Nel 2021 alla Borsa merci di Bologna il grano tenero importato costava circa 19 euro al quintale e una grande percentuale di questo frumento arrivava dall’Ucraina, dalla Russia e dall’Ungheria. Quest’anno il prezzo si aggira sui 44 euro, cioè un incremento del 131 per cento. Rincari eccezionali conseguenza della guerra in Ucraina, certamente. Ma anche di qualche speculazione.
C’è un altro aspetto della vicenda, che però, ha destato la mia attenzione. Mi riferisco all’imperversare, fino allo scorso anno, degli slogan pubblicitari “100 PER CENTO ITALIANO”.
A riguardo della pasta, dei biscotti, della carne, di tanti altri generi alimentari… era tutto un proliferare di annunci relativi a prodotti interamente realizzati con materie prime nostrane.
Cosa non torna? Che, a rigor di logica per quel che concerne la pasta, i rincari del grano avrebbero dovuto incidere in minima parte. Se infatti sono state usate uova, acqua, lieviti e farine italiane, fatto salvo per i costi dell’energia, l’aumento dei prezzi avrebbe dovuto essere quasi impercettibile.
O forse quegli slogan sulla “italianità” di alcuni cibi erano bugiardi? Eppure, anche una grande catena di hamburger continua a ripetere che la sua carne arriva solo da allevamenti nostrani. E poi si scopre che in Ucraina e in Russia sono bloccati enormi cargo e container di materia prima pronti a partire per il nostro Paese.
Per carità, le farine che arrivano dall’est dell’Europa sono sicuramente buonissime e sane, così come le carni straniere. L’ aspetto che dà maggiormente fastidio è l’essere presi in giro.
Perché scrivere sull’etichetta o sparare spot pubblicitari che declamano il “100 per cento ITALIANO” quando tutti sappiamo che è una balla? Sono bastati i tragici fatti per far cadere la maschera.
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