Premetto, fin da subito, che mangio carne solo in rare occasioni e quando mi sembra che ne valga assolutamente la pena. In Piemonte ne abbiamo di buonissima, sana e genuina quindi quando c’è l’opportunità per assaporare la migliore non mi tiro certo indietro.
Per il resto, adoro – specie in estate – insalate, verdure cotte e crude e di ogni tipo. E in inverno zuppe, minestroni e passati vari. Quindi non mi si può tacciare di essere contro le diete vegetariane o vegane.
Detto questo, non riesco proprio a comprendere le necessità di chiamare certi piatti senza carne con il nome dei medesimi realizzati con la carne. Burger di tofu, affettato di seitan, cotolette di soia, gamberetti di yam, polpette di topinambur…solo per citarne alcuni.
In Francia è scattato il divieto di utilizzare nomi di prodotti di origine animale per quelli a base di proteine vegetali. Secondo Coldiretti serve anche una legge in Italia per fare definitivamente chiarezza su finti burger e su altri prodotti che sfruttano impropriamente nomi come mortadella o salsiccia. Sempre secondo l’organizzazione agricola si tratta di un inganno che in Italia colpisce ben il 93% di consumatori che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano, che comprano distrattamente al supermercato prodotti diversi da quelli che, in realtà, volevano.
Lasciamo sbizzarrire la fantasia: spinacine, crema di noci, fritto di carciofi, ci sono migliaia di modi per chiamare piatti a base vegetale.
Ma per favore carbonara vegana proprio no. E nemmeno veg-panettone
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