Ecco, ci risiamo. E’ finita la scuola, e puntuale arriva il tormentone “compiti delle vacanze”. E’ giusto darli? E’ meglio lasciare i ragazzi per tre mesi liberi di giocare, divertirsi, riposarsi, annoiarsi? Così com’ è la situazione è sbagliata.
Gli insegnanti assegnano compiti da fare, libri da leggere, problemi da risolvere, ricerche da eseguire che puntualmente vengono fatti (o meglio mal fatti) nell’ ultima settimana di vacanze tra sbuffi, litigate genitori-figli. E quel che è peggio, spesso, non vengono nemmeno controllati dagli insegnanti alla ripresa scolastica.
Non è questione di quantità di compiti, ma di qualità. Una scuola che funziona deve appassionare gli studenti e quindi dovrebbe indurre i ragazzi – quando non si hanno obblighi di frequenza, di interrogazioni, di compiti in classe – a cimentarsi in un lavoro che appassioni, che interessi, che coinvolga. Che ne so.. a mò di esempio dico: perchè non invitarli a realizzare reportage sui luoghi di vacanze, con fotografie, filmati, schede, interviste, insomma incuriosire i ragazzi alla scoperta, alla conoscenza di usi, luoghi, costumi, abitudini alimentari dei territori che si frequentano nei luoghi estivi.
Se tutto passa attraverso l’ obbligo e la costrizione il risultato è vano, inutile se non controproducente. Se invece l’ apprendimento è una sfida, un gioco, un divertimento – proprio perché si è in vacanza – i risultati saranno garantiti.
100 ANNI PER I LIONS Next Post:
NOTTI TROPPO CALDE A TORINO