Il primo ricordo che ho di mia nonna : la vedo con i ferri da calza sempre in mano che fa golfini per tutti, figli e nipoti. Metteva da parte anche i tappi di sughero, e con il pane vecchio faceva la minestra. Ricordo l’uovo di legno che le serviva per rammendare i calzini. Era sempre affaccendata per rimediare a uno strappo, a un buco, all’inesorabile rovinarsi delle cose. Ha attraversato a testa alta gli anni della miseria e della malora ma anche gli anni del cosiddetto boom senza stravolgere mai il proprio tran tran. Quando poteva permettersi un cappotto nuovo, si è comprava una nuova Singer e la sua casa è andata al ritmo della macchina per cucire.
I miei genitori sono ancora cresciuti e vissuti all’ insegna del “non si butta via mai niente”.
Io decisamente meno, mio figlio per nulla.
Però ho imparato a cercare chi sa aggiustare, a non buttare via il bel maglione soltanto perché la tarma ci ha fatto un buchino. Ho conosciuto un magnifico ciabattino: la fresa per i tacchi, la macchina per le scarpe strette. E in quella bottega ho incrociato il commercialista che faceva risuolare per la terza volta le Church’s.
Lui e io siamo parte dei 35 milioni che hanno fatto retromarcia sullo sperpero facendo la fortuna del calzolaio, ma anche del falegname e dell’elettricista. Abbiamo scoperto che una lavatrice ha sette vite e che la si può anche far riparare se perde acqua. Non mi scandalizzo se davanti a un negozio leggo: il pane di ieri a metà prezzo, oppure davanti alla gastronomia che salda i piatti pronti (invenduti a pranzo) a prezzi stracciati per cena. C’ è gente a Torino che è rimasta in coda per ore per un pollo arrosto a 50 centesimi. Nel 2012 ogni torinese ha prodotto 60 chili in meno di rifiuti e quest’ anno il trend continua…un bene per l’ ambiente ma anche il segno che buttiamo via un po’ di meno.
Sono uno di quei due italiani su tre per i quali lo shopping sfrenato è un ricordo: confesso di aver saltato almeno un paio di giri di saldi senza acquistare nulla.
E se la crisi avrà insegnato a me e, di conseguenza, io a mio figlio che le cose hanno un valore…allora, ben venga la crisi.
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Ma noi non ci indigniamo piu?
concordo ! La crisi puo’ essere un’ottima occasione per recuperare quei valori che troppo spesso il dio denaro offusca !
La nostra generazione, che in modo diretto o indiretto ha vissuto quei tempi, è sufficientemente preparata a quella che qualcuno definisce “decrescita felice” e che è l’unico antidoto per non arrivare al punto di non ritorno. Temo però per le giovani generazioni, nate senza la coscienza del valore dei beni materiali e non, ma abituate – dalla precisa volontà di qualche potere più o meno occulto – a consumare, buttare e sprecare. Questo mi fa paura soprattutto per i contraccolpi psicologici su quelle giovani menti.
Ciao Riccardo, scusa, mi permetto di esprimere il mio pensiero. La nostra generazione (e io parlo di 40-50enni) non è poi così preparata, basta guardarsi in giro per capire quante persone hanno dovuto adattarsi a uno stile di vita non loro e quanti ancora non ci riescono continuando a girare in una ruota che non si ferma mai. Mi permetto però di non condividere l’approccio alle generazioni future, che non sono figlie di poteri occulti ma sono nostri figli. Se vogliamo che possano capire ed acquisire quella coscienza dei valori reali, tocca a noi spiegarlo, viverlo e farlo vivere. Le giovani menti sono per l’appunto giovani e in grado di comprendere e capire…..se chi gli cammina davanti gli da la possibilità di farlo, loro potranno essere migliori di noi.
concordo, dipende dai genitori. Tendo forse a generalizzare poichè, come fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, è più facile vedere l’aspetto più problematico della gioventù che quello sano. Comunque, quando parlo di mia generazione, parlo purtroppo dei sessantenni, quelli i cui genitori (come mio padre partigiano) hanno combattuto la guerra e che hanno ancora i ricordi delle distruzioni.
Alla crisi non si può dire “benvenuta”, troppa gente che sta male, che soffre. Ma si può tentare di sopravviverle, si possono cercare strade che aiutino tutti a provare meno dolore e frustrazione. E certamente questo blog è un bellissimo messaggio di speranza, perchè ti fa pensare che da qualche parte puoi ancora trovare delle soluzioni nuove, che ci sono ancora margini per respirare e per sorridere, anche quando ricordi i tuoi nonni che davvero non sprecavano niente. Mi colpisce il dato relativo ai rifiuti, forse perchè lo vivo in prima persona. In un tempo non lontano si apriva il frigorifero di molte case e si procedeva allo svuotamento con diretto riempimento del cesto dei rifiuti. Oggi si fa attenzione, si cucina tutto perchè non vada a male, si compra in modo meno compulsivo, si calcolano i giorni e le reali necessità. E quindi così come mi auguro che tutti possano ritrovare la serenità perduta, spero anche che ognuno di noi possa fare tesoro di quello che ha imparato per dirlo ai figli e alle generazioni future, perchè loro sappiano vivere in pienezza ma senza spreco.
Il calzolaio in tempo di crisi? No! Un buon calzolaio sempre sopratutto in tempi di openza, Ho sempre avuto il buon gusto di comprare scarpe costose – quelle care non me le posso pemettere- e di norma devono reggere almeno tre risuolature ma attenzione la suola deve essere fatta per intero e non mezza. Il mio calzolaio è in via Paolini 9 – l’unica via curva torinese, senza numero 17 e 13 ed è ancora uno dei pochi calzolai piemontese che sa risuolare la suola per intero. Vuoi mettere la comodità tra un paio di scarpe risuolate ed un paio di scarpe nuove?
mi ricordo anch’io dell’uovo di legno, forse con la crisi si può ricordare di insegnare alcuni valori ai figli (se non l’ha già fatto) il problema è che i figli vedono al di fuori della famiglia tanto spreco e noi non abbiamo la speranza, come avevano i nostri genitori, nonni, di un mondo migliore di una crescita lavorativa per i propri figli.
Si dice che in tempo di crisi si aguzza l’ingegno e in effetti è vero, il problema deriva dal fatto che solo coloro che hanno avuto una educazione di un certo tipo potranno permettersi di fare certe scelte. L’educazione che ho ricevuto da piccolo mi ha insegnato a non buttare nulla oppure a fare in maniera che tutto possa tornare utile e questo principio non va troppo d’accordo con la civiltà dei consumi. La riduzione dei rifiuti fa pensare, nel senso che ci riscopriamo virtuosi e dovremmo esserlo sempre di più. Ad esempio trovo utile la diffusione dei chioschi della SMAT dove è possibile attingere l’acqua e riempire le bottiglie che ti porti da casa. Ritengo che la diffusione sempre maggiore di questo tipo di distributori debba essere auspicato perché si riduce il consumo della plastica. Quando si va al supermercato a prendere l’acqua in realtà, assieme, si compra anche la bottiglia, di plastica!
Il commento di Ettore si avvicina molto al mio modo di essere e di pensare.
Per mia fortuna, sono nata e cresciuta in una famiglia senza grossi problemi economici. Tutti seri e instancabili lavoratori, ai quali non è mai stato regalato nulla, ma hanno avuto la capacità imprenditoriale di sfruttare al meglio il momento e le proprie capacità. Forse per questo mi hanno educata a capire il valore del danaro derivato dalla serietà, dall’onestà, e dal rigore personale. Nessuno spreco quindi, nonostante le possibilità. Qualsiasi desiderio, anche il più piccolo, per essere soddisfatto doveva comportare una contropartita: andare bene a scuola, aiutare in casa e fuori. Il benessere del singolo era legato al benessere del nucleo familiare. Questo mi ha permesso di avere una visione reale di ciò che mi circonda, in qualsiasi momento. Ma mi consente anche di evitare l’eccesso e di adattarmi anche a situazioni non sempre facili. Ma la cosa più importante che mi ha regalato è la capacità di dirmi di no! Senza troppi drammi e frustrazioni, se non si può, non si può. E’ inutile fare tante storie! Tutti noi che leggiamo e scriviamo sul blog, nonostante la crisi, abbiamo ancora molto, molto più dell’essenziale. Il solo fatto di avere una tastiera sotto le dita lo dimostra. Ma siamo inevitabilmente costretti a prendere in considerazione il nostro modo di vivere…Ben venga quindi la crisi, se crisi vuol dire mettere più attenzione nei confronti di ciò che ci circonda: ambiente, cibo, cose e anche persone! La crisi alza il livello di percezione e di sensibilità e questo è positivo. Non so se riprenderemo a rammendare calzini, ma di sicuro saremo tutti più attenti a non sprecare e forse ad essere più felici per ciò che abbiamo.
La regola “del non si butta vua niente” dovrebbe essere sempre rispettata,a prescindere dalla crisi, non ci dimentichiamo che il benessere è frutto del lavoro.Purtroppo la società moderna, basata sul consumismo, come unica fonte di felicità,ha dimenticato questo principio.
il mondo ha cominciato ad andare a rotoli da quando abbiamo smesso di tramandarci l’uovo di legno…