Ecco, ci risiamo. E’ finita la scuola, tranne per chi ha gli esami. Ed ecco, puntuale il tormentone “compiti delle vacanze”.
E’ giusto darli? E’ meglio lasciare i ragazzi per tre mesi liberi di giocare, divertirsi, riposarsi, annoiarsi? Ognuno ha la risposta pronta, io so soltanto che così com’ è la situazione è sbagliata.
Gli insegnanti assegnano compiti da fare, libri da leggere, problemi da risolvere, ricerche da eseguire che puntualmente vengono fatti (o meglio mal fatti) nell’ ultima settimana di vacanze tra sbuffi, litigate genitori-figli. E quel che è peggio, spesso, non vengono nemmeno controllati dagli insegnanti alla ripresa scolastica.
Non è questione di quantità di compiti, ma di qualità. Una scuola che funziona deve appassionare gli studenti e quindi dovrebbe indurre i ragazzi – quando non si hanno obblighi di frequenza, di interrogazioni, di compiti in classe – a cimentarsi in un lavoro che appassioni, che interessi, che coinvolga. Che ne so.. a mò di esempio dico: perchè non invitarli a realizzare reportage sui luoghi di vacanze, con fotografie, filmati, schede, interviste, insomma incuriosire i ragazzi alla scoperta, alla conoscenza di usi, luoghi, costumi, abitudini alimentari dei territori che si frequentano nei luoghi estivi.
Se tutto passa attraverso l’ obbligo e la costrizione il risultato è vano, inutile se non controproducente. Se invece l’ apprendimento è una sfida, un gioco, un divertimento i risultati saranno garantiti. E lo dico per esperienza personale, non solo per i miei antichi ricordi scolastici, ma in quanto genitore che passava i giorni di ferie a litigare con il figlio sulla montagna di compiti ancora da fare, con tutte le relative imprecazioni nei confronti degli insegnanti.
Se invece Tommaso mi avesse chiesto un aiuto per realizzare un docufilm su Mentone (luogo di vacanza per anni) che gioia sarebbe stato farlo insieme!
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Argomento complesso e sfaccettato. Inizierei col dire che non è pensabile che tutti gli insegnanti si comportino allo stesso modo in materia di compiti. Certo, sarebbe bene avere una visione comune su ciò che devono essere, per gli allievi, le famiglie e gli insegnanti stessi. Parlo da maestra: è impensabile lasciare i bambini per tre mesi senza fare esercizi. Al ritorno a scuola ci metteremmo tre mesi a tornare al punto in cui li avevamo lasciati a fine anno. I compiti si correggono con loro, ci mettiamo due o tre settimane , ma li correggiamo.. Chi non li ha fatti prima, li fa dopo. Le famiglie dovrebbero concordare con i figli un orario in cui si lavora:un’ora al giorno, mattina, o pomeriggio, festivi esclusi, in cui i ragazzi fanno i compiti. D’altronde, anche mamma e papà in vacanza hanno qualcosa da fare, no?
Da genitore di figli che hanno fatto medie e superiori, penso che valga un po’ lo stesso discorso: tre mesi senza esercizio vanifica molto del lavoro precedente. Mi piacerebbe, però, che gli insegnanti di Italiano riuscissero a portare i loro allievi alla necessità di passare del tempo leggendo. Non libri imposti, ma scelti dai ragazzi, con impressioni, discussioni fatte poi a scuola che non siano però giudicate con dei voti. Insomma, si è capito che per me, insegnante e genitore, i compiti ci vogliono. Dati con giudizio, con un piccolo impegno giornaliero, diventano un modo per esercitare la mente. Se poi i secchioni li fanno nei primi 15 giorni di vacanza e gli altri tre giorni prima che ricominci scuola, il problema non è più compiti sì, compiti no!
bella risposta carla, da professionista……..
assolutamente favorevole ai compiti delle vacanze…mi permetto però di fare una considerazione andando leggermente fuori tema…non si possono bocciare i ragazzi alle medie se non per gravi mancanze comportamentali