    L’ altro giorno ho comprato, da un furgone per strada, una cassetta di arance: 5 chili per 10 euro. Il mattino dopo, facendomi la spremuta, riflettevo: con tutti i costi sostenuti per il trasporto dalla Sicilia al Piemonte,  benzina, pedaggio autostrada, compenso del guidatore, costo delle cassette (niente tasse perché non mi è stato rilasciato alcuno scontrino)…quanto è rimasto in tasca al coltivatore siciliano di quell’ euro al chilo di buonissime arance?

    Poi, osservando tra gli scaffali di un qualsiasi supermercato, ho analizzato alcuni prezzi: passata di pomodoro di gran marca  700 grammi in offerta a 0,89 centesimi, bottiglia di dolcetto 2,39 euro. Non è necessario essere un fine  economista per capire che in quel prezzo sono compresi il costo della bottiglia, dell’ etichetta, del trasporto, il guadagno del venditore, le tasse, ecc. E mi sono fatto la medesima domanda: a quell’ agricoltore o a quel viticoltore quanto sono stati pagati i pomodori o le uve?

    Quando facciamo la spesa siamo tutti alla ricerca dell’ offerta promozionale, del 3 per 2, dello sconto eccezionale e non ci domandiamo mai se quel prezzo è remunerativo del lavoro di chi ha prodotto quell’ alimento. Ma se l’ agricoltore non riesce a trarre il giusto profitto dal suo lavoro come fa ad andare avanti? E se noi ammazziamo la nostra agricoltura indirettamente uccidiamo il made in Italy, una delle ricchezze della nostra economia.

    Riflettiamo. 89 centesimi per la passata di pomodoro, 10 euro per una cassetta di arance, 2 euro per una bottiglia di vino sono la via maestra per lo sfruttamento del lavoro e per la contraffazione.  Poi non servirà a nulla piangere sul latte versato.

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  • DU’ CESARI SI FA IN TRE

    7 dicembre 2024 • CINQUE SENSI • 860

    AMATRICIANA

    Il ristorante Dù Cesari triplica!  Dopo il primo locale di corso Regina Margherita a Torino è arrivata la succursale brianzola a Lissone, e adesso lo chef Danilo Pelliccia porta la sua cucina tipica romana nel cuore del Borgo Filadelfia, ancora nel capoluogo piemontese. Insieme a tanti amici si festeggia questa nuova avventura del vulcanico amico romano e romanista.

    Si inizia con la Porchetta di Ariccia ed i carciofi fritti, si prosegue con i grandi classici: rigatoni alla carbonara, con la trippa, alla amatriciana ed i tonnarelli cacio e pepe. Per concludere la crostata di ricotta e marmellata di visciole. Ma anche coda alla vaccinara, abbacchio, puntarelle, carciofi alla giudia. Tutto innaffiato dal Cesanese oppure da tanti altri vini laziali a partire da quelli della Tognazza dell’ amico Gianmarco Tognazzi.

    Ricordate Francesca con la sua meravigliosa Osteria La Cena coi Fiocchi? Ebbene la giovane chef ha intrapreso una nuova strada, lontano dall’ Italia (Auguri a Francesca e a Santi) e al suo posto, – in via Spano 16 – adesso c’ è lui Danilo Pelliccia coi Du’ Cesari Filadelfia.
    La filosofia culinaria è sempre la medesima: ottima materia prima, cucina romanesca verace…. ma soprattutto tanta, tanta simpatia.

    Auguri a Danilo e a tutta la sua brigata in cucina e in sala. D’ altronde, come si dice…TRE E’IL NUMERO PERFETTO.

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  • GIROVAGANDO… LA CERTOSA DI MONTEBENEDETTO

    6 dicembre 2024 • LUOGHI E LIBRI • 3288

    Montebenedetto_01

    La Certosa di Montebenedetto si trova nel Comune di Villar Focchiardo in provincia di Torino, in Val di Susa, all’interno del Parco naturale Orsiera Rocciavrè. E’ facilmente raggiungibile mediante le statali 24 e 25 o l’autostrada A32 Torino/Bardonecchia.

    Il fondatore dell’Ordine certosino è Bruno di Colonia nato intorno all’anno 1030 da una famiglia benestante. Intraprese gli studi a Reims dove divenne professore di teologia. Alla morte del vescovo di Reims, un avventuriero di nome Manasse di Gournay riuscì ad ottenere il seggio vescovile: è questa l’epoca delle “investiture” e sono numerosi i prelati che pur non avendo alcuna vocazione sacerdotale approfittano dell’ingerenza dei sovrani per ottenere nomine. Bruno denunciò questo scandalo al Sinodo e rafforzò sempre di più la sua vocazione per un altro genere di vita, più appartata dal mondo, quasi eremitica

    L’Ordine certosino da lui fondato ha come regola quella di opporsi a tutto quanto di terreno e materiale distoglie l’uomo dalla ricerca di Dio; il fine dichiarato è proprio quello di “cercare Dio con più ardore nel proprio intimo. All’interno della Chiesa la loro missione è quella di offrire la preghiera attraverso una vita di solitudine e di silenzio.

    II primo insediamento dei certosini in Val di Susa è a Losa, piccola frazione di Gravere sulla strada che conduce al Pian del Frais, e all’epoca (1189-1191) sufficientemente difficile da raggiungere. I certosini comunque non vissero a lungo in tale luogo anche a causa dell’ingerenza della chiesa segusina, per cui chiesero ed ottennero di poter trasferire la loro sede nella zona di Montebenedetto, a monte di Villar Focchiardo. Il luogo scelto per la nuova Certosa è il tipico “deserto” analogo alla località in cui San Bruno fondò la prima Certosa: una conca che non si intuisce dal fondo valle, protetta dagli stretti valloni del Gravio e del rio Buggia.

    La Certosa edificata nel 1198-1200 è l’unico esempio, oltre ad alcuni ruderi in Austria (Seitz), di Certosa “primitiva” ossia Certosa che conserva ancora parti originali di costruzione medievale.

    Le Certose sono costituite da diversi edifici, ma il perno ed elemento essenziale è indubbiamente la chiesa. La chiesa certosina del periodo più antico è a navata unica, orientata secondo il consueto asse est-ovest.

    L’altro elemento tipico delle certose è rappresentato dal grande chiostro, sul quale si affacciano le celle dei monaci disposte come al lati di un quadrilatero. Le celle sono collegate tra loro e con la chiesa da un camminamento coperto. Le celle dei monaci sono piccole casette, possibilmente a piano rialzato con a piano terra la legnaia ed un piccolo laboratorio di falegnameria, una nicchia con la Statua della Madonna (per la quale i monaci nutrono una venerazione particolare) e la scala interna che conduce al piano superiore, vera abitazione del monaco. Vi si trovano il letto, un tavolino, la stufa, una libreria.  Elemento caratteristico della cella è indubbia mente il giardinetto dove il monaco può stare all’aperto ma sempre in solitudine; ai primordi dell’Ordine era indispensabile per poter coltivare qualcosa da cucinare.

    Una visita al complesso certosino di Montebenedetto rappresenta un tuffo nel passato, nell’ essenzialità delle caratteristiche costruttive della chiesa della Certosa, oggetto di due importanti interventi di ristrutturazione, compiuti dal Parco naturale Orsiera Rocciavrè, che hanno sapientemente evidenziato la sua originalità.

    Oggi l’intera Certosa con annessi terreni è di proprietà della Regione Piemonte che l’ha affidata all’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie. E’ stata realizzata una foresteria con 23 posti letto e cucina attrezzata a disposizione di gruppi, associazioni e famiglie.

    Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie

    Sede legale: Parco naturale Gran Bosco di Salbertrand

    Via Fransuà Fontan, 1 • 10050 Salbertrand (TO)

    Tel. + 39 0122 854720 • Fax +39 0122 854421

    sito: www.parchialpicozie.it

    e-mail: info.alpicozie@ruparpiemonte.it

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  • LA TORTA 900, A IVREA SENZA IMITAZIONI

    30 novembre 2024 • CINQUE SENSI • 3105

    torta900

    Si fa presto a dire 900  e a dire torta. Per realizzare questa eccellenza di pasticceria ci sono voluti circa 130 anni. Fu infatti Ottavio Bertinotti un pasticcere di Ivrea, in provincia di Torino, a crearla verso la fine del 1800 e a darle il nome simbolico di Torta 900 proprio in onore al nuovo secolo che stava per aprirsi. Nel 1972 la famiglia Balla decide di acquisire e depositare il brevetto e da allora la ricetta è segreta

     

    “Abbiamo anche depositato il brevetto Torta 900 proprio per evitare contraffazioni e imitazioni” dice Francesca, una delle eredi.

    Nel laboratorio artigiano – nel cuore di Ivrea –  nasce da più di un secolo la torta 900. Il pasticcere Stefano Balla è il maestro nella preparazione di questi due strati di pan di spagna con farcitura di crema al cioccolato, ovviamente senza svelare a nessuno i segreti gelosamente custoditi.

    Non cercatela in giro, la Torta 900 viene prodotta, venduta o consumata a fette, soltanto nella pasticceria nel cuore storico di Ivrea.

    “La facciamo solo qui, abbiamo pensato di esportarla ma avremmo perso quella genuinità e freschezza che si trova consumandola fresca, appena acquistata” spiega ancora Francesca.

    Oltre 50 torte vengono sfornate quotidianamente nei giorni di bassa affluenza, più del doppio sabato e domenica, nei festivi e ovviamente per Pasqua non può mancare la Torta 900 fatta forma di colomba, sempre con la caratteristica scritta realizzata con zucchero a velo.

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  • SCAFFALE: CLARA E GIGI PADOVANI E LA GRAMMATICA DEL CIOCCOLATO

    29 novembre 2024 • LUOGHI E LIBRI • 1195

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    Ancora un libro sul cioccolato? Ebbene sì. Anzi, un abbecedario, una vera e propria grammatica, come recita il titolo dell’ ultimo lavoro di Clara e Gigi Padovani, coppia nella vita e da vent’anni nella scrittura, tra i primi a diffondere la cultura del cioccolato in Italia. Per questo sono stati definiti “la coppia fondente”.

    Perche’, anche se siamo convinti di sapere tutto del cioccolato, in realtà sappiamo poco. E quando gustiamo una tavoletta siamo così rapiti dl suo gusto, da trascurare il lungo viaggio che questo prodotto compie da almeno cinquanta secoli. L’albero del cacao cresce soltanto nella fascia equatoriale del pianeta, eppure il cioccolato è diffuso in tutto il mondo. Come altre piante dal significato simbolico, vanta origini divine e ha assunto un ruolo insostituibile nell’alimentazione, nella cultura, nell’economia e nella vita sociale degli uomini.

    Elevato a cibo degli dei, inizialmente ha conquistato nobili e clero per poi sedurre milioni di consumatori.

    Questa particolare grammatica, nata da oltre vent’anni di esperienza degli autori tra degustazioni, visite in cioccolaterie artigianali e fabbriche dolciarie, viaggi nelle piantagioni di cacao e incontri con maestri cioccolatieri di tutto il mondo, ci racconta il cacao e il cioccolato tra scoperte, leggende, evoluzioni sociali e culturali: le varietà botaniche, i segreti gourmet, le esperienze sensoriali. Un’avventura eccitante e complessa che mostra anche ciò che è diventato oggi il cioccolato.

    Il libro presentato in una veste elegante con copertina rigida e carta patinata è anche un’ originale idea-regalo per le prossime festività. Anzichè la solita scatola di cioccolatini, una grammatica per poter gustare ancora meglio il nettare degli dei.

    CLARA E GIGI PADOVANI

    LA GRAMMATICA DEL CIOCCOLATO E DEL CACAO

    GRIBAUDO EDITORE

    24 euro

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  • QUESTO NON È UN PAESE PER CITTADINI ONESTI

    28 novembre 2024 • COSE NOSTRE • 965

    giustizia

    Ero molto tentato di intitolare questo Punto come un  “Invito all’illegalità”… poi ho desistito, ma il succo è proprio quello.

    Nel 2023 ho emesso una fattura per poco più di 2500 per un lavoro svolto nel mese di maggio. Dopo numerose insistenze mi è stata versata la metà dell’importo. Il resto nulla. A niente sono servite richieste, suppliche, messaggi perentori. Perciò il mese scorso mi sono rivolto a un avvocato per richiedere e ottenere un decreto ingiuntivo e così recuperare il credito dovuto. Il giudice di pace ha fissato l’udienza per il 2030. Avete capito bene, 2030. Se si fa richiesta di procedimento d’ urgenza l’ udienza potrebbe essere anticipata al 2028.

    Altro caso. Mio figlio con amici ha scelto la Sicilia per le sue vacanze. Hanno affittato un Van da 8 posti e il noleggiatore di Catania ha preteso, due mesi prima, il versamento della caparra di 1500 euro, con bonifico istantaneo. Pochi giorni prima delle loro vacanze, il medesimo noleggiatore, ha scritto per dire che quel Van gli era stato rubato, ma che lui avrebbe provveduto a trovarne un altro. Quando i ragazzi sono arrivati in Sicilia, l’amara sorpresa. La vettura sostitutiva era impresentabile (tante spie rosse accese, carrozzeria inguardabile, ecc), impossibile da utilizzare. Risultato? I ragazzi hanno dovuto affittare un’altra auto, ovviamente presso un altro autonoleggio. Per quell’anticipo nessuna restituzione, nonostante lettere e ripetute richieste. E l’avvocato ha sconsigliato di fare una causa al Tribunale di Catania, per “soli” 1500 euro.

    Insomma, questo è lo stato della Giustizia nella nostra povera Italia. Mentre i governanti e la politica si scontrano con la Magistratura su intercettazioni, bavagli, indipendenza delle toghe, ecc. il povero cittadino resta sconcertato e spesso se la prende in quel posto.

    È davvero un Paese per i cosiddetti furbi? Per quelli che cercano sempre di fregare gli altri?

    Per questo sarei tentato di scrivere che è meglio non pagare, perché tanto… c’è il rischio di farla franca. Ma sono un cittadino onesto e corretto e non lo faccio. Oppsss…….

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  • PER LA FESTA IL FRITTO MISTO ALLA PIEMONTESE

    23 novembre 2024 • CINQUE SENSI • 4320

    frittomisto

    Un tempo, nelle cascine di campagna, le grandi occasioni di festa e di abbuffate erano Natale, Pasqua, i matrimoni e il giorno in cui si ammazzava il maiale. In quell’ occasione le massaie piemontesi preparavano il fritto misto: le frattaglie e i tagli di seconda qualità del suino venivano impanati, fritti e serviti caldi in tavola. Uguale tipo di cottura per alcuni pezzi di frutta e di dolce, soprattutto il semolino fatto con uova, semola, zucchero e latte.

    Per qualche decennio il fritto misto è stato un po’ accantonato dalle tavole piemontesi. Oggi è tornato in gran voga e fior di ristoranti – stellati e meno conosciuti – lo propongono come piatto forte o piatto unico. Le province di Torino, Asti, Cuneo e Alessandria sono le zone della regione dove il fritto misto alla piemontese raccoglie i maggiori estimatori.

    Meglio scegliere quei ristoranti-agriturismi dove si alleva il bestiame (polli, suini e bovini), si producono frutta di stagione e l’ orto offre tutti i tipi di verdura appena raccolta. E’ ovvio, quindi, che – a quel punto – il fritto misto profumerà davvero di natura e di km zero.

    Il fritto misto va servito – a regola d’ arte – un pezzo alla volta, perchè ogni portata deve essere gustata calda e croccante

     

    Alcune osterie propongono un fritto misto addirittura con 30-40 portate, troppe! Il numero esatto è attorno alla quindicina (bistecca di maiale, di vitello, cervella, fegato, salsiccia, zampone, midollo, melanzane, cavolfiori, zucchine, carote, semolino, pavesini mela, prugna). Ma attenzione la cosa più importante è la leggerezza. La frittura non si deve quasi sentire: appoggiate i pezzi appena fritti su un tovagliolo di carta e – se è ben fatto – non ci debbono quasi essere  tracce di unto.

     

    Vietato esagerare, ricordate che il fritto misto alla piemontese resta il piatto del ‘dì di festa’, solo di quei giorni in cui si fa festa.

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  • GIROVAGANDO: RIFUGIO MILETTA DI AGRATE CONTURBIA

    22 novembre 2024 • LUOGHI E LIBRI • 3179

    rifugiomiletta

    Noi l’ abbiamo trovata l’ Arca di Noè. E’ in provincia di Novara, ad Agrate Conturbia, e si chiama Rifugio Miletta, un luogo dove vivono insieme, in assoluta libertà  e senza alcuna costrizione, circa 200 animali domestici e 130 selvatici. Un’ associazione di volontariato dove gli attivisti si prendono cura di esemplari in difficoltà , sottratti da sofferenze e schiavitù. Il Rifugio Miletta fa parte della rete dei Santuari Animali, decine e decine di centri simili in tutta italia

     

    Asini, cavalli, pony, pecore, capre, maiali, cani, gatti  cinghiali convivono liberamente e pacificamente in grandi spazi, con cibo a volontà, in una specie di oasi naturale, quasi un Eden. Si tratta di animali da reddito sottratti a condizioni di sfruttamento, ma il Rifugio Miletta – che opera dal 2013 – è anche Centro Recupero Animali Selvatici: quindi a chiunque capita di imbattersi0 in bestie ferite, coinvolte in incidenti stradali, cuccioli abbandonati può chiamare il numero di emergenza 112 che attiverà l’ intervento e il soccorso da parte dei volontari che operano 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Dopo le cure molti animali verranno rimessi in libertà, altri sterilizzati, rimarranno per sempre al Rifugio

    I costi sono altissimi, 70-80 mila euro all’ anno per le cure veterinarie e per il cibo, l’ ente pubblico dà un piccolo contributo. Per il resto i Santuari Animali vivono solo di volontariato e aiuti da parte degli amanti e sostenitori. Soprattutto nei week end il Rifugio è aperto al pubblico e sono tantissimi i visitatori – soprattutto i bambini – che incontrano questi animali e imparano un modo nuovo, diverso di rapportarsi alla fauna (domestica e selvatica) e magari si innamorano di una capretta o di un maialino e decidono di adottarlo.

     

    E allora buona vita al Rifugio Miletta e a tutti i suoi animali.

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