La notte del 6 dicembre 2007 ero di fronte alla Thyssen di corso Regina, a Torino, stordito dal suono delle sirene e dalla tragedia che si consumava sotto i miei occhi. Per 14 anni ho seguito le vicende giudiziarie e umane delle 7 famiglie delle innocenti vittime del rogo delle Acciaierie. All’inizio di fronte a quei cancelli c’erano mazzi di fiori, biglietti, striscioni, cartelli, lettere. Eravamo tutti coinvolti, solidali, amici di quei ragazzi. Oggi di fronte alla Thyssen c’è solo erbaccia, abbandono, ruggine, immondizia. E delle 7 vittime e delle loro famiglie ci ricordiamo soltanto agli anniversari.
Penso a queste cose osservando la commozione che ha coinvolto tutti di fronte a quel che è successo in via Genova, a Torino. Come 14 anni fa siamo nei giorni del Natale, i nostri sentimenti sono tutti improntati alla bontà. Ma cosa accadrà fra qualche mese? Filippo, Marco e Roberto finiranno nel dimenticatoio fra querelle giudiziarie, incidenti probatori, rinvii a giudizio e polemiche? “Siamo tutti colpevoli” qualcuno ha scritto su un biglietto lasciato in via Genova.
Oggi. Ma domani?
Della tragedia del Mottarone si parla quasi soltanto più per le beghe famigliari attorno al piccolo Eitan, unico sopravvissuto. Ma chi riserva un pensiero per le altre 14 vittime?
Abbiamo la memoria corta. Ci commuoviamo a Natale, ma il giorno dopo pensiamo già alle feste di Capodanno. Non mi faccio illusioni. Accadrà così anche per i martiri di via Genova e per le altre vittime sul lavoro del Piemonte.
Una ogni otto giorni nel 2020 Già finite nel dimenticatoio
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