Qualche giorno fa mio figlio Tommy ha compiuto 25 anni. Nessuna festa, solo un pranzetto con i genitori. Inutile dire che era abbacchiato: “E’ un anno che non faccio una partita a pallone con gli amici, che non posso trascorrere una serata in santa pace in birreria…”.
“Succede anche a me, a tutti” ho risposto”. “Scusa pà, ma è un po’ diverso. Tu hai 62 anni e, credo, poco cambi da un anno all’altro, invece i miei 25 anni non torneranno mai più”. Che dire? Ha perfettamente ragione.
Siamo tornati a un anno fa. Pasqua e Pasquetta chiusi in casa, impossibilitati a uscire dal proprio comune, con gli studenti a casa a fare didattica a distanza. Variante o non variante: non è cambiato nulla. Ci hanno detto di indossare le mascherine, di lavarci spesso le mani, di non abbracciarci. La grandissima maggioranza degli Italiani si è attenuto alle regole (esclusi i soliti imbecilli). Risultato? Sembra tutto come nella primavera 2020. Tranne che adesso non diciamo che “andrà tutto bene” e non usciamo sui balconi a cantare.
Non faccio colpe a questo o a quel governo. Mi sembra che il resto del mondo sia nelle nostre stesse condizioni.
La realtà è che questo anno 2020-21 non lo abbiamo vissuto. Siamo a malapena sopravvissuti. E scusate se è poco.
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