Dall’inizio dell’anno FCA (che un tempo era Fiat, ricordate?) si è unita in matrimonio con PSA (Peugeot, Citroen, ecc) ed è stato costituito Stellantis, quarto gruppo al mondo nella produzione di automobili
Le nozze sono state salutate con enfasi e entusiasmo dalla quasi totalità della stampa, italiana e europea.
Non entro nel merito delle vicende finanziarie, economiche e industriali di questo accordo, non ne ho le competenze.
Ma sono andato a leggere l’organigramma dei vertici di Stellantis. Presidente John Elkann da FCA, amministratore delegato Carlos Tavares da PSA. Come anche i bambini sanno, nelle grandi industrie chi comanda davvero è l’amministratore delegato, il presidente è una carica puramente istituzionale con scarso potere decisionale. Nel consiglio d’ amministrazione ci sono 6 membri d’ origine PSA e 5 da FCA. Ma il bello viene nello scorrere i nomi dei componenti l’ intero pool dirigenziale: quasi tutto francese o americano, briciole agli italiani.
L’amministratore FCA Mike Manley, che prese il posto di Sergio Marchionne, è stato dirottato a dirigere il Gruppo negli Usa. Di italiani sono rimasti Luca Napolitano, capo della Lancia, un marchio praticamente scomparso non fosse per l’inossidabile Ypsilon. Parla italiano anche Maserati con Davide Grasso. Sparito dai radar il torinese Pietro Gorlier, fino a ieri alla guida di tutta FCA in Europa e Nord America ed ora relegato a guidare il settore post-vendite. Tutti gli altri alti e altissimi dirigenti parlano francese.
Cosa rimane al Lingotto? Praticamente nulla. Tutto il ponte di comando è in Francia. E non bisogna dimenticare che il governo di Parigi ha anche una partecipazione – seppur piccola – in PSA. Insomma, le premesse sembrano tutt’altro che rosee. Prima che un matrimonio, quello di Stellantis sembra un’acquisizione dell’ industria dell’ auto francese su quella italiana
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