Augusto Peitavino è sindaco di Isolabona, paesino di 700 anime, sulle colline sopra Imperia. Percepisce 894,76 euro netti al mese e il suo incarico di primo cittadino lo impegna (soprattutto in questo periodo di emergenza Covid) almeno 8-9 ore al giorno.
Roberto Bodrito, guida la comunità di Cortemilia, quasi 2500 abitanti in provincia di Cuneo, ha rinunciato all’ indennità prevista dal Ministero: sia nei precedenti anni di vicesindaco, sia in questi ultimi che è sindaco. Il vicesindaco di Calosso, 1300 abitanti nell’ Astigiano, Angelo Grasso riceve 260 euro al mese per un impegno quasi quotidiano, ma insieme al sindaco e alla giunta hanno deciso di lasciare tutte le indennità a favore della comunità.
Un sindaco di un comune del Canavese, in provincia di Torino, riceve 1700 euro al mese e – visto che la sua cittadina conta circa 10mila abitanti – è reperibile praticamente 24 ore su 24, domeniche e festivi compresi. L’ indennità per la sindaca di Torino Chiara Appendino è di circa 8mila euro.
In sostanza il guadagno di un primo cittadino, per la legge Bassanini del 2000, varia in base al numero di abitanti: sotto i mille euro se si amministra un comune con meno di 1000 abitanti, circa 1500 euro fino a 3mila abitanti. 2100 euro al mese fino a 5mila abitanti e così via fino ai 7800 euro per le città con più di mezzo milione di persone.
Se un sindaco non si mette in aspettativa dal precedente lavoro, l’ indennità verrà decurtata. Poi ci sono i rimborsi. Ma anche le spese sostenute di tasca propria: “la settimana scorsa qualcuno ha rotto i giochi per i bambini in un giardino comunale – mi confida un sindaco del Torinese – li ho ricomprati a mie spese perché se aspettavo la burocrazia arrivavano fra due anni”. Certamente non un caso isolato.
Perché queste cifre? Perché è appena stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’ Interno per l’ aumento delle indennità di funzione per i sindaci dei piccoli comuni: nelle realtà fino a mille abitanti l’ incremento è di circa 500 euro; 350 euro per quelle fino a 3mila abitanti.
Sono assolutamente d’ accordo con l’Anci e Uncem (associazioni di comuni e comunità montane) che hanno caldeggiato questo provvedimento. E lo dico proprio mentre imperversa la polemica sui furbetti del bonus Covid. Chi amministra le nostre città, deve essere messo nelle condizioni di farlo in assoluta tranquillità, anche economica. E non è giusto che possano fare politica soltanto i benestanti, quelli che possono stare 5 anni anche senza un lavoro e un reddito.
Se ci saranno amministratori disonesti, fannulloni, mai presenti, che fanno i propri interessi, li puniremo nelle urne e – magari – ci penserà la magistratura. Ma chi è stato eletto per guidare una comunità, deve poterlo fare nelle migliori condizioni. E’ questione di democrazia.
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