Recentemente ho sentito il proprietario di una nota catena di supermercati piemontesi (in forte espansione) raccontare che, fra le sue prossime aperture, ce ne sarà una sicuramente in perdita. Quella situata nel suo comune d’origine, nel Cuneese: una piccola realtà di poche decine di residenti dove non c’è più nemmeno un punto vendita.
“È un regalo che intendo fare agli anziani del mio paese. Magari terremo aperto solo tre o quattro giorni alla settimana, ma è un modo per mantenere viva una piccola comunità e restituire qualcosa al paese che mi ha visto nascere, senza neppure pensare al mancato guadagno”, ha spiegato.
Il punto vendita di alimentari, infatti, è occasione di aggregazione, di incontro, di vita per i piccoli paesi che stanno scomparendo.
Che bello se tante altre catene commerciali di grande distribuzione seguissero questo esempio. Che bello se in tanti piccoli comuni del Piemonte nascessero punti vendita, aperti anche solo qualche giorno alla settimana. Non sono necessari grandi investimenti: un bancone, un frigo, anche solo un dipendente per due o tre punti vendita in altrettanti comuni limitrofi. Girando con un furgone potrebbe portare anche il cibo fresco.
Certamente un’operazione in perdita, ma utile per la vita di tante persone. E un sollievo per tante famiglie costrette a fare la spesa nei grandi centri commerciali delle città, per portare i beni di prima necessità a genitori o parenti anziani, che vivono in piccoli comuni.
Chissà se dietro alla finanza e alla fredda logica dei costi/ricavi di tante catene di vendita, batte ancora un cuore e una coscienza sociale?
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