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Salviamo il Motovelodromo di Torino

by • 30 giugno 2015 • COSE NOSTREComments (3)3989

Una raccolta di firme per salvare il Motovelodromo di Torino. La petizione viaggia insieme a una lettera al sindaco Fassino, alla Soprintendenza e al Ministero del beni culturali (la si trova sulla pagina Facebook Amici del Motovelodromo).  E’ l’ ennesimo passo contro le insistenti voci di una prossima vendita dell’impianto a una catena di supermercati che pare aver messo gli occhi sull’area e abbia fatto un’offerta con parecchi zeri al Comune di Torino. L’ipotesi della vendita aprirebbe un solo scenario: un ennesimo centro commerciale al posto di un altro pezzo unico e insostituibile della storia della nostra città. Ma il Motovelodromo non è la prima volta che corre il rischio di essere abbattuto…

L’impianto fu inaugurato nel 1920. Era stato edificato grazie alla volontà, e al notevole impegno economico, di un gruppo di sportivi torinesi riuniti nella SIM (Società Incremento Motovelodromo). Il progetto era dell’architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana, uno dei protagonisti dell’epoca Liberty, l’architetto era molto abile nell’uso del cemento armato che riusciva a plasmare seguendo i delicati canoni dell’Art Nouveau.

L’impianto era dotato di una pista ad anello lunga 393 metri e larga 8, con curve sopraelevate. Ai lati dei due rettilinei erano collocate le tribune coperte che potevano contenere fino a 7.500 spettatori. All’interno dell’anello vi era anche un campo in erba. Già alla fine degli anni ’20 le spese di gestione diventarono insostenibili per i privati e, nel tentativo di sanare il bilancio, oltre che per le gare ciclistiche e motociclistiche, l’impianto fu utilizzato per le partite di rugby, per l’atletica e per il calcio (il Torino vi giocò il campionato 1925/26). Nel 1929 vennero addirittura messe in scena Carmen e Aida, ma malgrado gli sforzi compiuti, la struttura venne chiusa dopo pochi mesi e ceduta al Comune.

I bombardamenti del 1943  provocarono notevoli danni al Motovelodromo che fu ricostruito nel 1947, seguendo il progetto iniziale e utilizzando gli stessi materiali. Fino agli anni ’80 sulla pista di cemento si sfidarono campioni del motociclismo come Biagio Nazzaro. Ma sono soprattutto grandi nomi del ciclismo ad aver siglato qui le loro vittorie: Binda, Coppi, Bartali, Coletto, De Filippis, Zilioli, fino all’ultima vittoria di Francesco Moser nella Milano–Torino del 1983.

Fu risistemato più e più volte, ma negli anni ’80 l’impianto venne dichiarato inagibile e quindi chiuso, da allora iniziò il lento declino: nel 1994 l’impianto fu svincolato dalla Sopraintendenza. Nel 1996 nacque un Comitato di Gestione del Motovelodromo, che presentò un progetto di ristrutturazione e ottenne la concessione da parte del Comune, in cambio del restauro della struttura. Nel 1998 il Motovelodromo fu riaperto e intitolato a Fausto Coppi. Dal 2011 l’impianto è utilizzato da un gruppo di appassionati ciclisti che continuano a cercare soluzioni per farlo tornare agli antichi splendori, fargli rivivere quell’importanza sportiva per cui era nato e, oggi più che mai, sono determinati a combattere perché l’impianto non sia chiuso e abbattuto. Perché questo luogo storico della nostra città non sia cancellato per sempre dalla memoria delle generazioni future.

Patrizia Durante

 

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3 Responses to Salviamo il Motovelodromo di Torino

  1. bruno ferrero scrive:

    Basta distruggere la memoria per farci palazzi schifosi per gente schifosa

  2. Simone scrive:

    Citare il football americano che lo ha vissuto e tenuto vivo per più di un decennio e che potrebbe tranquillamente diventare una risorsa anche per il motovelodromo, no eh, sia mai, per carità.

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