by gandolfo •
8 ottobre 2020 •
COSE NOSTRE •
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Mi è capitato negli anni passati di seguire, per lavoro, funerali di personaggi importanti e famosi. Come dimenticare l’ interminabile coda di persone su per le rampe del Lingotto per dare l’ ultimo saluto all’ Avvocato Gianni Agnelli. E l’ intera città di Alba traboccante di gente per i funerali di Michele Ferrero.Nei giorni scorsi ho partecipato a Moretta alle esequie di Egidio Invernizzi, il fondatore di Latterie Inalpi.
Certamente un nome meno conosciuto rispetto ad Agnelli o Ferrero, ma quel che mi ha colpito è stato vedere centinaia e centinaia di volti commossi, molti rigati dal pianto, tanti indossavano la felpa aziendale con lo stemma Inalpi. Quindi dipendenti.
Mischiati fra loro, visi rugosi di allevatori, i conferitori di latte. Ma anche giovani sportivi con le tute sponsorizzate Inalpi. E ragazzi di colore inseriti nei progetti di integrazione e lavoro.
Non erano lì per obbligo né per dovere di rappresentanza. Erano di fronte a quel cimitero per dire grazie a un uomo che negli Anni Sessanta lasciò la Valsassina, in Lombardia, per venire a Moretta, fra il Torinese e il Cuneese, e aprire prima un piccolo capannone divenuto poi un grande stabilimento con una torre di sprayatura del latte. Oggi una delle più grandi industrie lattiero-casearie d’ Italia.
Un imprenditore che è cresciuto nel rispetto del territorio dando lavoro e ricchezza senza dimenticare la solidarietà, l’ aiuto ai giovani e allo sport. Non parliamo di un filantropo, certamente un uomo che ha creato un’ industria solida e ricca, ma senza spolpare i luoghi dove si è insediato. Come è accaduto in altre zone del Piemonte, vedasi il Canavese con i suoi vampiri
Un grande esempio ma anche un forte monito per i figli che oggi guidano Inalpi. “Buongiorno signor Egidio” così lo salutavano i dipendenti incontrandolo in azienda, diventata piano piano la loro seconda casa, la seconda famiglia. Quello è il segreto del successo. Lavorare con valide persone, non subalterni ma collaboratori.
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