Sono passati diversi giorni dalla chiusura delle Olimpiadi Invernali di Pechino, ma ancora non riesco a cancellare quel velo di tristezza che mi è sceso quando ho visto i sindaci di Milano e Cortina sventolare – giustamente con orgoglio – la bandiera con i cinque cerchi e quella italiana. Un amico di Chicago (che era a Torino 16 anni fa) mi ha subito scritto un’e-mail per chiedermi perché non c’era il Piemonte.
Ho ripensato ai favolosi giorni dei Giochi Invernali di Torino 2006 e al fatto che, su quel palco dello stadio della capitale cinese, davvero potevano esserci anche il sindaco di Torino o il presidente della Regione Piemonte. E invece no!
Noi a casa a morderci le unghie.
E tutto per la scelta incomprensibile di tirarsi indietro da parte della giunta di Chiara Appendino.
Nelle settimane scorse tutti siamo diventati pazzi per il curling: ebbene, Pinerolo è la capitale italiana del curling, con impianti a regola d’arte già pronti e a costo zero.
Secondo il progetto del Coni al Piemonte sarebbero toccate le gare di hockey e il pattinaggio su ghiaccio. Dite poco? Nel pattinaggio, ad esempio, abbiamo fatto una scorpacciata di medaglie alle Olimpiadi di Pechino. Ma Torino – o meglio chi la governava all’epoca – ha preferito rifiutare l’occasione di poter tornare a quelle notti magiche, con la folla per le strade e gli occhi del mondo intero puntati sul Piemonte, sulle sue bellezze e prelibatezze.
Già, ma i costi e debiti di Torino 2006?
Per il Piemonte sarebbero state Olimpiadi a costo zero, averci rinunciato è stato un errore e non riesco a cancellare quel velo di tristezza.
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