Fa discutere, in queste settimane, la nuova classifica della Guida Michelin che assegna, tra l’ altro, due stelle allo chef Mammoliti di Serralunga d’ Alba e una stella verde all’ agri-relais Coltivare di La Morra (meritatissima), ne toglie ad alcuni cuochi piemontesi e non premia altri locali che aspettavano l’ambito riconoscimento.
Giusto? Sbagliato? Discutibile. Lo dicevano già i latini: “de gustibus non disputandum est”.
Certo, la Stella Michelin dà prestigio e porta clienti. Ma non è quella l’unica unità di misura per giudicare uno chef. A cominciare dal fatto che ci sono altre guide e tanti altri riconoscimenti: per la Michelin il Piemonte è al quarto posto fra le regioni italiane, per altre recensioni, la nostra è la regione dove si mangia meglio.
Sono convinto, come dilettante gourmand, e come giornalista che da un paio d’anni racconta piatti, ristoranti e vini del territorio, che in Piemonte si mangi davvero bene, praticamente ovunque. Il livello della nostra offerta enogastronomica è cresciuto, dall’osteria di paese, allo chef pluristellato. Quel che manca ancora è un po’ di cura nei particolari. Ancora tovaglioli di carta, posaterie fuori luogo e fuori posto, scarsa conoscenza dell’abbinamento dei vini, menù presentati alla rinfusa… e potremmo continuare. Ma sono appunto particolari, che però fanno la differenza.
Infine, ancora una nota, un po’ polemica.
E’ incredibile e inaccettabile che Torino non abbia un due o tre stelle Michelin. Il capoluogo della Regione, che vanta di essere la capitale dell’enogastronomia, dagli Anni Settanta non ha più un ristorante pluristellato. E’ un obiettivo prestigioso e, su questo, è fondamentale che intervengano e investano i privati, le fondazioni e le istituzioni.
Altrimenti è vero che si mangia bene quasi ovunque, ma senza eccellenze. Insomma, il nostro classico… esageruma nen…
Così non ci sarà mai il salto di qualità. Alba e le Langhe lo insegnano a tutti.
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