Qualche anno fa vennero annunciate, in pompa magna, le aperture di alcuni grandi centri commerciali per 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Quindi, anche a Natale, a Pasqua, a Capodanno e anche di notte. Proprio su queste colonne de “Il Punto” io scrissi che mai avrei fatto la spesa di notte e mai nei giorni festivi, perché consideravo quelle aperture una sorta di condanna allo sfruttamento per i dipendenti. Apriti cielo. Me ne dissero di tutti i colori. Ma va bene così…
A distanza di qualche anno, durante le passate festività di Pasqua e Pasquetta, le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo sciopero del commercio, sciopero che si ripeterà il 25 aprile, il Primo Maggio e così via. Sotto lo slogan “Chiuso per festeggiare”, l’obiettivo è “rispettare le feste per rispettare le persone”.
“Lasciare aperti i negozi nelle festività pasquali è un gesto in contrasto con i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”, hanno spiegato i sindacati. “Il commercio è da sempre uno dei settori più colpiti da un consumismo insostenibile, che vuole negozi sempre aperti e addetti costretti in un modello di società che non consente più di conciliare i tempi di vita e lavoro”.
Allora avevo visto giusto? Non me ne frega un bel niente.
Quel che ribadisco è che non farò mai la spesa di notte e nei giorni festivi.
Una sola eccezione. È giusto che alcuni esercizi commerciali restino aperti nelle località turistiche: sono i giorni in cui si realizzano i maggiori incassi, sarebbe sbagliato penalizzarli, ma per il resto no. Nessuna deroga nemmeno per i piccoli “banglamarket”, quelli gestiti da extracomunitari.
Ribadisco sono forme di sfruttamento, oltretutto sottopagate.
In fondo, anche Dio il settimo giorno si riposò…
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