Vi ricordate l’acronimo FIAT? Stava a significare Fabbrica Italiana Automobili Torino.
E’ definitivamente morto!
Due esempi.
Nei giorni scorsi all’Assemblea degli Industriali di Torino, in sala, non c’era nemmeno un rappresentante di Stellantis, che peraltro non è più iscritta. E il neopresidente Marco Gay non l’ha neppure nominata, sebbene abbia parlato del Torinese come Zona Economica Strategica, ancora adesso, e soprattutto per l’auto e il suo indotto.
Il divorzio della Fiat e degli Agnelli da Torino fa male, inutile nasconderlo: fa male.
Secondo episodio. Il presidente di Stellantis, John Elkann, ha scritto una lettera al Parlamento Italiano per dire che non andrà in audizione alla Camera, come era stato chiesto da alcuni gruppi politici. Si voleva apprendere dalla bocca del nipote dell’Avvocato, e quindi primo erede dell’impero, qualcosa di più esplicito sull’impegno del colosso industriale nel nostro Paese. “Non abbiamo nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato”, ha scritto Elkann. Insomma: tutto quel che c’era da dire è già stato detto. Il succo, come si ricorderà, è che servono più incentivi, chiesti dall’ad Carlos Tavares, che peraltro è portoghese e sta a Parigi. “Scavalcare il Parlamento è un atto grave”, ha commentato il presidente della Camera, Lorenzo Fontana.
Dopo tutto Elkann non fa che continuare la specialità della casa, una specialità che ha contraddistinto la Fiat negli anni, e cioè la straordinaria propensione a socializzare le perdite e tenersi gli utili.
Questa è la situazione, piaccia o non piaccia. Fiat e Agnelli non sono più ne’ Torino né Italia.
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