È sicuramente capitato anche a voi, in questi giorni di festa, di avere il telefonino inondato da messaggi di auguri, spesso anonimi (e quindi se non hai registrato il numero in rubrica, non saprai mai chi te li ha inviati!). Per non parlare della marea di video, gif, foto, bigliettini… tutti inoltrati più e più volte. Se poi avete la sventura di appartenere a gruppi e chat di WhatsApp è la fine: auguri, e poi risposte, e ancora auguri e altre risposte…
Il top lo si raggiunge con i messaggi vocali. Lunghi, lunghissimi, minuti e minuti di amenità varie. Ma, cavolo: vuoi farmi davvero gli auguri? Alzi il telefono, componi il mio numero, e mi parli. Costa tanto? “Non volevo disturbare…” Sappiate che disturbate molto di più con queste formalità impersonali, anonime, tutte uguali…
Sono un orso? Un Grinch? Forse sì, ma non mi abituerò mai alla totale spersonalizzazione dei social.
Che bello quando si usavano i biglietti di auguri. Mia mamma iniziava ai primi di dicembre, attenta nello scrivere a tutti una frase diversa, un pensierino personale per quella zia, per quell’amica, per me… Li conservo ancora. Un augurio davvero dedicato, soltanto mio. Oggi, di ricevere il “contraccambio”, oppure “auguri a te e famiglia”, non me ne frega niente. Preferisco il silenzio, meglio non essere “augurati”, piuttosto che finire nel calderone dei messaggi uguali e ripetuti.
E non lamentiamoci poi se la società si sta spersonalizzando. Con questa ripetitività e assuefazione “all’inoltro” lasceremo il posto all’ intelligenza artificiale, che magari troverà forme più autentiche di comunicazione rispetto alle nostre, così stantie e becere.
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