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  • IO BEVO L’ ACQUA DEL SINDACO

    23 settembre 2021 • COSE NOSTRE • 2552

    CASETTEACQUA

    Ogni anno in Italia consumiamo 10 miliardi di bottiglie di acqua minerale in plastica e solo 2 miliardi di litri in bottiglie di vetro. 7 miliardi delle bottiglie in plastica non vengono riciclate e questo significa 850mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica.

    I dati sono dell’organizzazione Green Peace che ha lanciato l’allarme e la necessità di un’immediata inversione di tendenza per salvaguardare il pianeta. Basta guardare le immagini che spesso i tg propongono e che mostrano i fondali dei nostri mari, autentiche discariche di plastica che uccidono flora e fauna del Mediterraneo. Provate anche ad osservare i bordi delle strade, in città e nelle campagne: fossati e cunette sono pieni di bottigliette di plastica. E i prati delle nostre montagne? Immondezzai a cielo aperto.

    Occorre quindi cambiare mentalità e stile di vita. E forse servono sanzioni per modificare i nostri comportamenti. Nel decreto Semplificazioni c’è un provvedimento che prevede una sorta di mini-cauzione per chi non restituisce le bottigliette di plastica, come già accade per quelle in vetro. Entro 4 mesi dovrà essere varato il decreto attuativo.

    Da parte mia, da parecchi anni, ho preso l’abitudine di consumare l’“acqua del sindaco”. Nel mio comune – così come in altri migliaia del Piemonte – ci sono le casette per la distribuzione dell’acqua potabile, genuina e garantita dagli acquedotti municipali. Gratis quella naturale, 5 centesimi al litro per quella frizzante. Anziché rifornirmi al supermercato, faccio un piccolo sacrificio: carico la cassa di 12 bottiglie in vetro, vado al distributore e faccio rifornimento. Vi assicuro che è buona. Mi disseta e -nel mio piccolo – credo di dare un piccolo contributo alla salvaguardia della Terra.

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  • UN POPOLO DI VIROLOGI E ANCHE DI POMPIERI

    16 settembre 2021 • COSE NOSTRE • 2368

    Un grosso incendio Ë scoppiato questa mattina nel centro di Torino tra via Lagrange e piazza Carlo Felice. Le fiamme si sono sviluppate nelle mansarde di un palazzo, Torino, 3 settembre 2021 
ANS/ALESSANDRO DI MARCO

    Eravamo un popolo di allenatori di calcio. Ognuno aveva in tasca gli schemi e la formazione giusta per far vincere la propria squadra del cuore o la Nazionale. Poi siamo diventati un popolo di virologi, medici, esperti di vaccini, di cure sanitarie.

    Basta trascorrere qualche minuto sui social per imbattersi in superesperti su come curare il Covid-19, sull’efficacia o sulla pericolosità dei vaccini, sull’ effettivo utilità delle mascherine. Cosa importa se chi ha individuato il virus o scoperto i vaccini ha studiato una vita, ha passato giorni e notti in laboratorio e sui microscopi per individuare l’ antidoto, quelli parlano solo perché pagati o per farsi pubblicità…

    Di fronte a tanta sicumera ho sempre alzato le mani, ho taciuto, non mi sono addentrato nelle polemiche, perché tanto anche noi giornalisti siamo tacciati di faciloneria o peggio di scrivere notizie, dati e statistiche, soltanto perché prezzolati. E poi chissà da chi. Stipendio a parte, personalmente non ho mai visto un euro da nessuno. Ma non importa. Meglio tacere che perdersi in infinite e inutili discussioni. C’è sempre chi ne sa di più, chi ha ricevuto illuminazioni divine.

    Ma il colmo l’ ho vissuto nei  giorni trascorsi sotto il palazzo di piazza Carlo Felice, a Torino di fronte a Porta Nuova, per raccontare – nei vari tg – l’incendio che ha devastato 1800 metri quadrati di soffitte, mansarde e attici dello storico stabile. Momenti strazianti vicino a persone e famiglie che vedevano andare in fumo i propri beni, gli affetti, intere vite racchiuse in quelle stanze.

    Accanto al loro dolore, però ho registrato un’ incessante coro di presunti esperti che giudicavano, ma soprattutto criticavano, l’ opera ininterrotta di spegnimento dei vigili del fuoco. Una sequela di critiche da far rizzare i capelli. Secondo tanti ignoranti osservatori quei pompieri erano tutti incompetenti, giravano a vuoto, dovevano andare da quella parte, oppure da quell’altra… salire con le autoscale anzi no, scendere… addirittura qualcuno suggeriva di impiegare i Canadair…

    Forse stiamo esagerando: siamo tutti affetti dalla pandemia del giudicare il lavoro di chi dovrebbe essere preparato a fare il proprio dovere.

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  • SCAFFALE: MOGLIASSO E l’ IRRESISTIBILE SIMMETRIA….

    10 settembre 2021 • LUOGHI E LIBRI • 2617

    Irresistibile simmetria della vendetta

    Scrivere un romanzo è difficile. Scrivere un romanzo all’ interno di un altro romanzo deve essere impresa più che doppiamente difficile. La torinese (nata a Susa) Rosa Mogliasso riesce nell’ impresa, e nel migliore dei modi. Le due trame corrono parallele, si intrecciano, si fondono senza mai affaticare il lettore.

    “L’ irresistibile simmetria della vendetta” é il titolo dell’ ultimo libro della Mogliasso: la trama principale si snoda fra piazza Vittorio e le vie adiacenti, l’ altra su una nave da crociera. C’ è il giallo, ci sono le storie personali dei protagonisti, c’ è l’ amore, ma soprattutto c’ è tanto umorismo che è la vena caratteristica della narrativa della scrittrice.

    Ma questo volume lo si può leggere anche come un manuale di narrazione perché Amanda, la protagonista, tiene proprio un apprezzatissimo corso di scrittura attorno al quale si sviluppa l’ intera vicenda.  Capitolo dopo capitolo gli aspiranti bestselleristi e la maestra si addentrano nei meccanismi intricati dello scrivere ma anche in quelli che li legano gli uni agli altri.

    “A noi interessano invidia, avidità, gelosia, lussuria – spiega Amanda ai frequentatori del corso – in altre parole le emozioni negative che scaldano la mutanda della narrazione. Mi sono spiegata?”

    ROSA MOGLIASSO

    L’ IRRESISTIBILE SIMMETRIA DELLA VENDETTA

    SALANI EDITORE

    15 euro

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  • GIU’ LE MANI DAL LINGOTTO

    9 settembre 2021 • COSE NOSTRE • 2874

    LINGOTTO

    Anzitutto una premessa. Il Lingotto non è solo di Torino ma è un pezzo di storia d’Italia. Quindi la notizia che Stellantis ha messo in vendita la palazzina uffici di via Nizza deve interessare tutti. E lasciarci allibiti come è successo al sottoscritto

     20mila metri quadrati dove c’erano gli uffici dell’ Avvocato Agnelli e di Marchionne. Il fatto che l’azienda automobilistica abbia inviato una lettera alle principali società di intermediazione immobiliari del mondo, significa la volontà di chiudere un’ epoca, stracciare una pagina di storia. È vero che oggi quella palazzina è vuota e che è posta sotto il vincolo della Soprintendenza ai beni architettonici, ma la mossa è di quelle che fanno rumore, con significati che vanno ben al di là del valore economico dell’affare.
     Ho ancora negli occhi l’interminabile coda di persone (si calcola oltre centomila) che sfilarono su per la rampa, per portare l’ultimo saluto a Gianni Agnelli. Ne parlò tutto il mondo E adesso il suo erede, John Ellkann non ha nulla da dire a proposito di questa vendita?
    Così come la città di Torino, il Piemonte, l’Italia assistono impassibili?

    Non si tratta solo di mura, di stanze, di uffici. Si tratta di storia. Con la vendita si cancella ogni traccia della Fabbrica Italiana Automobili Torino dalla città. Perché la vera tragedia è dimenticare, e noi non vogliamo dimenticare che c’è stato un tempo in cui Torino era capitale dell’auto.

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  • NON DIAMO FIATO AI LEONI DA TASTIERA

    2 settembre 2021 • COSE NOSTRE • 2262

    COMPUTER

    Non riuscivo a credere ai miei occhi quando mi sono imbattuto in un sito che invita i cittadini a segnalare furti, situazioni pericolose, persone sospette.

    Non si trova in Sudamerica e nemmeno nel martoriato Afghanistan. È qui, accanto a noi, nel civilissimo Piemonte.

    Non usano giri di parole: “a chi vorrà comunicare furti e affini chiediamo di essere precisi e tempestivi, indicando data, luogo, entità del bottino e la situazione in cui si sono verificati i fatti. Non verranno prese in considerazione comunicazioni anonime, anche se non pubblicheremo i nomi degli autori della segnalazione”.

    Questa non è informazione, questo non è giornalismo. È invito alla delazione, come accadeva in tristi epoche storiche. Una guida a Budapest, recentemente, mi ha detto che, prima della Caduta del Muro, avevano paura dei vicini di casa.

    Se si ha qualcosa da denunciare si vada dai Carabinieri o in Polizia.

    Per correttezza, riservatezza e etica professionale non ho scritto il nome del sito, ma mi riservo di segnalarlo all’Ordine dei Giornalisti.

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  • SCAFFALE: IL MONDO DI PIERO DARDANELLO

    27 agosto 2021 • LUOGHI E LIBRI • 3497

    dardanello

    Parole, titoli e sfuriate di un grande giornalista. Questo il sottotitolo del volume curato da due firme eccellenti del giornalismo sportivo, Roberto Beccantini e Fabio Monti. Ed è un volume imperdibile per chi vuole rivivere i principali avvenimenti del mondo del calcio (ma non solo) dal 1982 al 1993, cioè quel periodo in cui il monregalese Piero Dardanello fu alla guida del quotidiano Tuttosport.

    Un giornalista di razza nel ricordo di chi lavorò al suo fianco, ma anche delle più brillanti penne scoperte e lanciate dal direttore. E chi finora ne aveva solo sentito parlare, potrà scoprire l’ accattivante e graffiante scrittore di Dardanello attraverso i suoi articoli (dalla strage dell’ Heysel alla discesa del Toro in serie B, dal Mundial di Spagna alle mirabili giocate di Maradona e Platini, solo per citarne alcuni), dai suoi titoli al fulmicotone, dalle prime pagine del giornale… insomma, un excursus che ci fa conoscere l’ abilità e la maestria di un cronista di razza. Prima di approdare al quotidiano sportivo torinese, Dardanello lavorò al Giorno con Gianni Brera, al Corriere d’ Informazione di Genova, all’ Occhio diretto da Maurizio Costanzo.

    A vent’ anni dalla sua morte, grazie all’ impegno degli amici del Premio Dardanello e dei famigliari, si può così ripercorrere il cammino professionale, da inviato a direttore, di un giornalista che ha fatto del mestiere un divertimento, che ha sempre trattato il lettore non come un cliente ma come una conquista, a patto che, in pagina, ci fosse sempre “della polpa”.

    240 pagine che si leggono tutto d’ un fiato per perpetuare la memoria attraverso le sue parole e il ricordo di coloro che hanno lavorato per Dardanello, con lui o “contro” di lui .

    IL MONDO DI PIERO

    a cura di ROBERTO BECCANTINI E FABIO MONTI

    BRADIPOLIBRI

    15 euro

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  • IL MIO GREEN PASS SONO LE NOSTRE MONTAGNE

    26 agosto 2021 • COSE NOSTRE • 2633

    CAMMINATE

    Il mio Green Pass naturale è costituito da scarponcini, bastoncini, attrezzatura e poi via per sentieri e boschi. La montagna e la natura. Ho fatto il doppio vaccino, nessun problema o effetti collaterali, ma in questi giorni di vacanza e di riposo sono le nostre montagna il mio autentico Green Pass, naturale.

    E’ boom di turismo in montagna in questa estate 2021. La conferma arriva dalle valli piemontesi, dalla Valsusa alle Valle di Lanzo, per passare poi a tutte le vallate cuneesi, ma anche le colline dell’ Astigiano, delle Langhe e del Monferrato. Ovunque c’ è una buona presenza di turisti e di amanti delle camminate nei boschi e nei sentieri alpini. Non c’ è problema di distanziamento, non c’ è obbligo di mascherina, l’ aria è pura e salubre, un ristoro per il corpo e per la mente.

    La ragione è semplice. La montagna soddisfa tutti i cinque sensi. Basta camminare per i sentieri per rendersene conto. La vista con panorami mozzafiato, prati verdi, cime e vette. L’ udito nel silenzio dei boschi, rotto solo dal canto degli uccelli. Il tatto con la bellezza di abbracciare i tronchi d ‘ albero e accarezzare le erbe alpine. L’ olfatto addolcito dai  profumi dei fiori di montagna. Il gusto con i classici taglieri dei formaggi e salumi locali, oppure con i tradizionali piatti realizzati nei deliziosi rifugi che costellano le nostre montagne. E tutti, bar e ristoranti, sono dotati di tavoli e dehor all’ aperto.

    Insomma, al di là delle polemiche quotidiane su obblighi vaccinali o esibizioni di certificati, l’ invito è quello di cogliere l’ occasione in queste giornate agostane per tuffarsi nella bellezza delle montagne e delle colline piemontesi. Un ristoro dopo un anno e mezzo di restrizioni e sofferenze.

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  • TORINO E IL PIEMONTE SONO IN DECLINO?

    19 agosto 2021 • COSE NOSTRE • 2494

    EURO

    Il premier Mario Draghi ha aperto un tavolo di crisi su Torino e sul Piemonte e lo ha affidato al ministro dello Sviluppo Economico, Giorgetti. Questo è avvenuto dopo l’ incontro con la sindaca Appendino e con il presidente Cirio che erano corsi a Roma allarmati dalla decisione di Stellantis di realizzare la Giga-factory per batterie per auto elettriche in Molise e lasciare deserta Mirafiori (ne abbiamo parlato nel Punto di due settimane fa).

    Dopo quella decisione si è aperta una discussione piuttosto accesa: da una parte chi parla di declino di Torino e del Piemonte paragonando questo territorio a una città del Sud e portando a supporto di questa tesi il tasso di disoccupazione dei giovani che sui attesta sul 30 per cento: un piemontese (con meno di 35 anni) su 5 non lavora e non studia. Insomma, non fa nulla.

    Altri invece sostengono che l’ economia piemontese sta andando bene, è fra le migliori d’ Italia seppur in ritardo nei confronti di altre regioni del Nord. In base al Prodotto per abitante la nostra regione è al 18mo posto mentre la Campania, per fare il raffronto con il Meridione, al cinquantesimo.

    Dove sta la verità? Ognuno ha la propria opinione. Certo è l’ ubriacatura post-olimpica è davvero finita. Chi pensava che il Piemonte potesse vivere di solo turismo ha dovuto ricredersi. Questa regione – e il Torinese in particolare – sono un territorio a forte vocazione industriale. Qui si sanno fare le cose, e si sanno fare bene. Occorrono però investimenti importanti (pubblici e privati) che da un decennio non sono più arrivati. E quindi la nostra economia arranca.

    Basterà il tavolo di crisi aperto da Draghi? Impossibile dirlo adesso, anche se i tempi stringono. Siamo in tempo per recuperare il terreno perduto ma bisogna fare in fretta. Il declino – lo dice la parola stessa – è una china in discesa dove se si comincia a rotolare diventa sempre più difficile risalire.

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  • LO SCAFFALE: IL BACIO DELLA DEA MONTAGNA DI BOSONETTO

    13 agosto 2021 • LUOGHI E LIBRI • 2582

    Closeup of man using laptop in cafe grayscale

    Uno scrittore che vende 120mila copie del suo ultimo libro, ma resta ossessionato dal fatto che nessuno, pare, lo abbia letto completamente. L’uccisione di un camoscio da parte di un Suv. La vita di un paese di montagna in Valle d’Aosta, protagonista – anni prima – di un grave fatto di cronaca, quindi facilmente riconoscibile. Le tensioni di una famiglia con difficili rapporti fra i genitori e il figlio adolescente.

    C’è tutto questo nel romanzo “Il bacio della dea montagna” di Marco Bosonetto, emergente scrittore cuneese. Ma c’è anche tanto altro. Soprattutto la descrizione di ambienti alpini mozzafiato, delle sue ascese e dei suoi repentini mutamenti climatici che possono provocare tragedie. Le contraddizioni di un giornalismo dove conta più il suscitare emotività che non il resoconto fedele dei fatti, lo strano mondo delle presentazioni di libri dove arrivano spesso domande scomode e, il più delle volte, inutili.

    Il protagonista, Luca Rollin, è uno scrittore di successo. Manu è il suo migliore amico ma anche il suo più feroce critico. Chi ha scritto mirabolanti recensioni del suo ultimo romanzo non lo ha letto, ma nemmeno la sua editor, il responsabile della casa editrice che lo ha lanciato, la sua agente, e neppure chi frequenta gli appuntamenti per le presentazioni. Questo è il tormento di Luca Rollin che non si accontenta di vendere tantissimo, ma vorrebbe anche essere riconosciuto per la sua scrittura. E alla fine….   No, non sveliamo il sorprendente finale.

    MARCO BOSONETTO

    IL BACIO DELLA DEA MONTAGNA

    EDIZIONI PIEMME E GEDI

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  • I CINGHIALI? MEGLIO SE… NEL PIATTO

    12 agosto 2021 • COSE NOSTRE • 2876

    cinghiale

    Anche in conseguenza al lockdown, nell’ultimo anno i cinghiali in Italia sono aumentati del 15% arrivando ad essere 2,3 milioni di esemplari e sono ormai un problema di ordine e sicurezza pubblica: invadendo città e campagna, causano un incidente ogni 48 ore con 16 vittime e 215 feriti.

    Stando alle statistiche di Coldiretti, oltre un italiano adulto su quattro (26%) ha incontrato dal vivo un cinghiale. Animali selvatici che dalle campagne hanno invaso città e luoghi di villeggiatura, tanto da diventare ormai ospiti fissi del paesaggio urbano. L’invasione di vie e piazze da parte dei selvatici viene vissuta dai cittadini come una vera e propria emergenza, tanto che oltre otto italiani su 10 (81%) pensano che vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero. C’è anche paura per la sicurezza alimentare: è indispensabile una riduzione del numero di capi per limitare il rischio di diffusione di malattie come la Peste Suina Africana.

    Fin qui i dati, i freddi numeri, l’allarme e la protesta degli agricoltori. I più colpiti da questo proliferare dei cinghiali.

    E poi ci sono le lagnanze degli animalisti, quelli talebani. Che non accettano alcun tipo di mediazione o ragionamento e che francamente non sopporto più!

    La natura è bella ma deve essere regolamentata. È così fin dalla notte dei tempi. Sono convinto – anche io – che questa esplosione della presenza dei cinghiali sia pure colpa dell’uomo. Quanti allevamenti clandestini… quante immissioni di capi a scopo di caccia… Siamo tutti consapevoli che ci siano nostre precise responsabilità. Ma oramai i danni sono fatti e occorre rimediare, al più presto.

    Abbattimenti selettivi fatti da personale specializzato e piani di sterilizzazione di massa.

    Prima che sia troppo tardi, prima che i cinghiali devastino in modo grave e definitivo le nostre campagne e poi delle nostre città.

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