Nelle ultime settimane ho avuto la fortuna (o sfortuna, chissà….) di girare in lungo e in largo l’Italia. Da Torino al Trentino e ritorno. A Roma un paio di volte. In Alta Val Susa. In treno e in auto. Con un’unica costante: sempre in ritardo.
Con il Frecciarossa, in entrambi le occasioni, abbiamo rasentato l’ora di ritardo. Tutte le autostrade che ho percorso sono una gimkana fra cantieri, sensi unici, restringimenti: e quindi, ogni volta, code, rallentamenti e percorrenze alla media di 50-70 km-orari, anziché i 130 consentiti.
E qui scatta la differenza. Sostanziale.
Per tutto il tempo del viaggio in treno, l’altoparlante spiega i motivi del ritardo e illustra le modalità per chiedere il rimborso. Per entrambi i viaggi compiuti con il treno Frecciarossa, compilando gli appositi moduli, ho maturato il diritto a un risarcimento del 25 per cento del costo del biglietto ferroviario.
Lungo tutta la tratta autostradale, invece, non c’è scritto nulla e nessuno in grado di darti spiegazioni o vie alternative.
E alla fine il pedaggio lo paghi per intero – senza alcuno sconto o risarcimento – per usufruire di un servizio che non vale neppure la metà del costo.
E’ un sopruso. Ed è inaccettabile.
Io pago 12,70 euro per andare d Torino a Bardonecchia in meno di un’ora. Se invece impiego 90 minuti (e a volte anche più) penso di aver diritto a un risarcimento. Automatico. Come per Trenitalia. E non di dover procedere per vie legali.
Fino a quando siamo disposti a subire quest’ingiustizia? Fino a quando sarà lecita questa disparità di trattamento?
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