Acciughe, aglio e olio, questi sono i tre ingredienti della bagna caoda. Va servita in ciotole di terracotta che ne mantengano la giusta temperatura e accompagnata con ortaggi autunnali crudi e cotti. Nessuno dubbio sul fatto che sia un piatto tipico piemontese, ma per quanto riguarda le origini, sono in molti a contendersi la paternità. I cugini francesi, che proprio non sopportano di essere secondi a qualcuno, dicono la loro: la nostra amata bagna caoda deriverebbe dalla loro Anchoiade, nata nella notte dei tempi in Provenza e importata dai mercanti astigiani durante le spedizioni in quella terra per rifornirsi di sale e acciughe, peut-être.
Ci piace di più la storia che parla dei mercanti francesi, provenienti dalla Provenza e dalle foci del Rodano, che attraversavano le Alpi Marittime, sulle antiche vie del sale, e portavano nel basso Piemonte acciughe sotto sale per avere in cambio vini, carni e ortaggi. Le acciughe sono infatti molto utilizzate nella cucina piemontese, non solo nella bagna caoda, ma anche conservate con il bagnet verd o ross o anche solo adagiate su una falda di peperone arrostito.
Nei testi storici di gastronomia piemontese purtroppo è difficile trovare tracce della bagna caoda, perché considerata un piatto contadino e riservato alla tavola dei poveri; il suo alto contenuto d’aglio con le temibili conseguenze, la escludevano dalle mense dei nobili. Ma nel mondo contadino non era considerata un piatto della quotidianità, la bagna caoda si preparava nei momenti di convivialità e di festa. Era il piatto della fine della vendemmia, in cui ci si lasciava alle spalle un’annata di lavoro e si poteva perdere tempo a tavola.
Ancora oggi la bagna caoda ha questa caratteristica, è bello mangiarla in compagnia, spendendo il tempo tra chiacchiere, risate e un buon bicchiere di vino.
La ricetta della Bagna caoda ha regole precise: la vera anima del piatto è l’aglio ma anche le acciughe devono essere di prima qualità e belle carnose, per mantenere un’elevata qualità è obbligatorio aggiungere solo olio extra vergine d’oliva. Le verdure da intingere sono quelle degli orti piemontesi, immancabili i cardi gobbi di Nizza Monferrato o gli spadoni di Chieri, i peperoni in tutte le versioni, i topinambur, i cavoli di ogni tipo crudi o cotti, i porri, i cipollotti, le patate bollite ecc… Ma anche la polenta fritta e per finire, un uovo crudo da strapazzare nell’ultimo cucchiaio di bagna caoda rimasto nel tegamino di coccio.
Patrizia Durante
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