Quando ho letto i risultati della ricerca dell’ Associazione nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, non credevo ai miei occhi: sono rimasto allibito.
Più del 60 per cento dei neogenitori non racconta più favole ai bambini fino ai 3 anni, né canta la ninna nanna per farli addormentare. Usa delle APP del telefonino.
La motivazione è che non c’è tempo e nemmeno energia.
Anche per far mangiare il neonato, madri e padri si affidano alla tecnologia, perché richiede meno fatica. Oltre la metà dei genitori si intrattiene sullo smartphone durante le poppate o lo svezzamento (perdendo di fatto il contatto con il bambino!). Mentre il 64 per cento dei genitori ammette di usare il telefonino per intrattenere i figli durante la giornata.
Lo confesso: ricordo perfettamente la “nana-cucheta”, cioè il canto della ninna-nanna di mia mamma, anche perché poi, lo ha ripetuto con mio figlio.
Questo che sto per scrivere, non è una mia opinione, ma quanto sostengono gli esperti: la voce dei genitori ha un potere magico e rassicurante, soprattutto durante la fase dell’addormentamento.
E poi le favole? Quando un genitore racconta una storia non è solo un fatto di sonorità o di parole, ma è un passaggio di tradizioni, di valori, di spiegazioni ed è un’opportunità per il bambino di sentirsi accolto in un contesto protettivo e amorevole.
Sono momenti irripetibili. E noi li cediamo al telefonino?
Il 41 per cento dei genitori riferisce di calmare il bimbo con lo smartphone quando piange o è arrabbiato. Cioè stiamo insegnando alle nuove generazioni a calmarsi o gestire le proprie frustrazioni, attraverso uno schermo illuminato.
Non mi vengono commenti da fare.
Lasciatemi al mio stupore e – se mi permettete – anche a un pizzico di indignazione.
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